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Il vescovo di San Miniato sugli anni peruviani del futuro Pontefice

Sapienza ed equilibrio

epa12085389 ?A priest speaks to journalists in the cathedral of Chiclayo, Peru, 08 May 2025, as ...
09 maggio 2025

di Federico Piana

«Quando era vescovo della diocesi peruviana di Chiclayo ho visto fiorire una straordinaria unità nella Chiesa capace di abbracciare anche le realtà più difficili». Il ricordo nella mente di monsignor Giovanni Paccosi è ancora vivido e indelebile nonostante siano passati più di dieci, lunghi anni. Il vescovo di San Miniato non fatica a riavvolgere il nastro della memoria e tornare a quando strinse la mano per la prima volta a quel missionario agostiniano diventato Papa con il nome di Leone XIV: «Tra il 2014 e il 2016 ho avuto occasione di andare spesso in quella città costiera del Perú settentrionale con il compito di occuparmi della locale fraternità di Comunione e Liberazione. In alcune occasioni ho parlato con lui, ci siamo scambiati delle opinioni: l’impressione che ne ho ricevuto è stata quella di un vescovo che si è speso molto, senza riserve, per donare alla diocesi un respiro ampio, di accoglienza verso tutti».

Non era facile in quel periodo essere pastore di un popolo in costante crescita, sia demografica sia sociale: «Basti pensare — osserva Paccosi — che ora la città di Chiclayo ha raddoppiato i suoi abitanti passando da 500.000 a un milione di persone mentre i fedeli della diocesi, che comprende la regione di Lambayeque e la provincia di Santa Cruz, attualmente sono un milione e mezzo». Un aumento caotico che ha generato sacche di povertà enormi e problemi sociali di ampia portata che Robert Francis Prevost ha fin da subito affrontato con pragmatismo e amore.

Il vescovo di San Miniato, in una conversazione con «L’Osservatore Romano», racconta di aver visto con i propri occhi il futuro Leone XIV costruire «una Chiesa come quella di Papa Francesco. Lo ha fatto con sapienza ed equilibrio, elementi che sono stati essenziali anche quando ha operato come vicepresidente della Conferenza episcopale peruviana: per me ha rappresentato un forte elemento di unione ecclesiale». Il contatto con il popolo di Chiclayo e l’esperienza di una Chiesa statunitense che deve convivere in un contesto di pluralismo religioso e comunitario, secondo Paccosi, sono alcuni degli elementi essenziali che hanno permesso al nuovo Pontefice di assumere una «visione ecclesiale missionaria, dialogante e accogliente. È ciò che ho avuto modo di scorgere in lui quando ero in Perú. Ma anche dopo. A esempio ricordo il corso per i nuovi vescovi che si tenne nel 2023 e al quale io partecipai. Lui era da poco diventato prefetto del Dicastero per i vescovi: in quell’occasione mi riconobbe e ci salutammo. Gli dissi: “Per lei deve essere stato un grande cambiamento passare da vescovo di Chiclayo alla Curia romana”. Mi rispose: “Ho nostalgia della missione ma ora questo nuovo incarico lo vivo come un profondo servizio alla Chiesa”».

Ciò che dell’esperienza peruviana di Prevost a Chiclayo ha particolarmente colpito monsignor Paccosi è stata anche la gestione del seminario locale che denota un profondo senso di carità a cui l’allora vescovo non ha mai derogato: «Sono sempre rimasto stupito dal fatto che lui portava i seminaristi a visitare le carceri, a fare missione nelle zone più povere della diocesi. L’ho sempre considerato un buon metodo per fare in modo che i futuri sacerdoti si sentissero vicini agli ultimi, ai diseredati. Ho sempre ammirato tutto questo». Altro aspetto di Leone XIV che il presule toscano ha potuto toccare con mano e apprezzare nel periodo di permanenza in Perú è l’apertura alle varie realtà ecclesiali, nessuna esclusa: «Ha sempre valorizzato i movimenti, le congregazioni religiose, le nuove comunità. Ha sempre sostenuto una Chiesa unita ma, come diceva Papa Francesco, dalle fattezze di un poliedro».

Quando monsignor Paccosi, ieri sera, ha visto affacciarsi dalla Loggia centrale della Basilica vaticana il nuovo Papa non è rimasto del tutto sorpreso dal fatto che fosse Robert Francis Prevost. «Ero commosso — rivela — ma non sorpreso. Il giorno dopo la morte di Francesco mi è venuto in mente Prevost e mi sono detto: lui potrebbe essere davvero il nuovo Papa. Conoscendo la sua esperienza, la sua visione della Chiesa e il suo temperamento sono sicuro che è il Pontefice giusto per le esigenze ecclesiali di oggi».