
di Ibrahim Faltas
«Qui tocchiamo con mano che Dio è vita e dona vita, ma si fa carico della morte». «La fede dell’uomo e l’onnipotenza dell’amore di Dio si cercano e alla fine si incontrano». Sono le parole del Santo Padre a commento della pagina evangelica che ricorda la morte di Lazzaro, l’amico di Gesù.
In piazza San Pietro, che ha accolto per dodici anni la voce e la presenza forte di un uomo di pace, sabato 26 aprile abbiamo dato un ultimo saluto terreno a Papa Francesco, l’amico di Gesù.
Davanti alla semplicità di una bara circondata dagli ultimi e dai potenti, da credenti nella vita in Cristo e da laici che credono nei valori della vita, da persone semplici e da personaggi noti, il mondo si è stretto a lui in un abbraccio tenero e sereno. Ringraziamo ancora e sempre Dio per averci donato questo Papa. Siamo tristi per la sua mancanza nella piazza in cui sono risuonate le sue ultime parole di pace e da cui ha diffuso appelli toccanti, preghiere intense richieste e donate, insegnamenti di vita. È stato il giorno del distacco umano da un uomo che non ha mai dimenticato i poveri e i bisognosi, che ha condannato la violenza, che non ha mai scordato, quindi non mai ha tolto dal cuore, i morti e i sofferenti di Gaza e di tutte le guerre, conosceva e seguiva anche quelle più nascoste e dimenticate.
Faremo memoria del pontefice ogni volta che lo ricorderemo aiutando i bambini a vivere in pace, donando loro attenzione, cure e istruzione, assicurando i diritti essenziali a coloro a cui vengono negati, prevenendo ogni genere di conflitto con il dialogo, abolendo il commercio e l’uso delle armi.
Il vento leggero ha girato le pagine del Vangelo, posto sulla bara del Papa che, come i suoi predecessori, lo ha vissuto pienamente. Il Libro aperto sembrava diffondere la parola di Dio sui presenti e sul mondo con la profondità di un sorriso come lo ha diffuso Francesco in ogni momento della sua vita.
Il Papa era ancora davanti alla cattedra di Pietro, mentre si svolgeva un incontro che fa sperare. Non lo potevamo vedere, ma il Santo Padre ha sorriso e ha alzato il pollice. Riproverà con tenacia a far incontrare due presidenti vicini di casa in Terra Santa ma ancora distanti nelle posizioni. Sono questi gli incontri — chiesti da Francesco fin dall’inizio del suo ministero alla politica e alla diplomazia — che, anche se svolti durante un momento di grande tristezza, rivelano che «la fede dell’uomo e l’onnipotenza dell’amore di Dio si cercano e alla fine si incontrano». Abbiamo imparato da lui la necessità e la forza dell’incontro che aiuta, sostiene e fortifica a partire dall’incontro con Dio «che è vita e dona vita».
Pochi giorni fa ho ricevuto dalle mani del nunzio apostolico a Gerusalemme una lettera del Santo Padre, datata 7 marzo 2025. Erano i giorni del ricovero al policlinico Gemelli e Papa Francesco, fisicamente fermato dalla malattia, continuava con il cuore sempre in azione a lavorare per la pace, ad essere vicino agli ultimi della terra, a pregare per il mondo intero. A fine 2024 ero stato in Siria per incontrare i miei confratelli che vivono e operano in quella nazione afflitta da una guerra civile, lunga e dolorosa. I capi religiosi siriani erano stati invitati ad un incontro con il nuovo presidente al-Sharaa, salito al potere poche settimane prima. Dopo l’incontro, chiesi di poter parlare riservatamente con il presidente. Non avevo programmato questa richiesta ma in quei momenti sentivo necessario l’incontro. Con semplicità chiesi al nuovo presidente quale fosse la sua disponibilità al riconoscimento e all’inclusione delle minoranze, di tutte le minoranze comprese quelle religiose. Ricordando quel giorno, penso che l’esempio di san Francesco e di Papa Francesco mi abbiano ispirato la richiesta dell’incontro, il primo passo da muovere per accogliere, per accettare, per amare.
La risposta del nuovo leader siriano andò oltre le mie aspettative: affermò la stima e il rispetto per Papa Francesco, uomo di pace e parlò della presenza cristiana come parte integrante del popolo siriano. Il diario di quei giorni divenne un articolo per «L’Osservatore Romano», articolo che evidentemente non sfuggì al Santo Padre che mi fece chiedere una relazione scritta più dettagliata sulla missione in Siria. La sua risposta mi ha commosso: il Santo Padre, pieno dell’amore di Dio, mi ha confortato, sostenuto, incoraggiato anche da un letto di ospedale!
Le sue scelte coraggiose e coerenti hanno dato nuovi stimoli e nuove visioni alla Chiesa universale e a chi condivide i suoi valori. È stato fedele e fermo testimone di Cristo. Ha sconfitto le ipocrisie, le emarginazioni, le offese con l’accettazione, con l’accoglienza senza pregiudizi e con la concretezza del dialogo, della presenza e della vicinanza senza condizioni. Ha ridato valore e considerazione alle donne del Vangelo e alle donne di oggi.
Le parole e i gesti di Papa Francesco sono sempre stati semplici, spontanei, trasparenti. Ha servito umilmente la Chiesa, ha vissuto con semplicità e senza ostentazione: ha indossato le stesse scarpe e gli stessi occhiali per molto tempo, ha percorso la strada lunga e difficile di anni complessi con i passi e con gli occhi dei poveri. Quando ha scritto per la Chiesa e per l’umanità è sempre andato direttamente all’essenziale, cercando di dare un senso profondo alle parole.
Ha sconvolto programmi e protocolli per fermarsi a pregare, a dare un abbraccio, a dire una parola buona. Il pontificato di Papa Francesco è stato attraversato da tante guerre, da una pandemia che ha fermato il mondo, da tanti disastri della natura, eventi che hanno procurato morte, sofferenza e distruzione. Nonostante la tristezza profonda per l’umanità ferita, il Santo Padre ci ha insegnato a sorridere, a trovare le parole giuste per consolare, ci ha regalato il vocabolario della perfetta letizia.
La sua sensibilità era “visibile”, si poteva quasi toccare perché il suo sguardo si illuminava quando si avvicinava ai bambini, alle persone con disabilità, agli anziani, ai poveri con la gioia negli occhi e con l’amore negli abbracci.
Il Santo Padre è stato amato dagli “uomini di buona volontà”. Amava la gente perché conosceva per esperienza e con amore l’animo umano. È stato amato da chi non aveva la sua stessa fede ma credeva negli stessi valori: la pace, la verità e la giustizia. È stato stimato e amato da chi non conosce il Vangelo ma condivide l’urgenza di fermare le guerre per rispettare la vita.
Papa Francesco ha unito, non ha mai diviso, è stato amato perché ha amato.
Il Santo Padre è stato già accolto dalle braccia del Risorto, ha incontrato l’amico Gesù. Riposa ora accanto alla Madre amata.