In viaggio

L’iniziativa della scuola Penny Wirton partirà il 5 maggio
di Andrea Monda
Eraldo Affinati, fondatore, insieme alla moglie Anna Luce Lenzi, della scuola Penny Wirton per l’insegnamento gratuito della lingua italiana ai migranti, diffusa oggi in sessantacinque postazione in ogni parte del Paese, ha sempre intrecciato letteratura e formazione: il suo primo libro, Veglia d’armi (1992), era dedicato a Lev Tolstòj, forse il più grande scrittore-insegnante dell’epoca moderna; il più recente, in uscita nei prossimi giorni per la Libreria Editrice Vaticana, Testa, cuore e mani. Grandi educatori a Roma, con la prefazione del cardinale José Tolentino de Mendonça, riprende sin dal titolo una famosa espressione di Papa Francesco.
Spesso le opere di Eraldo Affinati si legano a un viaggio compiuto insieme agli studenti: ricordiamo fra gli altri quello in Marocco in La città dei ragazzi (2008) e quello in Gambia in Vita di vita (2014). A lui chiediamo di raccontarci l’ultima impresa: «Si tratta di un “Cammino della pace” da Milano a Roma coi ragazzi delle scuole Penny Wirton sparse lungo il percorso. Ho deciso di riprendere la lettera che il 29 luglio 1999 venne ritrovata nelle tasche di due adolescenti africani, Yaguine Koita e Fodé Tounkara, morti assiderati nel carrello di un aereo partito da Conakry, capitale della Guinea e atterrato a Bruxelles, nella quale, rivolgendosi ai governanti del mondo, i giovani sventurati, con parole semplici e dirette, forse ingenue ma determinate, chiedevano istruzione, cibo e medicine. Sono trascorsi ventisei anni da quel giorno ma i problemi sono rimasti gli stessi. Chiederò ai migranti che frequentano la nostra rete di scuole di aiutarmi a riscrivere il testo con il contributo delle volontarie che li seguono uno a uno. Partiremo il 5 maggio dalla Stazione Centrale di Milano, dove presso la libreria Feltrinelli c’è una sede della Penny Wirton ambrosiana, diretta da Laura Bosio, e contiamo di arrivare a piazza San Pietro il 14 maggio per consegnare la missiva al nuovo Papa che verosimilmente sarà eletto».
Che tipo di viaggio sarà il vostro?
Piero Arganini, responsabile della Penny Wirton di Parma, il quale mi accompagnerà lungo il tragitto, lo ha definito «povero, lento e condiviso», un’immagine in cui mi riconosco. Utilizzeremo treni regionali, autobus, passaggi di amici. Faremo anche dei tratti a piedi lungo la Via Francigena nello spirito giubilare. Mentre io illustrerò ai ragazzi l’Italia che attraverseremo, loro ci racconteranno i cammini compiuti per arrivare fino a noi. Così, come in una poesia vivente di Walt Whitman, Lucca e Massarosa si mischieranno all’Afghanistan e al Kurdistan, nel monastero di Cellole parleremo di Egitto e Tunisia, a Siena evocheremo il Perù e il Camerun, a Chianciano ci sarà il Bangladesh, a Montefiascone l’Ucraina e la Palestina.
Lei ha scritto due libri su don Lorenzo Milani, «L’uomo del futuro» e «Il sogno di un’altra scuola». In che senso questo “Cammino della pace” può collegarsi all’opera del priore di Barbiana?
L’idea della scrittura collettiva parte da lì. Chiederò ai nuovi italiani, come mi piace chiamare i nostri scolari, di regalarci una parola di speranza, secondo l’auspicio di Papa Francesco, la cui eredità vorremmo idealmente consegnare al futuro pontefice e ai rappresentanti delle istituzioni pubbliche. Cercherò di coinvolgere anche gli studenti che fanno con noi il tirocinio formativo, liceali che trasformiamo in piccoli docenti dei loro coetanei immigrati, secondo l’insegnamento di don Milani.
In quale senso un’azione come questa rappresenta il suo ideale di scuola?
Credo che, soprattutto oggi, nel trionfo della rivoluzione digitale, sia necessario ripristinare le gerarchie di valore all’interno della Rete. Ma questo non si può fare in astratto, bensì realizzando imprese conoscitive, nella coralità dell’insegnamento, persino riscoprendo i grandi educatori del passato: in fondo i pellegrinaggi romani di San Filippo Neri, alle Sette Chiese, oppure verso le Catacombe, che ho rievocato nel mio ultimo libro, andavano nella medesima direzione.