· Città del Vaticano ·

DONNE CHIESA MONDO

Patricia Murray: il clero teme di perdere il poterre

Le leader
che fanno la differenza

 Le leader che  fanno la differenza  DCM-005
03 maggio 2025

Secondo una leggenda irlandese nella corolla del dente di leone vivono le fate che un tempo, prima che l’uomo le costringesse a nascondersi, erano libere di scorrazzare felici nei prati verdi delle brughiere. Accanto a una piccola croce di metallo, la spilletta con il fiore giallo è sul bavero della giacca di suor Patricia Murray, per tutti Pat, segretaria esecutiva dell’Unione internazionale delle superiore generali, la uisg. «Il dente di leone è il simbolo del movimento a difesa delle donne e della natura creato dall’ex presidente irlandese, Mary Robinson. Me lo ha regalato di recente, dopo l’incontro con il Papa. Lo ha donato anche a lui». Occhi celesti dietro le lente, capelli candidi, suor Pat è un’energica donna irlandese di 77 anni. Il suo curriculum racconta la passione e la tenacia di chi avverte l’urgenza di non sprecare neanche un minuto nel servizio che sta svolgendo.

È una storia irlandese quella di Patricia Murray: la mamma maestra elementare e il padre impiegato nel dipartimento dell’istruzione pubblica le passano la passione per l’impegno civile e l’educazione: «Credo che l’impegno per la pace sia nel mio Dna, sin da bambina ho maturato la consapevolezza che pace e sviluppo sono fondamentali per costruire un mondo migliore. L’ho respirato in famiglia: i miei genitori sentivano che stavano contribuendo allo sviluppo del nuovo Paese, diventato indipendente nel 1920. In quell’anno mio nonno, che era un poliziotto, veniva assassinato durante i disordini che sconvolsero Dublino. Un mio zio è diventato ambasciatore dell’Irlanda nel mondo». Pat, che a 12 anni era stata colpita da una religiosa dell’Istituto Beata Vergine Maria (conosciuto anche come Suore di Loreto, congregazione di ispirazione ignaziana), e a 18 aveva fatto la professione di fede, dice di aver «sempre desiderato nel profondo di vivere la vita il più pienamente possibile e in modo significativo». Ha insegnato nei quartieri periferici, dalla campagna ai confini con l’Irlanda del Nord alle zone più povere di Dublino. «E insegnando ho visto come, grazie all’istruzione, si possa coltivare e sostenere la leadership femminile». Ma quella di suor Murray è anche una storia che attraversa alcune ferite della storia del Novecento: frequenta il Trinity College e l’Università a Dublino, in pieno ’68; si laurea in teologia, a Chicago, dove ottiene il dottorato in Teologia pratica, nel 2014 e viene coinvolta nell’organismo ecumenico impegnato nei colloqui di pace tra cattolici e protestanti per porre fine alle guerra civile in Irlanda del nord. Tempo dopo, negli anni 1998-2006 è a Roma come Consigliera generale della sua Congregazione. Al termine di questo delicato incarico, le viene chiesto di far parte della commissione di religiosi che visita il Sud Sudan su invito dei vescovi locali, per poi elaborare un progetto (Solidarietà col Sud Sudan) per un nuovo modello di missione, basato sullo sviluppo e la formazione, che vede la collaborazione di diversi istituti e congregazioni religiose.

Infine, questa è anche una storia ecclesiale: 60 anni fa, quando si chiudeva il concilio Vaticano ii, Pat faceva la sua professione religiosa. Mentre muoveva i primi passi da novizia, la Chiesa, e le congregazioni religiose femminili vivevano l’urgenza del rinnovamento chiesto dal Vaticano ii. «Via l’abito, sostegno e incremento della formazione, la necessità di lavorare non più da sole ma insieme come religiose e religiosi». Come, per esempio, nella recente campagna globale per ridurre l’assistenza all’infanzia negli orfanotrofi a favore dell’inserimento dei bambini in una famiglia. Suor Murray è stata chiamata ad assumere anche responsabilità in Vaticano, consulente del Dicastero per la cultura e l’educazione e poi, prima donna nella storia della Chiesa, membro del gruppo che ha elaborato il documento di sintesi dell’ultima assemblea del Sinodo dei Vescovi.

Si sente una donna di potere suor Patricia?

Preferisco usare il termine “donna d’influenza”. E poi dipende da come si vede il potere. C’è un potere che opprime e quello che si esercita quando si lavora con gli altri per ottenere un cambiamento. E credo che l'uisg debba sviluppare partnership e reti che possano influenzare ogni livello della società. Credo che ogni sorella sia chiamata a essere un'influencer spirituale. Tutti siamo tenuto a valorizzare i doni spirituali che abbiamo per portare un cambiamento, anche nella nostra piccola cerchia.

Il fatto che lei sia una leader, donna, fa la differenza?

Credo la faccia, perché penso che come donne siamo portate a collaborare e sviluppare relazioni autentiche al di là di ogni divisione. Ed è esattamente ciò di cui oggi abbiamo bisogno. L’ho sperimentato in Sud Sudan, dove gli studenti erano grati a quanti insegnavano loro a diventare infermieri, maestri, ostetriche. E ciò che li sorprendeva era che venivamo da “tribù diverse”, uomini e donne religiosi, provenienti da culture e contesti differenti. Oggi è questa la nostra testimonianza: essere interculturali. È un concetto teologico, significa che io cambio te e tu cambi me, e insieme creiamo un nuovo modo di vivere in cui la differenza è rispettata e in cui impariamo e ci formiamo a vicenda.

Eppure la leadership femminile nella Chiesa ancora arranca…

Ritengo sia fondamentale che le donne abbiano dei ruoli di leadership nella Chiesa, anche perché costituiscono oltre il 50% del popolo di Dio. Laddove manca il contributo delle donne, c’è un deficit enorme, perché uomini e donne portiamo modi molto diversi di sperimentare la vita. E non si tratta solo di nominare un certo numero di donne in ruoli molto visibili in Vaticano.

Esiste un problema di soffitto di cristallo per le donne nella Chiesa?

Dipende prima di tutto da dove vivi: se il vescovo non apre spazi per le donne, c'è un soffitto di cristallo. E poi dalle aspirazioni: alcune donne sentono di essere chiamate a ricevere l'ordinazione sacerdotale e per loro il soffitto c’è. Noi, come sorelle, svolgiamo dei ministeri diaconali e alcune vorrebbero che questo ministero venisse riconosciuto. In generale c'è davvero bisogno di una ridefinizione del ministero nella Chiesa, dobbiamo avere un approccio molto più ampio. Mi piace che papa Francesco abbia stabilito che le donne siano accolite o lettrici o catechiste, questi sono dei ministeri pubblici. E mi piacerebbe vedere le donne come predicatrici, ci sono donne meravigliose che porterebbero una prospettiva e una visione diversa per riflettere sulle Scritture.

Cosa devono fare le donne, laiche e religiose, per poter trovare spazio per una parola autorevole?

Prima di tutto devono essere formate. È in aumento il numero di donne teologhe. Anche qui all'uisg, abbiamo un gruppo di sorelle teologhe, che hanno conseguito un dottorato di ricerca. Abbiamo chiesto loro di riflettere sulla vita religiosa e di scrivere a partire dalle loro prospettive culturali. Abbiamo bisogno di nuove intuizioni e di nuove prospettive. Perché la vita religiosa è nata nel Nord globale, ora sta fiorendo nel Sud globale. Cosa ci insegna questo per il futuro? Qui all'uisg proviamo a formare le leader delle congregazioni perché imparino a guidare in modo sinodale.

Qual è la base per costruire una leadership che non sia effimera ma duratura?

Le basi per la leadership sono il profondo rispetto per ogni individuo, riconoscendo che lo Spirito Santo è attivo in ognuno. E poi quando si prendono decisioni importanti, maggiore è la consultazione e la riflessione, migliore sarà la decisione finale.

Per quanto riguarda le donne che cambiamenti ha portato il pontificato di Papa Francesco?

Credo che la cosa più importante sia l'affermazione dell'importanza del ruolo delle donne nella Chiesa, sia in ruoli formali che informali, e la creazione di uno spazio per una maggiore partecipazione a tutti i livelli. Durante l’ultima assemblea sinodale è stato compilato un lungo elenco di tutti i ruoli che le donne potrebbero ricoprire nella Chiesa istituzionale e ai quali in genere non si pensa mai. Sono tanti. Quando si vuole davvero un cambiamento profondo ci vuole pazienza, perché occorre una conversione delle menti e dei cuori. E anche delle strutture, di un'istituzione che, nel complesso, non è cambiata molto fino al concilio Vaticano ii. Ma, da allora e negli ultimi anni, stiamo assistendo a enormi cambiamenti.

Per quanto riguarda le donne che occupano posizioni di responsabilità, di cosa pensa abbiano paura gli uomini di Chiesa?

Credo abbiano paura di perdere il potere, qualunque cosa significhi. Il punto è che durante il periodo di formazione in seminario e poi successivamente, nella vita clericale, i sacerdoti non hanno molte interazioni con le donne su base paritaria. Più si condivide l'esperienza con le donne nella propria formazione personale, meno si avrà paura delle donne in posizioni di comando. È una questione di esperienza di vita.

di Vittoria Prisciandaro
Giornalista «Credere» e «Jesus» Periodici San Paolo

#sistersproject


Uisg, assemblea triennale e sessanta anni di storia


L'Unione Internazionale delle Superiore Generali celebra quest'anno un importante traguardo: 60 anni di storia al servizio della vita consacrata femminile nella Chiesa cattolica. Fondata nel 1965, la uisg rappresenta attualmente 1.900 superiore generali che guidano congregazioni religiose femminili con oltre 600.000 suore sparse in tutto il mondo.

Nata all'indomani del Concilio Vaticano ii, la uisg – oggi presieduta da sr. Mary Barron, irlandese, della Congregazione delle Suore di Nostra Signora degli Apostoli - ha saputo rispondere alle sfide dei tempi, diventando un punto di riferimento essenziale per le congregazioni femminili cattoliche. L'organizzazione ha promosso negli anni il dialogo inter-congregazionale, favorito la collaborazione tra diverse famiglie religiose e sostenuto progetti condivisi in ambito formativo, educativo e caritativo.

In occasione di questo significativo anniversario, la uisg accoglie a Roma, dal 5 al 9 maggio, l'assemblea plenaria triennale che avrà come tema «Vita consacrata: una speranza che trasforma». Partecipano circa 900 superiore generali provenienti da ogni continente.
Nel presentarla, la presidente Mary Barron, ha detto: «La nostra assemblea ci offre l'opportunità, come leader delle congregazioni religiose femminili di tutto il mondo, di essere insieme Pellegrine di Speranza. Le testimonianze delle sorelle, che camminano con le loro comunità in situazioni apparentemente senza prospettive, saranno il fondamento delle nostre riflessioni e del nostro impegno nella realtà concreta del mondo di oggi».