· Città del Vaticano ·

Camminare senza paura
nelle sfide della storia

 Camminare senza paura  nelle sfide della storia   QUO-107
09 maggio 2025

di Andrea Monda

Leone, il nome senza dubbio colpisce. Il pensiero è volato a Leone XIII, a Papa Pecci che scelse questo nome il 20 febbraio 1878. Tredici anni dopo promulgò l’enciclica Rerum Novarum, l’emblema del suo pontificato. Il Papa “delle cose nuove”. La Chiesa, spogliata del regno temporale, si affacciava al mondo non più come uno Stato tra i tanti, ma, liberata da quel peso, poteva affacciarsi al mondo diventando sempre più lievito, sale della terra. Priva della “corazza”, disarmata, la Chiesa doveva e poteva camminare nel mondo come compagna di strada della gente comune e incoraggiare il cuore e lo spirito degli uomini e delle donne spesso smarriti, feriti, sfiduciati. Tra queste “cose nuove” Leone XIII, ad esempio, sperimentò il mondo della comunicazione, lasciandosi filmare nel 1898 in una sequenza cinematografica, questa settima nuova arte, appena nata. Ma poi soprattutto la Chiesa di Papa Pecci volle guardare il mondo con cuore di madre e affrontare subito i problemi più gravi della società, i suoi nodi cruciali come i temi dell’economia e delle condizioni dei lavoratori. Il testo di quella enciclica divenne subito una pietra miliare della dottrina sociale della Chiesa e contribuì a rendere più umane le condizioni in cui versavano milioni di uomini e donne.

Oggi la situazione in qualche modo si ripete. Anche oggi il mondo sembra pieno di “cose nuove”. Stiamo vivendo un “cambiamento d’epoca”, come ha detto e sempre ripetuto Papa Francesco, e le vecchie categorie interpretative non sono più sufficienti. Alcuni problemi sono rimasti gli stessi, quelle condizioni di cui parlava Leone XIII non sono state del tutto risolte e l’economia ancora oggi ha un volto disumano e produce “scarti”. Ed ecco che la Chiesa chiama un uomo dal Nuovo Mondo per affrontare queste antiche e nuove sfide con coraggio, “senza paura”. Così per ben due volte Papa Leone XIV ha ripetuto nel suo primo saluto: “senza paura”. Questa espressione incoraggiante, o altri simili come “non temere”, rappresenta il messaggio più ripetuto nel testo biblico. Il Papa ha voluto già in questi primi due giorni ribadire il messaggio che Gesù e i suoi predecessori sul soglio di Pietro hanno ripetuto in questi venti secoli, una parola di incoraggiamento, di fiducia, di speranza.

Stamane nell’omelia davanti ai suoi confratelli cardinali nella Cappella Sistina, lì dove poche ore prima gli altri 132, di 71 nazioni diverse, lo hanno eletto, ha parlato dell’urgenza della missione evangelizzatrice, «perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».

Dall’alto della Loggia delle Benedizioni nel pomeriggio di ieri, il neoeletto Papa ha inoltre ricordato il compito della Chiesa e dei cristiani è quello di «costruire ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo sempre in pace». E mentre parlava al mondo intero, ha voluto, nella lingua spagnola, rivolgere un saluto alla sua «cara diocesi di Chiclayo, in Perú, dove un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo». Questa unione di universalità e particolarità, di eterno e contingente, è proprio della natura della Chiesa, istituzione umana e divina. Perché questo mondo, che il cristiano, alla sequela di Cristo, è chiamato non a giudicare ma ad amare (Gv 3, 17), è unito a Dio dal “ponte” più grande, Gesù stesso. «Pertanto — ha esortato —, senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti. Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce. L’umanità necessita di Lui come il ponte per essere raggiunta da Dio e dal suo amore». Questo intreccio di mani è la Chiesa, dove le mani degli esseri umani si uniscono alla mano di Dio che sostiene tutta l’umanità.

A noi cristiani ora il compito di seguire Leone XIV, chiamato ad essere vescovo di Roma e pastore universale. Seguirlo fino a sparire e farsi piccolo «perché rimanga Cristo», come ha detto nell’omelia della sua prima messa. Sparire proprio come il sale che per dare sapore deve scomparire, come il seme che deve morire per dare frutto. Seguire il pastore come fa il gregge, senza paura.