· Città del Vaticano ·

Papa Bergoglio in una conversazione tra il maestro Michelangelo Pistoletto e padre Antonio Spadaro

Spirito dell’arte

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06 maggio 2025

Proponiamo il dialogo tra il maestro Michelangelo Pistoletto e padre Antonio Spadaro, sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, andato in onda su SkyTg24 sabato 3 maggio, moderato dal giornalista Alessio Viola. L’occasione è la pubblicazione del libro delle loro conversazioni dal titolo Spiritualità (Marsilio editore). 


Alessio Viola
: Maestro Pistoletto, conosciamo bene la potenza e la bellezza della sua arte. Le sue opere, almeno per il mio sguardo, sono sempre state intrise di una spiritualità profonda, che spesso coincide con i temi richiamati anche da Papa Francesco. Penso alla Venere degli stracci, al Tavolo del Mediterraneo, a quel parlamento con le sedie disposte lungo i contorni del Mare Nostrum, e naturalmente alla Formula della Creazione. Lei ha fede? E come sta vivendo questi giorni di Conclave, con tutta la solennità del rito che porterà all’elezione di un nuovo Papa?

Michelangelo Pistoletto: Il Conclave è un momento di passaggio fondamentale, ma io lo vedo anche come una possibile continuità. Papa Francesco è stato una figura realmente presente nel nostro tempo, capace di aprire spazi di incontro e comprensione. Abbiamo bisogno di entrare in una nuova fase che io chiamo «lo spirito dell’arte», perché l’arte è creazione, è la massima espressione di libertà. Questo Papa, non era ovviamente un artista di professione, ma lui aveva l’arte nel cuore, nel modo stesso in cui viveva. La creazione deve essere responsabile: non solo un atto individuale, ma collettivo. Io mi occupo da sempre di creazione collettiva. Oggi più che mai arte e religione devono intrecciarsi per generare un nuovo mondo. E questo nuovo mondo dobbiamo costruirlo insieme.

Alessio Viola: Padre Spadaro, in questo tempo così denso di attesa e di speranza, l’arte può essere davvero un movimento dello spirito?

Antonio Spadaro: Senza dubbio. L’arte è tensione verso l’altro e verso l’alto. Incontrare Michelangelo Pistoletto, ormai quasi tre anni fa, è stata per me un’esperienza intensa. Siamo molto diversi, ma il suo modo di essere mi ha aiutato a comprendere meglio me stesso. La sua passionalità è segno di una profonda spiritualità.

C’è una frase che Pistoletto pronunciò nel 1984 e che mi ha colpito molto: «L’arte ha il compito di far lievitare la storia». Lievitare, come un impasto. L’arte, dunque, come fermento, come energia che trasforma. E anche se le nostre visioni della religiosità sono diverse, ho sempre percepito in lui una tensione a far emergere un senso, una direzione, un oltre. Le sue opere mostrano come l’arte sia una possibilità reale per il nostro tempo, segnato da crisi e conflitti.

Papa Francesco ha spesso invitato artisti, scrittori, registi a darci nuove visioni del mondo. L’arte, diceva, è immaginazione, ed è proprio l’immaginazione che ci porta oltre l’ovvio, nel mondo delle possibilità. L’arte è capace di darci nuove visioni della realtà, quindi di far capire dove sta andando la storia e se è possibile avere delle soluzioni differenti rispetto all’ovvio. Perché l’immaginazione è il superamento dell’ovvio e ci fa entrare non nel mondo delle probabilità ma nel mondo delle possibilità. Allora ecco, questo incontro tra l’arte e la spiritualità è un incontro assolutamente naturale. E ho capito, parlando con Michelangelo, che in fondo se una volta l’arte era il frutto di una committenza da parte del religioso che voleva esprimere i propri concetti, i propri contenuti, grazie all’opera d’arte oggi è possibile anche il contrario: cioè che sia l’opera d’arte a diventare un punto di riferimento per la fede, perché le religioni trovino un punto di incontro e insieme immaginino un mondo diverso.

Alessio Viola: Maestro, tornando alla Formula della Creazione, quel simbolo dell’infinito che si apre al centro generando un cerchio nuovo: qual è, oggi, il suo rapporto con la fede, con il divino?

Michelangelo Pistoletto: Nel mio Libro della Creazione, inizio affermando che non si può fare a meno di credere. Credere significa stabilire un ponte tra ciò che siamo e ciò che ci sta di fronte: il mondo, l’altro. Per capirsi, due persone devono condividere un simbolo, una parola, una visione. La religione offre proprio questo: un insieme di forme e visioni comuni che permettono di intendersi. La parola religione, dal latino religare, significa unire. E la mia Formula della Creazione riflette proprio questo: due cerchi, simbolo della dualità, si uniscono in un terzo spazio, centrale, che è apparentemente vuoto, ma accoglie tutto. È lì che avviene la trasformazione, l’incontro, la nascita del nuovo. È un processo artistico, ma anche filosofico e scientifico. Ed è un atto profondamente umano: creare unione pur nella differenza.

Antonio Spadaro: Ai nostri giorni siamo abituati sempre a pensare n termini di dualità, di scontro: A contro B. Il mio pensiero, il tuo pensiero. La genialità della formula è quella di immaginare che tra A e B possa aprirsi uno spazio vuoto, creativo, una piazza dove può accadere qualcosa che non è né A né B. In un tempo come quello che stiamo vivendo, dove la conflittualità e la polarizzazione è estrema, questo messaggio è di estrema importanza.

Alessio Viola: Nel vostro libro Spiritualità, c’è un passaggio che mi ha colpito molto. Alla domanda: «C’è Dio?», il Maestro risponde: «Sì, ci sono». Padre Spadaro, com’è nato questo scambio?

Antonio Spadaro: Quel momento è stato una vera esplosione. Quando Michelangelo ha detto «io ci sono», ho reagito di getto: «No, io non ci sono!». Mi sembrava un’affermazione narcisistica. Ma poi, continuando a dialogare con lui — come abbiamo fatto per anni, in incontri che hanno pure attraversato colazioni, pranzi, cene — ho capito che non era un rifiuto di Dio, ma un’affermazione della responsabilità personale nel pensare l’idea di Dio.

Michelangelo non nega il divino, ma si affaccia su di esso. La sua è una posizione filosofica, interrogativa, che si tiene sulla soglia. Non pretende di possedere una fede, ma non si sottrae al bisogno di pensare l’infinito.

Michelangelo Pistoletto: Non ho detto «Io ci sono» per dire che io sono Dio. Ho detto che ci sono, che partecipo. Se Dio esiste, è perché noi lo pensiamo, e lo pensiamo perché ne abbiamo bisogno. Questo non vuol dire negare qualcosa di straordinario che ha generato l’universo. Semplicemente, riconosco che la mia coscienza mi permette di vedere oltre la mia fisicità. La spiritualità nasce da questa tensione verso l’infinito. L’unica cosa che so è che, se io non ci fossi, questo pensiero non sorgerebbe.

Antonio Spadaro: Ecco, è proprio da questo confronto — spesso acceso, dialettico, persino conflittuale — che è nato il nostro libro. Non è un testo armonico o pacificato: è un vero dialogo, a volte duro, sempre rispettoso. Le nostre visioni non coincidono, ma ci siamo arricchiti reciprocamente. Ho imparato molto da questo affaccio di Michelangelo sulla realtà.

Alessio Viola: Mi ha colpito il legame tra la Venere degli stracci e la cultura dello scarto, cara a Papa Francesco. Maestro, cosa ci dice oggi quell’opera?

Michelangelo Pistoletto: La Venere evoca la venerabilità, l’idea della figura femminile che attraversa i secoli. E oggi quella figura si confronta con una massa di rifiuti, simbolo del nostro consumismo sfrenato. Ma proprio in questo incontro può avvenire una rigenerazione. L’arte povera, l’essenziale, è una forma di spiritualità francescana.

Antonio Spadaro: Ricordiamoci che anche Papa Francesco in Mongolia ha benedetto una Madonna degli stracci trovata in Mongolia, tra i rifiuti. È un messaggio potente: lo scarto può diventare sacro. Questo riferimento allo scarto è fondamentale. Quello che diceva Michelangelo è molto importante. Siamo un’umanità stracciona in qualche modo. Avere gli occhi puntati su questa umanità ci aiuta a comprendere meglio il mondo e noi stessi e le dinamiche del mondo. L’arte ha un rapporto molto forte con la storia, è capace non solo di farci pensare la storia, ma anche farci comprendere quale possa essere la nostra azione nel mondo.

Alessio Viola: Maestro, dopo una vita intera dedicata all’arte, qual è oggi la sua idea dell’“oltre”, della morte?

Michelangelo Pistoletto: Sto lavorando molto con l’intelligenza artificiale che ci offre uno spazio di connessione vastissimo: è una nuova forma di cervello collettivo. In questo universo artificiale, che stiamo già abitando, possiamo continuare a vivere, a comunicare. Voglio essere immortale da vivo. La morte verrà, certo. Ma già ora, attraverso la creazione, so che da vivo sono già dentro un universo nel quale sto attivamente lavorando con tutti gli altri.

Alessio Viola: Grazie, maestro Pistoletto. Grazie, padre Spadaro. Il vostro dialogo ci restituisce una visione dell’arte e della spiritualità come luoghi vitali, creativi, necessari.