· Città del Vaticano ·

L’ultima intervista del cardinale Prevost con i media vaticani rilasciata all’indomani della morte di Francesco

«Ha insegnato a vivere
la gioia del Vangelo»

 «Ha insegnato a vivere  la gioia del Vangelo»  QUO-107
09 maggio 2025

Riproponiamo quanto detto dall’allora cardinale Robert Prevost all’indomani della morte di Papa Francesco, da lui conosciuto quando era arcivescovo di Buenos Aires.

di Tiziana Campisi

La coerenza, l’autenticità, il desiderio di vivere il Vangelo e quella particolare vicinanza verso i poveri e quelli che soffrono. E poi l’amore per la Chiesa, quel voler «dare tutto per servirla» e «il suo senso della responsabilità». Della personalità di Papa Francesco sono questi tratti che hanno sempre colpito il cardinale Robert Prevost. Ai media vaticani il religioso agostiniano confida di averlo sempre apprezzato per il suo «autentico cuore cristiano», la sua «generosità», la sua «carità» e il «desiderio di vivere tale dimensione del Vangelo fino a questi ultimi giorni».

Commosso, il porporato condivide il suo ricordo personale del Pontefice. Racconta di aver conosciuto Jorge Mario Bergoglio quando era arcivescovo di Buenos Aires, descrive alcuni aspetti del suo carattere, enumera aneddoti. «Ho sempre avuto l’impressione di un uomo che voleva vivere autenticamente, con coerenza, il Vangelo», dice. «Ai tempi in cui ero priore generale degli agostiniani, varie volte, durante le visite ai miei confratelli in Argentina, quando era ancora cardinale, ho avuto l’opportunità di incontrarlo e di parlare con lui, in maniera informale e su questioni più istituzionali». Eletto Papa, Francesco ha celebrato la sua prima messa pubblica, il 13 marzo 2013, nella parrocchia di Sant’Anna in Vaticano, affidata alla cura pastorale dei religiosi agostiniani, e in quell’occasione Prevost lo ha rincontrato. «Mi chiedevo se si fosse ricordato di me e quando è arrivato ed è entrato in sacrestia, vedendomi, mi ha subito riconosciuto e abbiamo cominciato a parlare».

Un dialogo, quello con l’allora priore generale dell’Ordine di Sant’Agostino, che è proseguito. «Finendo il mio mandato, in quello stesso anno, abbiamo pensato di invitare il Santo Padre a presiedere, il 28 agosto, la messa di apertura del Capitolo generale» nella basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio, a Roma. Bergoglio, «con grande sorpresa di tutti», ha accettato con piacere. Quella chiesa la conosceva bene, perché quando veniva nella capitale, da cardinale, soggiornava sempre lì vicino, alla Casa del Clero, in via della Scrofa, e andava a pregare alla tomba di Santa Monica che vi è custodita.

Poco più di un anno dopo, il 3 novembre 2014, Francesco nomina Prevost amministratore apostolico della diocesi di Chiclayo, in Perú, e in seguito vescovo. Come pastore di quel piccolo gregge della regione di Lambayeque, il religioso agostiniano incontra ancora il Papa, sempre molto attento al servizio missionario. «Mi chiedeva: “Come stai? Come vanno le cose?”», ricorda Prevost. «Ha dato tante cose alla Chiesa — aggiunge il porporato — e i suoi gesti di vicinanza parlano con tanta eloquenza».

Il cardinale agostiniano rievoca anche la visita apostolica di Francesco in Perú nel 2018, e quella donna di 99 anni, cieca arrivata a Trujillo perché desiderava un contatto con il Pontefice. «Lui è sceso dalla macchina, le si è avvicinato e l’ha salutata. Ci ha lasciato tanti esempi di questo tipo; nella sua bellissima umanità, ha voluto vivere il Vangelo e trasmettere il Vangelo», osserva il porporato. Di Bergoglio evidenzia anche la gioia, quella stessa che traspare nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium «sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale», «che ci fa ricordare quello che dice il Vangelo, e che ripetiamo in questo tempo di Pasqua: vivere la gioia del Vangelo, della fede, riconoscere Gesù Cristo».

Il pensiero del cardinale Prevost va poi al primo viaggio apostolico di Papa Francesco, svoltosi l’8 luglio del 2013 a Lampedusa, alla «vicinanza ai migranti, fino a questi ultimi mesi, anche quando ha scritto» — nel febbraio scorso, quando il governo degli Stati Uniti ha attuato il programma di deportazione di massa di immigrati e rifugiati clandestini — una lettera ai vescovi del Paese, sottolineando «l’importanza di essere vicini a quanti soffrono e di avere il cuore di Gesù Cristo». Il porporato menziona, poi l’ultima visita di Bergoglio al carcere romando di “Regina Coeli”, nel Giovedì Santo, un gesto che «parla tantissimo: il suo voler andare, nonostante i tanti problemi di salute, le difficoltà che aveva, per celebrare come tutti gli anni questo giorno tanto importante nella vita della Chiesa con i carcerati, e comunicare, così, questa vicinanza, questo amore che Gesù ha lasciato a tutti noi».

Con Papa Francesco, poi, Prevost, in qualità di prefetto del Dicastero per i Vescovi, da due anni aveva un appuntamento fisso, ogni sabato mattina. «Fino alla fine, ha voluto dare tutto al suo ministero, al lavoro, al servizio nella Chiesa», continua il cardinale parlando dell’incontro settimanale con il Pontefice. «All’inizio era alle 8 del mattino. Ma qualche volta arrivavo alle 7.30 e lui era già ad aspettarmi; così ho cominciato ad andare un po’ più presto e talvolta lui anticipava». Si affrontavano argomenti importanti, ma Francesco aggiungeva spesso una raccomandazione: «Mi diceva, fra le altre cose, alla fine dell’udienza: “Non perdere il senso dell’umorismo, bisogna sorridere”». Il porporato agostiniano richiama la “Preghiera del buonumore” di san Tommaso Moro, più volte citata dal Papa per esortare ad andare avanti nelle «cose di grande responsabilità, con grande fiducia nella grazia del Signore».

Francesco non si risparmiava «nel servire la Chiesa», prosegue Prevost, specificando che il Pontefice era sempre «molto bene informato delle cose». «Tante volte, prima che arrivassi, lui aveva studiato le questioni, sapeva quali decisioni voleva prendere. Seguiva veramente non solo il lavoro del Dicastero per i Vescovi, ma anche — lo so per conversazioni con diversi prefetti — degli altri Dicasteri». Amava tanto la Chiesa e «portare avanti quello che lui aveva capito, era parte della sua missione. Era instancabile, anche in queste ultime settimane, dopo il ricovero» al Policlinico “Gemelli” di Rma per curare una broncopolmonite bilaterale. «Quando è tornato a Santa Marta — prosegue —, abbiamo avuto qualche incontro, e in quelle occasioni ho potuto constatare quanto fosse coraggioso; dava tutto sé stesso per servire la Chiesa».

Nel suo pontificato, Bergoglio «ha trasmesso a tutti noi questo spirito di voler continuare quello che è cominciato con il Concilio Vaticano II, la necessità di rinnovare sempre la Chiesa, semper reformanda est», riflette ancora il cardinale agostiniano, che rammenta le risposte date dal Pontefice in una intervista a proposito della grande assise voluta da Giovanni XXIII. «“C’è ancora tanto da fare, bisogna continuare”, diceva». «Uno spirito, un atteggiamento fondamentale per tutti noi — rimarca Prevost —. Non possiamo fermarci, non possiamo tornare indietro. Bisogna vedere come lo Spirito Santo vuole che la Chiesa sia oggi e domani, perché il mondo di oggi, nel quale vive la Chiesa, non è uguale a quello di dieci o venti anni fa». «Il messaggio è sempre lo stesso — rimarca —: proclamare Gesù Cristo, proclamare il Vangelo, ma diversa è la maniera di arrivare alla gente di oggi, ai giovani, ai poveri, ai politici». Prevostsottolinea che il Papa ha lasciato un forte messaggio alle autorità del mondo ed è necessario andare «avanti».

Fra gli insegnamenti di Francesco c’è anche quello di fare tesoro «dell’amore per i poveri», rileva poi il cardinale, quel suo volere «una Chiesa povera, che cammina con i poveri, che serve i poveri», perché «io penso che il messaggio del Vangelo si capisca molto meglio dall’esperienza dei poveri, che non hanno niente, che cercano di vivere la fede e trovano in Gesù Cristo tutto. Ritengo che in questo senso il Papa ha lasciato un esempio molto grande per il mondo. A me, personalmente, lo ha lasciato, per il mio lavoro come vescovo in Perú, come missionario, e anche per tante altre cose».

Ma come raccogliere l’eredità di Francesco? «Difficile rispondere» a poche ore dalla morte del Pontefice, riconosce obiettivamente Prevost. «Personalmente ritengo che questo periodo di perdita, di tristezza, vada vissuto, prima di tutto, in silenzio, con profonda riflessione e gratitudine. Io, almeno, avrò bisogno di molto tempo per comprendere veramente ciò che il Papa ha lasciato a me, alla Chiesa e al mondo» conclude il prefetto del Dicastero per i Vescovi. Occorre dunque, conclude, «vivere questo momento come il Sabato Santo», guardando al grande mistero che è la vita nel modo in cuiJorge Mario Bergoglio ha voluto insegnarci.