· Città del Vaticano ·

Dopo il giuramento dei cardinali elettori nella Cappella Sistina

Con l’«Extra omnes»
è iniziato il Conclave

 Con l’«Extra omnes»  è iniziato il Conclave  QUO-105
08 maggio 2025

di Salvatore Cernuzio

«Veni creátor Spíritus, mentes tuórum visita»: l’antica invocazione dello Spirito Santo ha accompagnato, nel pomeriggio di ieri, mercoledì 7 maggio, il lento incedere dei 133 cardinali elettori dalla Cappella Paolina verso la Sistina. I contatti con il mondo sono stati interrotti, la Cappella affrescata da Michelangelo è stata blindata per evitare ogni intrusione esterna, i cellulari sono stati lasciati a Casa Santa Marta. I porporati convocati a Roma per eleggere il nuovo Papa erano l’uno a fianco all’altro, ma da soli davanti a Dio per scegliere colui che guiderà la Chiesa cattolica universale.

«Un Papa pastore, costruttore di ponti, maestro di umanità e volto di una Chiesa samaritana», è stato l’identikit che gli stessi cardinali avevano tracciato nella ultima Congregazione generale di martedì 6 maggio, in cui era stata sottolineata la necessità di portare avanti le «riforme» avviate da Francesco.

Le votazioni sono avvenute sotto le volte affrescate dal Giudizio universale. I banchi in legno di ciliegio con nomi e cognomi di ciascuno degli elettori, disposti su due file di diverso livello, le tovaglie cremisi, le sedie di velluto, la cartella dai bordi dorati, le penne, le schede, le biglie per eleggere scrutatori, revisori, infirmarii, il filo e l’ago da infilare nelle schede sul punto in cui si trova la parola Eligo, da gettare poi nella stufa.

Insieme i cardinali hanno lasciato, intorno alle 15.45, la Domus Sanctae Marthae, dove risiedono durante il Conclave, e si sono avviati verso il Palazzo Apostolico. Insieme hanno pregato nella Cappella Paolina e ancora insieme hanno percorso il breve tratto della Sala Regia per raggiungere la Sistina, con il sottofondo delle Litanie dei santi.

Una lunga fila di abiti corali, ad eccezione di quelli neri dei cardinali di rito orientale e del saio bianco del cardinale domenicano Timothy Radcliffe. Capelli grigi, neri, bianchi, castani, lunghi, corti, ricci, spuntavano da sotto le berrette. Volti di diverse fattezze e carnagioni che identificano quell’afflato universale della Chiesa che Jorge Mario Bergoglio ha voluto restituire con i dieci Concistori del suo pontificato.

Alcuni di questi volti sono diventati ormai familiari per il grande pubblico tra giornali, social, siti web e tv che li hanno rincorsi, in questi giorni, nei loro ingressi al cancello del Petriano o li hanno mostrati in trasmissioni speciali serali, dirette, schede che indicavano i cosiddetti “papabili”.

Il più giovane ha 45 anni, è l’ucraino Mykola Byčok, vescovo dell’eparchia greco-cattolica di Melbourne; il più anziano è Carlos Osoro Sierra, arcivescovo emerito di Madrid, che ne compirà 80 a breve, il 16 maggio.

In Conclave è presente pure il cardinale bosniaco Vinko Puljić, arcivescovo emerito di Vrhbosna, Sarajevo, il cui arrivo a Roma è stato in dubbio fino a pochi giorni prima per motivi di salute: è entrato nella Cappella Sistina con l’ausilio di un bastone e l’aiuto di un prelato.

Questo è il Conclave più affollato e variegato della storia: gli elettori vengono da 70 Paesi dei cinque continenti, rappresentano grandi metropoli, piccole diocesi, realtà sofferenti e comunità perseguitate.

In Cappella Sistina sono entrati e si sono disposti nello stesso ordine della processione, per grado e creazione. Il primo è stato l’ultimo dei cardinali diaconi, George Jacob Koovakad, già prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso. Ha chiuso la processione il cardinale primo tra i vescovi, il già segretario di Stato Pietro Parolin. Per il giuramento si è seguito invece l’ordine inverso: la lunga formula in latino introduttiva è stata pronunciata dallo stesso Parolin, quindi ciascuno dei porporati ha giurato in latino sul libro del Vangelo — posto su un leggio davanti all’altare — aperto sulla pagina di Matteo che racconta la vocazione dell’apostolo Pietro: «Et ego… cardinalis… spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet et hæc Sancta Dei Evangelia, quæ manu mea tango».

L’Extra omnes, l’intimazione di rito del «fuori tutti», scandita alle 17.43 dal maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, l’arcivescovo Diego Giovanni Ravelli, ha preceduto di qualche istante la chiusura dei pesanti battenti della Sistina, sorvegliati da due Guardie Svizzere. Erano le 17.46. Ed erano trascorsi oltre 12 anni, 4.439 giorni, dall’ultima volta che il mondo aveva assistito a questa sequenza.

Oltre ai cardinali elettori, sono rimasti in Sistina solo l’arcivescovo Ravelli e il cappuccino Raniero Cantalamessa, cardinale ultraottantenne, predicatore emerito della Casa pontificia, che ha proposto ai porporati la seconda meditazione (la prima era stata tenuta dall’abate benedettino di San Paolo fuori le Mura, dom Donato Ogliari, il 29 aprile, durante la sesta Congregazione generale svoltasi nell’Aula nuova del Sinodo), per aiutare i cardinali a riflettere «sul gravissimo compito che li attende e sulla necessità che, nell’elezione del Romano Pontefice, agiscano in tutto con retta intenzione cercando di compiere solo la volontà di Dio, mirando unicamente al bene di tutta la Chiesa».

Conclusa la meditazione, l’arcivescovo Ravelli e il cardinale Cantalamessa hanno lasciato la Sistina. Il cardinale Koovakad ha chiuso le porte a chiave. «Cum clave», appunto. Fuori tutti.