La città e il suo vescovo:

di Marina Piccone
«Di lui ho in mente la grande umanità e l’affettuosità che sapeva dimostrare a tutte le persone che incontrava». Giustino Trincia, diacono permanente, direttore della Caritas romana dal 1° settembre 2021, ricorda con commozione i momenti dei suoi incontri con Papa Francesco, il primo dei quali è stato la sua nomina ai vertici dell’organismo pastorale, avvenuta il 19 giugno 2021: «Alla fine della cerimonia, si avvicinò e salutò con dolcezza e un tono amicale tutta la mia famiglia, mia moglie, le mie due figlie e i miei due nipotini. Aveva la particolare capacità di accorciare le distanze».
Francesco è sempre stato vicino a Roma e all’attività della Caritas, fondata nel 1979 da monsignor Luigi Di Liegro, per volontà del cardinale vicario Ugo Poletti. È stato proprio all’Ostello intitolato al fondatore, all’inizio del Giubileo della Misericordia, che aprì la prima Porta Santa non di una chiesa, il 18 dicembre 2015. «Una porta che conduce a incontrare Dio nel povero, una porta attraverso la quale ogni discepolo di Cristo deve entrare per gustare la “Misericordia” ottenuta», disse in quell’occasione. E poi, nel 2017, l’incontro con i rifugiati ospiti dell’Accoglienza diffusa, nelle parrocchie e negli istituti religiosi di Roma; nel 2019 ci fu la visita alla Cittadella della Carità, in occasione dei quarant’anni dalla fondazione. «Per lavorare nella Caritas, dobbiamo conoscere questa parola: dare aiuto vuol dire riconoscere che ognuno di noi è debole, fragile e che ha bisogno degli altri. Anche Dio ha voluto farsi vulnerabile per noi. Ha sofferto la persecuzione, è stato migrante e si è rifugiato in un altro paese. Grazie a questa vulnerabilità possiamo parlare di Gesù come uno di noi», furono quel giorno le sue parole; e ancora, il 28 dicembre 2023, quando ha ricevuto una delegazione della redazione del giornalino “Gocce di Marsala”, mensile dell’Ostello “Don Luigi di Liegro”, nell’ambito dell’udienza con la redazione de «L’Osservatore di strada».
Particolarmente significativo è stato il suo contributo durante il periodo di emergenza sanitaria dovuta al covid, durante il quale migliaia di persone si trovarono in grandissima difficoltà, senza lavoro e mezzi di sussistenza. Il 10 giugno 2020 istituì il Fondo “Gesù Divino Lavoratore” per sostenere le persone maggiormente colpite dalla crisi economica, stanziando un milione di euro. Al progetto aderirono la Regione Lazio e Roma Capitale che destinarono entrambe 500.000 euro, a cui si aggiunsero, in seguito, donazioni di aziende e di privati cittadini per 201.000 euro. Con quei fondi fu possibile sostenere oltre 2500 persone attraverso sussidi, integrazioni al reddito, inserimenti lavorativi. Un’opera-segno per trasformare un tempo di crisi in un’opportunità di rinascita, attivando percorsi di rigenerazione e il coinvolgimento della comunità.
Papa Francesco, inoltre, non ha mai fatto mancare doni agli ospiti delle diverse strutture della Caritas e il suo attento ascolto alle richieste che emergevano durante gli incontri con la diocesi romana. A questo proposito, Trincia ricorda l’appuntamento con il clero cittadino, nel gennaio 2024, in cui il Papa sollecitò, come di consueto, domande e riflessioni. «Io non intervenni per non rubare tempo alla discussione», racconta il diacono, «ma gli scrissi una lettera in cui feci presente il problema della mancanza di alloggi nella nostra città. Parliamo di circa 114.000 nuclei familiari in condizione di fragilità abitativa, di cui 22.000 in conclamate situazioni di grave emergenza. Tutto ciò in presenza di circa 160-200.000 appartamenti privati vuoti e non utilizzati. Gli chiesi, nel momento in cui facevamo appello alle istituzioni di assumersi le proprie responsabilità, cosa potevamo fare noi, come Chiesa, per dare segnali coerenti e concreti. Qualche giorno dopo mi rispose con una lettera affettuosa in cui mi suggeriva di presentare la mia proposta al Consiglio episcopale diocesano per cercare di trovare insieme una soluzione». Fu proprio dalla condivisione con il Consiglio che nacque l’idea di destinare l’ex casa del clero (un pensionato per sacerdoti in disuso da tempo nella zona di Monte Mario) alle persone in difficoltà: famiglie, ex detenuti ma anche studenti fuori sede che non possono permettersi gli affitti esosi usualmente richiesti. Il Papa ha donato una grossa cifra alla ristrutturazione del complesso, che sarà ultimato entro il 2026. Un condominio solidale con 18-20 appartamenti di vario taglio e spazi comuni che prevede anche l’accompagnamento delle comunità parrocchiali per definire progetti individuali di ripartenza. «Certo, una piccola cosa di fronte al bisogno», commenta Trincia, «ma la testimonianza che le molteplici forme di povertà, da quella abitativa a quella educativa e culturale, sono tra le priorità di animazione pastorale della Chiesa di Roma».
Il direttore ha fatto anche parte del comitato diocesano costituito dal cardinale vicario Baldassare Reina per ricordare i cinquant’anni del Convegno “sui mali di Roma” tenutosi nel 1974. Un percorso di sei giorni dal titolo Ricucire lo strappo. «Anche oggi e ancora oggi sono tante le disuguaglianze e le povertà che colpiscono molti abitanti della città», disse Francesco nel suo intervento conclusivo, il 25 ottobre 2024: «Come possiamo accettare che ci siano famiglie che non hanno da mangiare? Come possiamo accettare che ci siano migliaia di spazi vuoti e migliaia di persone che dormono su un marciapiede? Che alcuni ricchi hanno accesso a tutte le cure che necessitano e chi è povero, quando sta male, non riesce a curarsi dignitosamente? Una città che assiste inerme a queste contraddizioni è una città lacerata, così come lo è l’intero nostro pianeta. Ecco che allora è necessario ricucire questo strappo, impegnandoci a costruire alleanze che mettano al centro la persona umana, la sua dignità». Il Papa, ricorda Trincia, «richiamava ognuno di noi ai nostri doveri ma volle concludere con parole di speranza, anche in vista dell’imminente Giubileo a essa dedicato, perché, disse, “La speranza non delude. Non delude mai!”».
Sempre sul filo della memoria, il direttore della Caritas ripercorre il giorno dell’apertura della Porta Santa nel carcere di Rebibbia, il 26 dicembre scorso. Un momento particolarmente toccante: «Faceva un freddo incredibile. Lui, senza dare segni di disagio, seguì il rituale: si alzò dalla carrozzina, bussò alla porta e la aprì. All’interno salutò tutti i detenuti e il personale, uno per uno, con parole di conforto. C’era chi gli baciava le mani, chi gli lasciava un biglietto, chi gli sussurrava qualcosa all’orecchio, chi appoggiava la testa sulla sua spalla, piangendo. Quando uscì, fece il giro del posto con la “papamobile” per salutare le oltre duecento persone che lo stavano aspettando da ore, con le coperte addosso per ripararsi dal gelo. E disse: “Ma come fate con questo freddo?!”. Lì c’è la traccia di questo Papa».