· Città del Vaticano ·

Nell’udienza al Collegio cardinalizio Leone XIV ricorda il predecessore Francesco

Cristo nostra speranza ravviva la Chiesa e l’umanità in cerca di pace

 Cristo nostra speranza  ravviva la Chiesa e l’umanità  in cerca di pace   QUO-108
10 maggio 2025

«È il Risorto, presente in mezzo a noi, che protegge e guida la Chiesa e che continua a ravvivarla nella speranza», quella «di chiunque cerchi con animo sincero la verità, la giustizia, la pace e la fraternità»: lo ha ricordato Leone XIV nella prima udienza al Collegio cardinalizio, svoltasi stamani, sabato 10 maggio nell’Aula nuova del Sinodo. Al centro del discorso, anche la gratitudine per il suo predecessore Francesco, del quale raccogliere la «preziosa eredità» per riprendere il cammino, e il richiamo alla difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro, sulla scia della Rerum novarum di Leone XIII, al quale Papa Prevost si è ispirato per la scelta del nome. Pubblichiamo di seguito il discorso del vescovo di Roma.

Tante grazie, Eminenza. Prima di prendere i posti cominciamo con una preghiera, chiedendo che il Signore continui ad accompagnare questo Collegio e soprattutto tutta la Chiesa con questo spirito, anche entusiasmo, però di profonda fede. Preghiamo insieme in latino. Pater noster... Ave Maria...

Nella prima parte di questo incontro c’è un piccolo discorso con le riflessioni che vorrei condividere con voi. Ma poi ci sarà una seconda parte, un po’ come l’esperienza che molti di voi avete chiesto, di una specie di condivisione con il Collegio Cardinalizio per poter sentire quali consigli, suggerimenti, proposte, cose molto concrete, di cui si è già parlato un po’ nei giorni prima del Conclave.

Fratelli Cardinali!

Saluto e ringrazio tutti voi per questo incontro e per i giorni che lo hanno preceduto, dolorosi per la perdita del Santo Padre Francesco, impegnativi per le responsabilità affrontate insieme e al tempo stesso, secondo la promessa che Gesù stesso ci ha fatto, ricchi di grazia e di consolazione nello Spirito (cfr. Gv 14, 25-27).

Voi, cari Cardinali, siete i più stretti collaboratori del Papa, e ciò mi è di grande conforto nell’accettare un giogo chiaramente di gran lunga superiore alle mie forze, come a quelle di chiunque. La vostra presenza mi ricorda che il Signore, che mi ha affidato questa missione, non mi lascia solo nel portarne la responsabilità. So prima di tutto di poter contare sempre, sempre sul suo aiuto, l’aiuto del Signore, e, per sua Grazia e Provvidenza, sulla vicinanza vostra e di tanti fratelli e sorelle che in tutto il mondo credono in Dio, amano la Chiesa e sostengono con la preghiera e con le buone opere il Vicario di Cristo.

Ringrazio il Decano del Collegio Cardinalizio, Cardinale Giovanni Battista Re — merita un applauso, almeno uno se non di più —, la cui sapienza, frutto di una lunga vita e di tanti anni di fedele servizio alla Sede Apostolica, ci ha molto aiutato in questo tempo. Ringrazio il Camerlengo di Santa Romana Chiesa, Cardinale Kevin Joseph Farrell — credo che è qui presente —, per il prezioso e impegnativo ruolo che ha svolto nel tempo della Sede Vacante e della Convocazione del Conclave. Rivolgo il mio pensiero anche ai fratelli Cardinali che, per ragioni di salute, non hanno potuto essere presenti e con voi mi stringo a loro in comunione di affetto e di preghiera.

In questo momento, ad un tempo triste e lieto, provvidenzialmente avvolto dalla luce della Pasqua, vorrei che guardassimo assieme alla dipartita del compianto Santo Padre Francesco e al Conclave come a un evento pasquale, una tappa del lungo esodo attraverso cui il Signore continua a guidarci verso la pienezza della vita; e in questa prospettiva affidiamo al «Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione» (2 Cor 1, 3) l’anima del defunto Pontefice e anche il futuro della Chiesa.

Il Papa, a cominciare da San Pietro e fino a me, suo indegno Successore, è un umile servitore di Dio e dei fratelli, non altro che questo. Bene lo hanno mostrato gli esempi di tanti miei Predecessori, da ultimo quello di Papa Francesco stesso, con il suo stile di piena dedizione nel servizio e sobria essenzialità nella vita, di abbandono in Dio nel tempo della missione e di serena fiducia nel momento del ritorno alla Casa del Padre. Raccogliamo questa preziosa eredità e riprendiamo il cammino, animati dalla stessa speranza che viene dalla fede.

È il Risorto, presente in mezzo a noi, che protegge e guida la Chiesa e che continua a ravvivarla nella speranza, attraverso l’amore «riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato» (Rm 5, 5). A noi spetta farci docili ascoltatori della sua voce e fedeli ministri dei suoi disegni di salvezza, ricordando che Dio ama comunicarsi, più che nel fragore del tuono e del terremoto, nel «sussurro di una brezza leggera» (1 Re 19, 12) o, come alcuni traducono, in una “sottile voce di silenzio”. È questo l’incontro importante, da non perdere, e a cui educare e accompagnare tutto il santo Popolo di Dio che ci è affidato.

Nei giorni scorsi, abbiamo potuto vedere la bellezza e sentire la forza di questa immensa comunità, che con tanto affetto e devozione ha salutato e pianto il suo Pastore, accompagnandolo con la fede e con la preghiera nel momento del suo definitivo incontro con il Signore. Abbiamo visto qual è la vera grandezza della Chiesa, che vive nella varietà delle sue membra unite all’unico Capo, Cristo, «pastore e custode» (1 Pt 2, 25) delle nostre anime. Essa è il grembo da cui anche noi siamo stati generati e al tempo stesso il gregge (cfr. Gv 21, 15-17), il campo (cfr. Mc 4, 1-20) che ci è dato perché lo curiamo e lo coltiviamo, lo alimentiamo con i Sacramenti della salvezza e lo fecondiamo con il seme della Parola, così che, solido nella concordia ed entusiasta nella missione, cammini, come già gli Israeliti nel deserto, all’ombra della nube e alla luce del fuoco di Dio (cfr. Es 13, 21).

E in proposito vorrei che insieme, oggi, rinnovassimo la nostra piena adesione, in tale cammino, alla via che ormai da decenni la Chiesa universale sta percorrendo sulla scia del Concilio Vaticano II. Papa Francesco ne ha richiamato e attualizzato magistralmente i contenuti nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, di cui voglio sottolineare alcune istanze fondamentali: il ritorno al primato di Cristo nell’annuncio (cfr. n. 11); la conversione missionaria di tutta la comunità cristiana (cfr. n. 9); la crescita nella collegialità e nella sinodalità (cfr. n. 33); l’attenzione al sensus fidei (cfr. nn. 119-120), specialmente nelle sue forme più proprie e inclusive, come la pietà popolare (cfr. n. 123); la cura amorevole degli ultimi, e degli scartati (cfr. n. 53); il dialogo coraggioso e fiducioso con il mondo contemporaneo nelle sue varie componenti e realtà (cfr. n. 84; Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes, 1-2).

Si tratta di principi del Vangelo che da sempre animano e ispirano la vita e l’opera della Famiglia di Dio, di valori attraverso i quali il volto misericordioso del Padre si è rivelato e continua a rivelarsi nel Figlio fatto uomo, speranza ultima di chiunque cerchi con animo sincero la verità, la giustizia, la pace e la fraternità (cfr. Benedetto XVI, Lett. enc. Spe salvi, 2; Francesco, Bolla Spes non confundit, 3).

Proprio sentendomi chiamato a proseguire in questa scia, ho pensato di prendere il nome di Leone XIV. Diverse sono le ragioni, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro.

Fratelli carissimi, vorrei concludere questa prima parte del nostro incontro facendo mio — e proponendo anche a voi — l’auspicio che San Paolo VI, nel 1963, pose all’inizio del suo Ministero petrino: «Passi su tutto il mondo come una grande fiamma di fede e di amore che accenda tutti gli uomini di buona volontà, ne rischiari le vie della collaborazione reciproca, e attiri sull’umanità, ancora e sempre, l’abbondanza delle divine compiacenze, la forza stessa di Dio, senza l’aiuto del Quale, nulla è valido, nulla è santo» (Messaggio all’intera Famiglia Umana Qui fausto die, 22 giugno 1963).

Siano questi anche i nostri sentimenti, da tradurre in preghiera e impegno, con l’aiuto del Signore. Grazie!