· Città del Vaticano ·

A Gerusalemme si chiude la due giorni di eventi per la fine della guerra

È il momento della pace

 È il momento della pace  QUO-108
10 maggio 2025

di Lucia D’Anna

Sono giunti al termine i due giorni del summit per la Pace a Gerusalemme dal titolo “It’s time now”. Due giornate dense di eventi sparsi in luoghi chiave della città per grandi e piccoli. A partecipare è stata la parte degli abitanti che vogliono mostrare un volto diverso di questo Paese.

Nella mattinata dell’8 maggio si sono svolte diverse escursioni guidate attraverso le aree più difficili di Gerusalemme. Nell’escursione organizzata dall’associazione Ir Amin, un gruppo di una quarantina di israeliani ha camminato dalla porta di Damasco fino all’Educational Bookshop, luogo simbolo della resistenza fatta attraverso la cultura. La guida ha esordito con questa affermazione: «Non abbiamo più una democrazia, non abbiamo più un’etica per il nostro Paese. Quello che succede a Gerusalemme si ripercuote in tutto Israele».

Giovedì pomeriggio sono stati proposti momenti di discussione e attività culturali. Tra gli incontri, anche una conversazione tra Maoz Inon e Aziz Abu Sarah. Maoz ha spiegato l’idea del suo gruppo: insieme ad Aziz, si appella per la fine della guerra, la fine di questo massacro e il ritorno degli ostaggi. Ha anche detto che dopo la sua dolorosa esperienza ha imparato cosa sia il perdono. Entrambi credono in un luogo in cui i valori fondamentali siano uguaglianza, giustizia, riconciliazione. Hanno entrambi ricordato l’affetto che Papa Francesco ha dimostrato per loro e il suo insegnamento: gli esseri umani sono le uniche creature che possono risolvere i conflitti attraverso il dialogo. Aziz ha aggiunto che per i palestinesi è più difficile avere una voce in capitolo.

Max Kresch del movimento “Soldati per gli ostaggi” ha raccontato della sua scelta di non continuare nell’esercito. Questa decisione, ha detto, è stata molto difficile ma giusta perché per lui e il suo gruppo questa guerra non ha più senso, gli ostaggi non sono una priorità per il governo e nella Striscia sta avvenendo un massacro. Nell’offerta della prima giornata c’è stata anche una parte spirituale: una preghiera interreligiosa presso la chiesa di San Pietro in Gallicantu e una camminata silenziosa per meditare nelle vie del centro.

A conclusione della prima serata proiezioni di documentari tra cui No Other Land.

L’evento centrale è stato sicuramente il grande ritrovo del 9 maggio, presso l’International Convention Center a Gerusalemme, a cui hanno partecipato circa cinquemila persone, che si è aperto con un minuto di silenzio per tutte le vittime di questo conflitto. Sul palco è stata data parola a una grande varietà di esponenti di tutte le età e di tutte le realtà israeliane e palestinesi che vogliono la pace: giovani del Jerusalem Youth Chorus che hanno intessuto un dialogo in arabo ed ebraico sulle loro paure e su come la musica li abbia aiutati, Maoz e Aziz; familiari degli ostaggi ancora a Gaza; palestinesi con familiari uccisi ed arrestati dall’esercito israeliano; parlamentari della Knesset; ex soldati riservisti; madri.

Due ragazze beduine adolescenti sono arrivate da sole da Be’er Sheva in autobus per poter partecipare: «Siamo venute per poter avere ancora una speranza». Sono stati proiettati diversi video uno dei quali realizzato da una madre medico a Gaza, la quale ha affermato: «A Gaza amiamo la vita e non vogliamo la guerra». Altri video registrati da Macron, Abu Mazen, Yair Golan.

Durante la mattinata molte frasi forti sono state pronunciate, per esempio Samah Salaime del Movimento Na’am ha detto: «Noi, ovvero le madri di queste due popolazioni, non mettiamo al mondo i nostri figli per morire per questo dobbiamo unirci per dare loro un futuro migliore». Alon Lee Green di “Standing Togheter” ha urlato ai presenti «se vogliamo vincere dobbiamo lottare insieme, vogliamo lo stop alla guerra, stop all’occupazione, ritorno degli ostaggi, sicurezza e coesistenza per le due popolazioni in due stati». Una madre israeliana tra il pubblico ha raccontato della sua esperienza nelle proteste a Tel Aviv dove lei ha esposto le foto dei bambini di Gaza e di suo figlio in carcere per tre mesi come obiettore di coscienza.

Maoz e Aziz hanno lanciato la chiamata per il 21 settembre 2025 per una marcia della pace. Maoz partirà da Mahane Yehuda (mercato centrale di Gerusalemme ovest) e Aziz da Sheikh Jarrah (quartiere famoso per le espropriazioni israeliane a Gerusalemme est) e si incontreranno a metà strada. Nel frattempo non resta che sperare che questo summit abbia un effetto sulle due popolazioni e pregare seguendo l’augurio di Papa Leone XIV che si possa raggiungere una pace disarmata e disarmante.