
di Mattia Ferrari
«Padre e fratello maggiore»: sono queste le parole con cui le persone migranti definiscono Papa Francesco. Egli è stato capace di raggiungere con il suo amore paterno e fraterno, segno dell’amore di Gesù, anche i migranti che si trovavano nei lager libici, prigionieri delle milizie e vittime dell’ingiustizia globale, dei respingimenti e dell’indifferenza. Proprio lì, in quel grande buco nero dove la nostra umanità è collassata, è arrivata la luce dell’amore portata da Papa Francesco.
Il 2 ottobre del 2021 in Libia per la prima volta le persone migranti si sono riunite in un movimento sociale, Refugees in Libya, si sono organizzate e hanno iniziato ad elevare la loro voce. Ci hanno contattati, chiedendoci di aiutarle a far risuonare la loro voce e a farle riconoscere nella loro dignità di persone e di nostri fratelli e sorelle. Mediterranea Saving Humans e altre associazioni hanno così iniziato a provare a far risuonare quel grido. In Europa era però stato costruito un muro del silenzio per coprire le loro voci e i nostri tentativi di romperlo cadevano nel vuoto. Giorno dopo giorno si faceva quindi sempre più strada la rassegnazione, il timore che fosse tutto inutile, che fosse impossibile superare quel muro, che non ci fosse la possibilità di cambiare le cose. Fino a quando alcuni giorni dopo, il 24 ottobre 2021, Papa Francesco, dopo la preghiera dell’Angelus, ha pronunciato queste parole: «Esprimo la mia vicinanza alle migliaia di migranti, rifugiati e altri bisognosi di protezione in Libia: non vi dimentico mai; sento le vostre grida e prego per voi. Tanti di questi uomini, donne e bambini sono sottoposti a una violenza disumana. Ancora una volta chiedo alla comunità internazionale di mantenere le promesse di cercare soluzioni comuni, concrete e durevoli per la gestione dei flussi migratori in Libia e in tutto il Mediterraneo. E quanto soffrono coloro che sono respinti! Ci sono dei veri lager lì. Occorre porre fine al ritorno dei migranti in Paesi non sicuri e dare priorità al soccorso di vite umane in mare con dispositivi di salvataggio e di sbarco prevedibile, garantire loro condizioni di vita degne, alternative alla detenzione, percorsi regolari di migrazione e accesso alle procedure di asilo. Sentiamoci tutti responsabili di questi nostri fratelli e sorelle, che da troppi anni sono vittime di questa gravissima situazione. Preghiamo insieme per loro in silenzio».
Papa Francesco si è rivolto direttamente a loro, alle persone migranti in Libia: le ha riconosciute nella loro dignità e ha invitato il mondo intero a riconoscerle come fratelli e sorelle. Quando hanno visto il video, le persone migranti in Libia si sono commosse. Uno di loro ha commentato: «In quel momento ho capito che Dio non ci ha abbandonato». Papa Francesco è stato un discepolo di Gesù che guidato dallo Spirito Santo ha illuminato il mondo con la luce del Vangelo e ha fatto riscoprire a tutti noi che possiamo diventare veramente fratelli e sorelle, se amiamo veramente. Papa Francesco non ha solo predicato l’amore e la fraternità: li ha praticati, ha dato ad essi carne. Con i suoi gesti, con i suoi abbracci, con le sue carezze sulle ferite delle persone, con le sue relazioni, Papa Francesco ha insegnato ad amare.
Certo, in un mondo dominato da ingiustizie e violenze e in cui crescono individualismo e sofferenza, l’amore e la fraternità diventano scomodi, quasi sovversivi. Papa Francesco era scomodo per tutti, innanzitutto per noi. Siamo esseri umani, siamo peccatori: la tentazione dell’individualismo e dell’indifferenza entra anche nei nostri cuori. Tante volte io personalmente ho avuto la tentazione di fermarmi, di arrendermi. Quando vedi persone che subiscono sofferenze e ingiustizie di dimensioni così grandi, mentre tanti restano indifferenti e altri ancora magari cercano addirittura di ostacolarti, allora la tentazione di arrenderti inizia a insinuarsi e cominci a pensare che forse voltarsi dall’altra parte sia meglio. Nei momenti di maggiore difficoltà, bastava parlare con lui, condividere con lui i nomi, i volti, le storie di chi ci chiedeva aiuto per capire che arrendersi era una tentazione e che dovevamo invece andare avanti. Ti trasmetteva una forza soave che ti ricaricava e ti faceva capire che bisognava andare avanti, che bisognava amare così, come faceva lui. Lui ci trasmetteva l’amore e ci insegnava ad amare, dandocene l’esempio in prima persona.
In definitiva, Papa Francesco ci ha insegnato ad amare, ad amare come Gesù ama. Che significa amare veramente, visceralmente, e mettere questo amore al centro. Saremo capaci di continuare il suo insegnamento se ameremo così.
In questi giorni una persona migrante che si trova abbandonata in Libia mi ha chiesto: «Chi ci amerà ora?». Nella nostra missione noi non siamo stati accompagnati solo da Papa Francesco, ma da innumerevoli vescovi, preti, religiosi e religiose, comunità cristiane. Per questo alle persone scartate e oppresse siamo sicuri che Papa Francesco dal Cielo risponde: «Vi amerà la Chiesa».