· Città del Vaticano ·

Nel quinto Novendiale la messa presieduta dal cardinale Sandri nella basilica Vaticana

Il Pontificato di Francesco
al servizio degli ultimi
e della pace

 Il Pontificato di Francesco  al servizio degli ultimi e della pace  QUO-100
02 maggio 2025

Un Pontificato al servizio degli ultimi e della pace: così il cardinale Leonardo Sandri, vice-decano del Collegio cardinalizio, ha riassunto il magistero di Papa Francesco nell’omelia pronunciata nel pomeriggio di mercoledì 30 aprile, quinto giorno dei Novendiali. Il porporato ha presieduto, all’altare della Confessione della basilica Vaticana, la messa in suffragio del compianto Pontefice, ricordandone in particolare lo stile «fortemente evangelico». Aperto dalla processione iniziale, il rito, al quale è stata invitata in particolare la Cappella papale, è stato concelebrato anche dai porporati presenti a Roma per prendere parte alle Congregazioni generali in vista del conclave. Al momento della preghiera eucaristica, al celebrante principale si sono uniti all’altare i cardinali Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, e Marc Ouellet, dell’ordine dei vescovi. La liturgia della Parola è stata scandita dalla prima Lettura, in lingua italiana, tratta dagli Atti degli Apostoli (2, 14.22b-28) e dal Salmo 22, in lingua latina, «In loco pascuae ibi me collocavit». Il Vangelo proclamato è stato quello di Luca (22, 25-32). Durante la preghiera dei fedeli, sono state elevate intenzioni particolari per il defunto Papa Francesco, affinché il Signore gli doni «la ricompensa per il bene compiuto a servizio del Vangelo e la gioia della perfetta comunione» con Lui; e per «il mondo intero», perché il Padre accordi «la giustizia e la pace, confonda i progetti di guerra e di odio, e vinca la durezza dei cuori». Animato dal coro della Cappella Sistina, diretto da monsignor Marcos Pavan, il rito si è concluso con l’antifona mariana «Regina Coeli». Ecco l’omelia del cardinale Sandri.

Venerabili fratelli Cardinali,

Sorelle e fratelli nel Signore!

Cristo è Risorto! Con ancora più emozione entro una celebrazione di suffragio quale è quella dei Novendiali, cantiamo l’Alleluia Pasquale, quel canto che è risuonato dalla voce del diacono «Nuntio vobis gaudium magnum quod est Alleluia», anche in questa Basilica che pochi istanti prima della Veglia era stata visitata dal Santo Padre Francesco. In modo pensiamo inconsapevole egli si preparava ad attraversare un altro Mar Rosso, un’altra notte che la Resurrezione di Cristo ci consente di chiamare beata, la notte di cui è detto «et nox sicut dies illuminabitur».

Tra pochi giorni, il Cardinale Proto Diacono utilizzerà una formula simile, annunciando alla Chiesa e al mondo il gaudium magnum di avere un nuovo Papa: è a partire dall’esperienza pasquale di Cristo che trova senso il ministero del Successore di Pietro, chiamato in ogni tempo a vivere le parole appena ascoltate nel Vangelo «E tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli». Pietro conferma i fratelli nella fede che il Crocifisso è il Risorto, il Vivente per sempre. La celebrazione dei Novendiali per il Pontefice defunto costituisce da parte di diverse categorie ed appartenenze il compiere un rito di suffragio cristiano: idealmente, anche in questo modo il Successore di Pietro ci convoca per confermarci, esattamente perché rinnoviamo la nostra professione di fede nella resurrezione della carne, nel perdono dei peccati, anche quelli di un uomo diventato Pontefice, e nel rinnovare la consapevolezza che l’unità della storia di ogni persona è nelle mani di Dio.

Oggi sono i Padri Cardinali ad essere chiamati a partecipare ai Novendiali, quasi una tappa centrale di questo cammino ecclesiale, stringendosi in preghiera come Collegium e affidando al Signore colui del quale sono stati i primi collaboratori e consiglieri, o almeno hanno cercato di esserlo, nella Curia Romana come nelle diocesi di tutto il mondo. Idealmente però ciascuno di noi, venerabili fratelli, porta le persone per le quali e con le quali è chiamato a vivere il suo servizio: da Tonga con le Isole del Pacifico alle steppe della Mongolia, dall’antica Persia con Teheran al luogo da dove è scaturito l’annuncio della salvezza, Gerusalemme, dai luoghi allora fiorenti di cristianesimo e ora dimora di un piccolo gregge, in alcuni casi segnato dal martirio, come il Marocco e l’Algeria, solo per citare alcune coordinate della geografia che il Santo Padre ha voluto tratteggiare in questi anni convocando frequenti Concistori. In tutti questi luoghi e continenti, come in quegli spazi di collegamento che sono gli uffici della Segreteria di Stato e della Curia Romana, come successori degli Apostoli siamo chiamati ogni giorno a ricordarci e vivere con consapevolezza che «regnare è servire», come il Maestro e Signore, che è in mezzo a noi come colui che serve.

Uno dei titoli che la tradizione attribuisce al Vescovo di Roma infatti è quello di Servus Servorum Dei, amato da San Gregorio Magno sin da quando era soltanto diacono, a ricordare questa costante verità: la liturgia ce lo ricorda nei segni esteriori, quando nelle celebrazioni più solenni indossiamo sotto la casula la tunicella, ricordo del nostro dover sempre rimanere diaconi, cioè servitori. Lo ha vissuto Papa Francesco, scegliendo diversi luoghi di sofferenza e solitudine per compiere la lavanda dei piedi durante la Santa Messa in Coena Domini, ma anche mettendosi in ginocchio e baciando i piedi dei leader del Sud Sudan, implorando il dono della pace, con quello stesso stile per molti ritenuto scandaloso, ma fortemente evangelico, con il quale san Paolo vi il 4 dicembre di cinquant’anni fa in cappella Sistina si mise in ginocchio baciando i piedi di Melitone, Metropolita di Calcedonia. La tradizione della Chiesa cari confratelli cardinali ci suddivide in tre ordini: Vescovi, presbiteri e diaconi, ma tutti siamo chiamati comunque a servire, testimoniando il Vangelo usque ad effusionem sanguinis¸come abbiamo giurato il giorno della creazione cardinalizia ed è significato dalla porpora che indossiamo, offrendo noi stessi, collegialmente e come singoli, come primi collaboratori del Successore del beato apostolo Pietro.

La prima lettura, tratta dal libro degli Atti degli apostoli, ci riporta appena fuori del Cenacolo di Gerusalemme, ove sono radunati giudei provenienti da ogni nazione che è sotto il cielo. È Pietro che prende la parola per giustificare quanto era avvenuto: gli apostoli non sono ubriachi e non straparlano, anzi proprio perché pervasi da quella sobria ebrietas dello Spirito, come sarà chiamata più tardi dalla letteratura patristica, possono essere compresi anche da popoli diversi, ciascuno nella propria lingua. È significativo che nei Novendiali sia stata scelta questa lettura: certamente è in riferimento all’apostolo Pietro, essendo il suo primo discorso, ma il contesto è quello della Pentecoste appena avvenuta. Il riferimento temporale che Luca indica è quello «mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste». Che cosa significa questo compiersi? È insieme un giungere al termine, al contempo un arrivare a pienezza e per questo avviare un nuovo inizio. L’evangelista utilizza qui lo stesso verbo che aveva adoperato nel capitolo 9 del Vangelo, quando dopo la trasfigurazione, scendendo dal monte, «mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto», Gesù indurì il suo volto dirigendosi verso Gerusalemme, ove si sarebbero compiute le Scritture che lo riguardavano come ricordò poi ai discepoli smarriti sulla strada verso Emmaus. Dopo il vertice della Trasfigurazione, il cammino verso la realizzazione delle profezie nella Pasqua a Gerusalemme; dopo la Pasqua l’attesa dello Spirito a Pentecoste, con la pienezza del dono dello Spirito l’inizio della Chiesa. Noi viviamo il passaggio tra la conclusione della vita del Successore di Pietro, Papa Francesco e il compimento della promessa affinché con la nuova effusione dello Spirito la Chiesa di Cristo possa continuare il suo cammino tra gli uomini con un nuovo Pastore. Ma quale profezia si compie a Pentecoste? Quella che la pericope liturgica ha omesso ma che era tanto cara e tanto citata da Papa Francesco, contenuta nel capitolo terzo di Gioele: «su tutti effonderò il mio Spirito; i vostri figli e le vostre figlie profeteranno, i vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno sogni... chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato». Il nostro caro Santo Padre amava ripeterla per parlare dell’incontro e del dialogo tra le generazioni, della necessità che gli anziani raccontino i loro sogni ai giovani, ed insieme che questi con la loro energia e la loro visione sappiano con l’aiuto di Dio tradurli in realtà. «Non c’è avvenire senza questo incontro tra anziani e giovani; non c’è crescita senza radici e non c’è fioritura senza germogli nuovi. Mai profezia senza memoria, mai memoria senza profezia; e sempre incontrarsi». In qualche modo Papa Francesco lascia questa parola anche al Collegio Cardinalizio, composto di giovani e di più anziani, in cui tutti possano lasciarsi ammaestrare da Dio, intuire il sogno che Egli ha sulla sua Chiesa e cercare di realizzarlo con giovane e rinnovato entusiasmo.

Nella Bolla di Indizione del Giubileo Papa Francesco ha indicato una visione, un sogno a cui già dobbiamo prepararci e che sarà affidato al nuovo Pontefice: «questo Anno Santo orienterà il cammino verso un’altra ricorrenza fondamentale per tutti i cristiani: nel 2033, infatti, si celebreranno i duemila anni della Redenzione compiuta attraverso la passione, morte e risurrezione del Signore Gesù. Siamo così dinanzi a un percorso segnato da grandi tappe, nelle quali la grazia di Dio precede e accompagna il popolo che cammina zelante nella fede, operoso nella carità e perseverante nella speranza (cfr. 1 Ts  1, 3). Spiritualmente ci faremo tutti pellegrini sulle strade della Terra Santa, a Gerusalemme, per proclamare al mondo dal Santo Sepolcro — sperando di poterlo fare con tutti i fratelli e le sorelle che un unico battesimo ha consacrato — «Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone!».

Signore, ti affidiamo il tuo servo, il Papa Francesco, perché tu lo possa colmare ora di gioia alla tua presenza, e ti chiediamo la grazia di compiere la sua visione per una Chiesa che annuncia il mistero di Cristo, Crocifisso e Risorto! Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, intercedi con la tua preghiera per colui che tanto ha voluto fissare il tuo sguardo amorevole, e ora riposa nella Basilica a te dedicata.