· Città del Vaticano ·

Il «sogno» dei fedeli
in piazza San Pietro

 Il «sogno» dei fedeli  in piazza San Pietro   QUO-107
09 maggio 2025

C’è un prima e un dopo nell’elezione di Robert Francis Prevost, il nuovo Pontefice che ha scelto il nome di Leone XIV. A legare i due tempi è un’unica parola — fragile e potente — sussurrata e gridata, scritta con un filo di rossetto su un foglio di rude carta paglia, sognata per una figlia, e risuonata dal balcone più solenne del mondo: pace.

Yona Tukuser è una pittrice nata in un piccolo villaggio della Bulgaria e cresciuta tra i venti dell’Est. Da anni vive in Ucraina, e da settembre si trova a Roma, curatrice di una mostra sulla carestia che ha segnato l’ex Unione Sovietica nel secondo dopoguerra. Si racconta ai media vaticani con voce tremante, le unghie delle mani frantumate dal nervosismo per un conflitto che l’ha spinta ogni giorno, dal 25 aprile, a recarsi in piazza San Pietro con un cartello recante la frase «Hope for peace».

Tre parole a condensare, nel bel mezzo del Giubileo della speranza, il senso di gran parte del pontificato di Papa Francesco, che mai ha trascurato i luoghi e le genti martoriate dalle armi. «Avanti», era anche solito ripetere Bergoglio. Il tempo scorre, va avanti imperterrito. E mentre Yona si confida, come un’onda che si alza, arriva un grido che diventa coro. La fumata bianca.

«New Pope, we have a new Pope. We have peace!» Yona alza gli occhi, immediatamente pieni di lacrime, abbraccia. Sorride. È la prima a piangere di gioia, di speranza: lacrime che non conoscono nazionalità.

«In questi giorni è venuta a parlarmi gente da Israele, dalla Russia… tutti parlano di una sola cosa: pace,» racconta, tremando. «E io ne sono certa: questo sarà il Papa del dialogo, della riconciliazione tra le religioni. Il Papa della pace.»

Papa Francesco ha confidato spesso di «sognare» la pace. Un orizzonte condiviso da una coppia di giovani genitori, Juan e Aisha, per la loro piccola Sieg, appena nove mesi di vita e un grande fiocco bianco in testa. Sono originari di Chicago, ed erano già presenti in piazza San Pietro la sera del primo giorno di Conclave. Ieri pomeriggio, sono tornati. «Cosa speriamo da lui? La pace. Per lei, soprattutto», dice Juan, indicando la piccola che dorme, in pace appunto, tra le rassicuranti braccia della madre.

Un messaggio che appare come una profezia, quando viene annunciato il nome di Prevost come nuovo Papa, nato proprio a Chicago.

Dalla capitale dello Stato americano dell'Illinois arriva anche Mary Ann Ahern, inviata della sezione locale dell’emittente Nbc, circondata da connazionali.

«Okay, wow… Is this like Coachella for Catholics?» «Okay, wow, questo è tipo il Coachella dei Cattolici». Lo dice ridendo, Cassidy, con una borsa a tracolla e l’accento americano, studentessa a Roma per un semestre. Chiede ironicamente alla sua compaesana se quello in corso non sia una sorta di festival per i cattolici, facendo riferimento al grande evento musicale che ha avuto luogo di recente in California.

L’entusiasmo in piazza le ricorda le vibrazioni del celebre appuntamento artistico, ma stavolta non ci sono luci al neon né chitarre elettriche. Solo silenzio, poi gioia. Poi attesa. Apre l’app per gli appunti, registra un vocale per un futuro saggio universitario. Non è praticante, confessa, ma oggi qualcosa è scattato. «Real talk? He kinda reminds me of my grandpa. I think I’m lowkey emotional right now». «Devo essere sincera? Mi ricorda un po’ mio nonno. Mi sto emozionando».

E in fondo, forse è proprio questa la notizia: la spiritualità che si riaccende in una voce giovane, l’immagine di un nonno che diventa guida, la pace che si veste di bianco e attraversa le culture. Ieri sera, in piazza San Pietro, il mondo ha ascoltato una sola parola, e l’ha compresa in tutte le lingue.

«Veniamo da una piccola isola, ma dal cuore cattolico e oggi per noi, come per tutti, è una grande festa di pace». Marie-Lourdes, 64 anni, è giunta a Roma dall’isola La Riunione, nell’Oceano Indiano, con i membri dell’associazione Étoile Notre-Dame. Sventola con tutta la forza delle braccia la bandiera francese e intona inni religiosi fermandosi solo per dire: «Il nostro simbolo sia di augurio per Leone XIV che mi ha fatto commuovere ricordando Papa Francesco».

Da Petrópolis, in Brasile, arrivano Elise, Claudia e Paulo, partiti per un pellegrinaggio in Italia che doveva concludersi martedì scorso, ma che per una serie di contrattempi li ha trattenuti a Roma: «Lo vediamo come un segno del destino, Leone XIV mi ha subito riempito il cuore quando ha avuto un momento di commozione affacciatosi alla Loggia delle Benedizioni».

Jan e Kasper sono gemelli di 20 anni, seminaristi, e vengono dalla Polonia, precisamente da Poznań. «Siamo devotissimi al grande Papa Giovanni Paolo II e vedere il nuovo Pontefice così raggiante ci ha ricordato proprio lui».

Suor Agata e suor Mary, religiose orsoline nate in Indonesia, risiedono a Roma da cinque anni: «Preghiamo per il Papa nuovo come abbiamo fatto sempre per Bergoglio. Sappiamo che guidato dallo Spirito Santo illuminerà la Chiesa come i suoi predecessori», confidano commosse.

Kristina da Monaco di Baviera, insieme alla sua compagna di pellegrinaggio Bertha, ricorda Papa Ratzinger: «Ci ha insegnato molto e sono sicura che anche Leone XIV ci indicherà la via della salvezza proprio come Benedetto XVI, con lo spirito di un “umile lavoratore nella vigna del Signore”». (rosario capomasi, edoardo giribaldi, lorena leonardi)