· Città del Vaticano ·

Chiuse mense e cucine comunitarie. L’Onu: erano «l’ultima risorsa vitale» per la popolazione

Finite le scorte di cibo
a Gaza

Palestinians gather as they wait to receive food cooked by a charity kitchen, in Khan Younis, ...
09 maggio 2025

di Giada Aquilino

Mense comunitarie e cucine da campo chiuse a causa dell’esaurimento delle scorte e dell’impossibilità di accedere ai rifornimenti, il cui ingresso a Gaza è bloccato per effetto delle misure imposte in tal senso da Israele il 2 marzo scorso. Alla devastazione nella Striscia si aggiunge la desolazione della crisi umanitaria che, come ha ribadito l’Onu, si aggrava ulteriormente: si sta «diffondendo la fame a Gaza, perché i pasti preparati da queste cucine costituivano l’ultima risorsa vitale per le popolazioni».

Quando proprio l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite (Ocha) ha affermato che oltre 2 milioni di persone, la maggior parte della popolazione di Gaza, devono affrontare una grave carenza di cibo, decine di mense comunitarie sono state costrette a chiudere i battenti ieri, poche ore dopo che l’organizzazione umanitaria statunitense World central kitchen aveva annunciato di aver esaurito gli ingredienti necessari per fornire i pasti gratuiti. La maggior parte delle 170 mense comunitarie della Striscia risultano ferme, ha denunciato Amjad al-Shawa, direttore a Gaza della Rete delle organizzazioni non governative palestinesi, stimando una riduzione di 400.000 - 500.000 pasti gratuiti al giorno. Il cibo è finito nei mercati ormai improvvisati di Gaza e i prezzi sono aumentati a dismisura, in particolare quelli della farina, che viene venduta a circa 500 dollari per un sacco da 25 kg, rispetto ai 7 dollari del passato. Da inizio anno, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, più di 10.000 bambini sono stati curati per malnutrizione acuta. E il numero è aumentato drasticamente a marzo, passando da 2.000 casi del mese precedente a 3.600.

«I prossimi giorni saranno assolutamente decisivi perché arriverà un momento in cui mancheranno le forniture mediche e altri aiuti», ha dichiarato da Ginevra Pierre Krähenbühl, direttore umanitario del Comitato internazionale della Croce Rossa, mentre il portavoce dell’Unicef, Jonathan Crickx, ha affermato che il 65-70% del sistema idrico di Gaza è danneggiato.

L’Alto rappresentante dell’Unione europea per la Politica estera, Kaja Kallas, ha ribadito senza mezzi termini che la situazione a Gaza «è insostenibile»: Bruxelles, ha aggiunto, esorta Israele «a revocare immediatamente il blocco su Gaza e a garantire che gli aiuti umanitari raggiungano» la popolazione.

Sul terreno, intanto, il bilancio della guerra tra Israele e Hamas — riferito da parte palestinese — è salito ad almeno 52.760 dal 7 ottobre 2023. L’esercito israeliano (Idf) ha annunciato ieri sera che, in 72 ore, la sua aviazione ha compiuto più di 150 attacchi nella Striscia di Gaza, diretti contro «cellule terroristiche». Colpiti diversi punti della Striscia, soprattutto al nord e nella zona di Deir al Balah, nel centro, in cui, secondo l’Idf, è stato ucciso Naser Sabhi Ibrahim Jumaa, comandante della produzione missilistica di Hamas. Due soldati israeliani sono morti invece durante un’operazione nel sud.

Nelle stesse ore a Gerusalemme est molti bambini e ragazzi hanno dovuto lasciare le loro aule di lezione. Israele ha infatti chiuso le sei scuole delle Nazioni Unite della zona, tre mesi dopo l’entrata in vigore di una legge che vieta le attività dell’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi (Unrwa). «Un attacco all’infanzia e all’istruzione», secondo il Commissario generale, Philippe Lazzarini.