· Città del Vaticano ·

L’ong Mediterranea rilancia la storia di Fatima, catturata e rinchiusa in un centro di detenzione

Il grido d’aiuto
di una migrante: in Libia «stiamo vivendo l’inferno»

 Il grido d’aiuto di una migrante: in Libia «stiamo vivendo l’inferno»  QUO-105
08 maggio 2025

La voce è flebile, le immagini non sono nitide, ma il messaggio è un pugno nello stomaco, uno schiaffo in faccia, di quelli che stordiscono. Fatima Ibrahim ha uno dei suoi figli in braccio, sono tutti minorenni e con lei sono stati catturati in mare e rinchiusi nel centro di detenzione di Zawiya, in Libia, a poche decine di chilometri da Tripoli, il lager governato da Almasri, il comandante libico sospettato di crimini contro l’umanità. Fatima è lì, rinchiusa in una lurida cella, che gira il video, inviato a Refugees in Libya e rilanciato dall’ong Mediterranea Saving Humans.

«Ci appelliamo a tutte le persone interessate affinché ci aiutino — dice Fatima — quello che ci è successo in mare ha superato il livello di crudeltà umana, una ragazza è morta per le ustioni lì e non abbiamo nemmeno visto il corpo. E un’altra ragazza è morta quando siamo arrivati qui con lei ieri. Viviamo in Libia da molti anni e abbiamo perso la speranza nell’Unhcr», la voce sembra spegnersi, ma le parole sono nitide e drammatiche, «fuggiamo via mare perché qui soffriamo la fame la sete stupri e violazioni dei diritti dei bambini. Diffondete la nostra voce: in Libia stiamo vivendo l’inferno».

Fatima è una rifugiata etiope, durante la traversata del Mediterraneo, con la sorella Rakuya, è stata catturata, lo scorso 2 maggio, con i bambini, suoi e della sorella, e con altre 130 persone dalla cosiddetta guardia costiera libica, che altro non sono che milizie, spiega Mediterranea Saving Humans. Si trovavano in acque internazionali tra l’Italia e la Libia dopo essere partita da Sabratha. Le fiamme provocate dalle pallottole sparate contro l’imbarcazione di legno dai miliziani – continua il racconto della ong – hanno ucciso una ragazza, tutti gli altri sono stati catturati e riportati sulla terra ferma al campo di Al Nasr. I miliziani hanno sottratto telefoni e soldi. Il 3 maggio è morto un bambino e il giorno dopo un'altra donna.

«In aperta violazione alla Convenzione di Ginevra e alla Convenzione di Amburgo», denuncia Mediterranea Saving Humans, la guardia costiera libica cattura le persone in mare per poi deportarle in Libia. «in questo momento — si legge — il lager contiene più di 100 donne di altre nazionalità e decine di bambini. Gli uomini di Almasri chiedono 6.000 dinari per il rilascio di ogni persona». La speranza, conclude l’organizzazione, è che la diffusione del materiale video «giunga a tutti coloro che dovranno votare il rifinanziamento alle milizie libiche previsto dal memorandum Italia–Libia». «Aiutateci» è l’appello di Fatima che è rimbalzato, grazie alla ong, fino alla Corte penale internazionale (Cpi), che di Almasri nei mesi scorsi ha chiesto l’arresto, perché, conclude l’ong, «qualcuno nel governo italiano e nell’Unione europea dovrà rispondere davanti alla giustizia di questi crimini contro l’umanità». (francesca sabatinelli)