
Una questione di sfumature! Gesù domanda a Pietro: «mi ami?» e Pietro risponde: «tu lo sai che ti voglio bene». Quando un innamorato si sente rispondere così, comincia a dubitare della persona amata.
Voler bene e amare sono entrambi sentimenti meravigliosi, ma diversi. Molte volte finiamo di confondere il voler bene con l’amore. Saint-Ehupéry nel Piccolo principe ci fa capire la distinzione. «“Ti amo”, disse il Piccolo Principe. “Anch’io ti voglio bene” rispose la rosa. “Ma non è la stessa cosa” rispose lui. “Voler bene significa rendere nostro ciò che non ci appartiene, desiderare qualcosa per completarci, perché sentiamo che ci manca qualcosa. Amare, invece, significa desiderare il meglio dell’altro. Amare è permettere all’altro di essere felice. Per questo, l’amore non può mai essere fonte di sofferenza. Il vero amore non fa soffrire. Possiamo amare qualcuno solo quando lo conosciamo davvero. E per ricambiare questo amore, bisogna aprire il cuore e lasciarsi amare”. “Adesso ho capito” rispose la rosa. “Ma il meglio è viverlo” consigliò il Piccolo Principe».
Se oggi Cristo domanda a me, a ciascuno di noi: «mi ami?», cosa rispondo? Ti voglio bene, o ti amo? Noi siamo oggetto da parte di Dio di un amore immenso, totale. Come rispondiamo?
Per tre volte Pietro aveva rinnegato Gesù. E per tre volte Gesù gli richiede una dichiarazione d’amore. A nessuno di noi Cristo presenta il conto dei rinnegamenti e dei tradimenti. Ma ci chiede un impegno serio. Un amore sincero.
La vita cristiana diventa una povera cosa se non brucia d’amore per Dio. Vuoi essere amato da Dio? Allora amalo! E dimostraglielo! Essere cristiano autentico non consiste nel non aver mai tradito, ma nel rinnovare la propria passione per Cristo adesso, oggi: «Certo, Signore, tu lo sai che ti amo!».
Domenica 4 maggio
III del Tempo di Pasqua
Prima lettura: At 5, 27-32. 40-41;
Salmo: 29;
Seconda lettura: Ap 5, 11-14;
Vangelo: Gv 21, 1-19.
I seduttori e i maestri
Leggo nelle cronache: «Ascolti record per “Don Matteo”, l’ultima puntata ha totalizzato oltre sei milioni di spettatori». Il fascino della tonaca? Sbanca sullo schermo.
Ma leggo ancora che la realtà è diversa: il declino della Chiesa. Emorragia di preti: in Italia sono meno di 110.000 e sempre più anziani. Stesso trend per i seminaristi, per i religiosi e per le suore.
Cosa pensare? Che nessuno ascolta più la voce del Pastore? Eppure, lui ha detto: «le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono, e io dò loro la vita eterna» (Vangelo).
Che succede? Forse oggi ci sono tante voci, che disorientano.
Qualcuno ha detto: «I seduttori sono quelli che promettono vita facile, piaceri facili; e i maestri veri sono quelli che donano ali e fecondità alla tua vita» (Ermes Ronchi).
Forse oggi si è tentati di seguire più i seduttori che i maestri . Ma aveva ragione Paolo vi quando affermava: «L’uomo moderno ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni».
Vedete: il mondo, mai come oggi, ha bisogno non di belle teorie ma di testimoni, di esperienze esemplari. Ed è questo che dobbiamo chiedere nella preghiera. La Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni ci ricorda questo dovere, e questa urgenza per la vita della Chiesa.
In una società sempre più disorientata, c’è bisogno di sante vocazioni, di uomini e donne che parlino dalla pienezza del cuore; innamorati di Cristo. L’uomo di oggi non si accontenta più di formule (solo Cristo ha parole di vita eterna!), di luoghi comuni; è molto più esigente, cerca risposte vere e profonde alle domande che sente urgere dentro. E questa sete di verità e di bellezza non può venire soddisfatta da vite mediocri.
Ha bisogno di testimonianze esemplari e affascinanti! Non è la quantità di sacerdoti, ma è la qualità a fare la differenza! Chiediamo con insistenza a Dio con la preghiera questa grande grazia. Ma meritiamola con una vita più aderente al Vangelo. Tutti!
Domenica 11 maggio
IV del Tempo di Pasqua
Prima lettura: At 13, 14. 43-52;
Salmo: 99;
Seconda lettura: Ap 7, 9. 14-17;
Vangelo: Gv 10, 27-30.