· Città del Vaticano ·

La bontà che attira

 Quella bontà che attira   QUO-104
07 maggio 2025

di Andrea Monda

Dal 21 aprile scorso tutti gli occhi del mondo, sono puntati qui, sul più piccolo Stato del mondo. Accade così quando muore un Pontefice e la Chiesa cattolica si accinge a eleggere il successore. Come si spiega questo fenomeno? Perché tutta questa attenzione?

Forse lo scambio di battute che si racconta esserci stato tra Paolo vi e Giuseppe Prezzolini può dare un’indicazione utile. Papa Montini chiese allo scrittore italiano: «Lei si dichiara lontano dalla Chiesa! Cosa suggerisce per poter avvicinare i lontani alla Chiesa?».  «Padre Santo, c’è una sola strada: preparate persone umili e veramente buone, perché solo la bontà attira. Di persone colte ce ne sono fin troppe, di persone intelligenti ce ne sono fin troppe. Ma non sono costoro che rendono più buono il mondo. L’intelligenza suscita ammirazione e la cultura strappa applausi, ma soltanto la bontà attira a Dio e spinge le persone alla conversione».

La bontà attira. Forse è questo che spiega l’attenzione e la curiosità di tutto il mondo verso la Chiesa. C’è in tutte queste persone che guardano a Roma in questi giorni il sentore, forse nascosto in fondo al cuore, che oltre tutti quei riti, quelle liturgie e quelle procedure così fuori sincrono rispetto al mondo, e quindi affascinanti, c’è qualcosa che ha a che fare con la bontà (e con la possibilità di una conversione). E quindi sperano che l’uomo che verrà scelto come guida non sia tanto il più colto o il più intelligente, ma il più buono.

La bontà; già essa stessa è “fuori sincrono”, non è in sintonia con il mondo ma appare anzi come un controsenso, qualcosa che va nella direzione opposta. Se il mondo cammina seguendo gli istinti dell’egoismo, dell’affermazione di sé e del giustizialismo, la bontà che la Chiesa predica è quella del perdono, della spoliazione del sé e dell’amore disarmato verso l’altro, il diverso, addirittura il nemico. Questo controsenso, questo paradosso audace e vertiginoso è ciò che attira nella Chiesa, ieri come oggi.

Anche chi vede la Chiesa come una mera organizzazione di potere sente che questa spiegazione alla lunga non regge e che c’è, ci deve essere qualcos’altro che spinge i cattolici a fare tutto quello che fanno nel mondo, dai laici ai consacrati, dai preti di periferia ai missionari... non si possono applicare a tutte queste diverse realtà le categorie politiche come se si trattasse di un partito.

E anche chi giudica la Chiesa e la condanna perché colpevole del peccato peggiore, l’ipocrisia, tipica di chi predica bene e razzola male, di chi diffonde il messaggio d’amore del Vangelo e poi si comporta non coerentemente con quel messaggio, a volte macchiandosi di colpe gravi, anche in questo caso in quel giudizio di condanna, che s’incrosta spesso fino a diventare un pregiudizio, c’è in controluce qualcos’altro che si rivela, come la stizza rispetto ad un’aspettativa delusa, ad un amore tradito. Chi condanna la Chiesa spesso lo fa perché gli vuole bene ma è come ferito, perché aderirebbe a quel messaggio ma non ci crede più per colpa della cattiva testimonianza dei cattolici. In fondo se questa gente considera l’ipocrisia il peggiore dei peccati lo fa perché è Gesù stesso nel Vangelo che si scontra aspramente proprio contro gli ipocriti del suo tempo e quindi anche del nostro, proprio perché quel messaggio alto, nobile, che tutti ammiriamo e vorremmo seguire, nonostante tutto, nonostante i cattolici stessi, attraverso le loro mani fragili, macchiate, sporche, in qualche modo è arrivato fino a noi. Proprio grazie alla Chiesa, sposa infedele di Cristo.

A questa sposa infedele, a questo servo inutile e inadeguato, gli occhi di tutto il mondo si rivolgono, forse per percepire ancora oggi, nell’agitazione di un mondo confuso, un segno di speranza.