Difensore della vita

di Federico Piana
Non un dettaglio ma forse l’aspetto più centrale di tutto il suo magistero. Quello sulla bioetica, per Papa Francesco, non è stato un pensiero marginale, un esercizio retorico del suo insegnamento. Al contrario, ha pervaso ogni sua parola, ogni suo scritto, ogni suo gesto. Rendersene conto non è difficile: basta riavvolgere il nastro della memoria fin all’inizio del suo pontificato. Lo ha fatto, in modo scientifico e particolareggiato, il professor Alberto Carrara, membro della Pontificia accademia per la vita (Pav).
Il religioso, decano della facoltà di filosofia e direttore del Gruppo di ricerca in neurobioetica dell’Ateneo pontificio Regina Apostolorum, nonché uno degli esperti mondiali più autorevoli di neuroetica dell’Internatinal neuroethics society, come premessa ha utilizzato una breve frase di Francesco che forse vale più di ogni trattato: «Lui diceva: ogni vita conta. Sempre. Un concetto che sta a significare la continuità: dal concepimento fino alla morte naturale passando per le varie fasi che la vita attraversa, prendendole in considerazione una per una».
Era il 2014 quando il Papa fece il suo primo discorso alla Pav improntandolo totalmente sulle fragilità: gli anziani, la malattia, la disabilità: «Perché — spiega Carrara in una conversazione con «L’Osservatore Romano» — per lui ogni vita conta davvero, soprattutto quelle vite che per la cultura dello scarto non avrebbero molto senso di essere vissute. Lo stesso tema, poi, lo riprese l’anno successivo quando accese i riflettori sulle cure palliative definendole una risposta propositiva nei confronti di tutta la cultura dell’eutanasia e dell’accanimento terapeutico».
Uno dei testi più importanti che mettono in luce chiaramente le linee guida del suo magistero bioetico può essere considerato quello del 5 ottobre del 2017 firmato subito dopo il rinnovamento della Pav. «Il suo messaggio, diviso in quattro punti, indicava un nuovo orizzonte: quello di accompagnare la vita in una nuova era tecnologica. Due anni prima, aveva pubblicato l’enciclica sulla cura della casa comune Laudato si’ nella quale si parla proprio del paradigma tecnocratico».
I dettagli della costruzione di una sintesi antropologica in dialogo aperto con le grandi sfide della contemporaneità si trovano, aggiunge Carrara, «nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium. E a cosa fanno riferimento queste sfide contemporanee? Prima di tutto, all’ interdisciplinarietà cioè alla necessità di un dialogo a tutto campo con le varie discipline non solo umanistiche ma anche quelle tecno-scientifiche, dell’economia e del diritto».
A tutto questo, va aggiunto il tema dell’ecologia umana integrale che attraversa la stessa Evangelii gaudium passando per la Laudato si’ e l’enciclica Fratelli tutti. Papa Francesco, unendo la dimensione della giustizia sociale alla custodia del Creato, è in profonda continuità con l’antropologia cristiana: «L’ha voluta legare all’antropologia della dualità uomo-donna per la costruzione della teologia della creazione e della redenzione. Una linea in continuità con tutte le visioni dei magisteri dei papi precedenti».
Le repentine e crescenti scoperte scientifiche che, in alcuni casi, hanno modificato la percezione che l’essere umano ha di sé stesso per Francesco devono accompagnarsi al corretto uso della coscienza. «Legare la scienza alla coscienza riprende, in un certo senso, anche la natura stessa della scienza: perché la scienza non esiste ma esistono gli scienziati che sono delle persone che operano in un determinato contesto, hanno una storia personale e hanno una coscienza. Il Papa e la stessa Pav dialogando con premi Nobel e scienziati di diverse religioni e anche atei hanno compreso come la coscienza, l’umanità del singolo, si possa aprire alle questioni fondamentali come quella del limite».
Non tutto ciò che tecnicamente è possibile lo è anche eticamente e questo Francesco non si è mai stancato di ripeterlo. Come non si è mai stancato di ripetere che queste riflessioni di fondo non possono essere affidate a degli algoritmi o all’Intelligenza artificiale che, precisa con forza Carrara, «non ha coscienza e mai ce l’avrà. Chi deve scegliere se indirizzare verso il bene o verso il male un’applicazione scientifica è il soggetto umano che possiede coscienza e auto-coscienza. Solo lui può farlo».