· Città del Vaticano ·

In tutto il mondo la Chiesa stretta nel ricordo
e nella preghiera

A woman offers a candle after the death of Pope Francis announced by the Vatican, at the Manila ...
22 aprile 2025

di Giada Aquilino

In un momento doloroso e di grande sofferenza tutte le Chiese del mondo si sono raccolte in preghiera per la scomparsa dell’«amato» Papa Francesco, con i fedeli riuniti nelle parrocchie — mentre a lungo risuonavano le campane in segno di lutto e si tenevano affollate messe in suffragio — o in meditazioni personali, quasi in una ideale risposta a quella richiesta incessante del Pontefice: «Non dimenticate di pregare per me». È accaduto da Londra a Juba, da Buenos Aires a Manila, da Madrid a Bologna: qui a presiedere la celebrazione ieri pomeriggio in cattedrale è stato il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei).

I primi omaggi dei cardinali


A nome dei vescovi italiani, già in mattinata il cardinale Zuppi aveva affidato «all’abbraccio del Signore» Jorge Mario Bergoglio, nella certezza — aveva dichiarato — «che “tutto si rivela nella misericordia; tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”», richiamando quanto scritto dal Pontefice nella Lettera apostolica Misericordia et misera del 2016. «Ringraziamo Dio per il dono di Papa Francesco, per il suo servizio instancabile in questi anni e per la sua testimonianza, fino all’ultimo, di fede e speranza», aveva aggiunto. Quindi il pensiero era andato ai gesti e alle parole del Santo Padre che ci hanno aiutato «a camminare, ad uscire, ad andare nelle periferie, anche esistenziali, ad incontrare tutte le persone ricordando che siamo Fratelli Tutti», come testimoniato nell’omonima Lettera enciclica del 2020. Nel ringraziare «per il suo servizio», per il suo darsi «fino alla fine», per la testimonianza di «fragilità» anche nella domenica di Pasqua «in mezzo alla folla come a salutare», il cardinale Zuppi aveva esortato i fedeli ad accompagnare «con tanta partecipazione» questo «padre che ha aiutato tutti». Appello reiterato alla messa di suffragio, con migliaia di persone presenti: un invito a portarlo «nel cuore» e a imparare «da lui a donarci» in mezzo a «tanta sofferenza». Col porporato, la Cei si è soffermata inoltre sul ruolo di «padre» di Francesco, nell’indicare — si legge in un messaggio di oggi — «la via dell’ascolto e della prossimità, incoraggiando a uscire dalle logiche del consenso, dell’abitudine, dalla tentazione dello scoraggiamento o del potere che limita lo sguardo all’io senza aprirlo al noi».

I media vaticani in queste ore stanno raccogliendo le prime dichiarazioni dei cardinali, da cui emerge come Francesco abbia «spiegato ai potenti della terra e agli ultimi, ai poveri, alle persone scartate, che il volto di Dio è innanzi tutto misericordia e questo volto è in grado di cambiare il nostro cuore, può addirittura cambiare il corso della storia», come ha evidenziato il cardinale Roberto Repole, arcivescovo di Torino. Dal cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, è arrivato un «grazie» che sa di commozione per il Papa che si è consumato «fino alla fine». Il cardinale Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, ha voluto rimarcare come Francesco ci abbia «insegnato che la Chiesa non è una fortezza, ma un ospedale da campo». Il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Luxembourg e relatore generale del Sinodo, ha messo in risalto proprio la sinodalità come eredità del Pontefice. «È un testamento: ci dice — ha spiegato — di continuare sulla via sinodale affinché la Chiesa sia viva e missionaria, in un’epoca di cambiamento».

Il cardinale Giorgio Marengo, prefetto apostolico di Ulaanbaatar, ha richiamato alla mente il viaggio del Papa in Mongolia, nel settembre del 2023, quando — ha affermato — «aveva fatto breccia nei cuori» della gente di quella terra. Un altro viaggio, quello del marzo 2021, è stato evocato invece dal cardinale Louis Raphaël Sako, Patriarca di Babilonia dei Caldei, letto «come una Risurrezione» per il Paese sconvolto da anni di guerre e instabilità. In tale contesto il porporato ha inquadrato l’impegno di Francesco «per servire la pace e la convivenza fra gli uomini».

Le Conferenze episcopali in Europa


La Conferenza episcopale tedesca ha ricordato Francesco come «coraggioso innovatore», con le parole del suo presidente, monsignor Georg Bätzing, vescovo di Limburg. «Aveva a cuore la missione di stare fra la gente e di andare ai margini della società», si legge in una nota in cui il presule ha evidenziato che «il cammino iniziato verso una chiesa sinodale è e resta, con le conferenze sinodali mondiali del 2023 e del 2024, irreversibile». La Conferenza episcopale spagnola si è ritrovata in preghiera per il «riposo eterno» di Papa Francesco, unendosi a tutto il Popolo di Dio, «con la speranza nella Risurrezione» ed esprimendo «gratitudine per la sua vita messa al servizio della Chiesa».

I vescovi di Francia hanno messo in luce la «voce di coscienza per l’umanità». Di Francesco, hanno menzionato in particolare l’«instancabile opera per una Chiesa più sinodale, in cammino verso le periferie, liberata dal clericalismo e portatrice della gioia del Vangelo». Con forza, hanno aggiunto, «ha chiamato l’umanità a credere nella fraternità, nel dialogo interreligioso, nell’attenzione agli ultimi».

Il cardinale Vincent Nichols, presidente della Conferenza episcopale cattolica di Inghilterra e Galles e arcivescovo di Westminster, ha richiamato la voce di Papa Francesco «che proclamava l’innata dignità di ogni essere umano, specialmente di chi è povero o emarginato»: ora ciò che lascia, ha scritto il porporato, «è un’eredità che dobbiamo cercare di portare avanti e rafforzare».

Il pontificato di Francesco «è stato un dono profondo per la Chiesa e il mondo», ha dichiarato monsignor Eamon Martin, arcivescovo di Armagh e presidente dei vescovi irlandesi, ricordando il viaggio del Papa del 2018, per l’Incontro mondiale delle famiglie a Dublino. In quell’occasione, ha sottolineato tra l’altro, Bergoglio si soffermò ad «ascoltare e rispondere alle storie sentite e dolorose delle vittime di abusi».

Il presidente dei vescovi olandesi e vescovo di Rotterdam, Johannes Harmannes Jozefus van den Hende, ha dichiarato come Papa Francesco abbia «dimostrato grande amore e cura per i poveri e i rifugiati nel mondo di oggi», viaggiando egli stesso «come pellegrino della speranza» e attribuendo «grande importanza al dialogo all’interno e all’esterno della Chiesa». I vescovi del Belgio, nella loro nota, hanno voluto guardare a un pontificato «segnato dalla semplicità, dalla vicinanza ai poveri e da un forte appello alla misericordia e alla giustizia sociale».

I presuli polacchi hanno messo in risalto quelle opere e iniziative di Francesco che «hanno contribuito a mettere in moto dei meccanismi interni alla Chiesa i quali, anche nel prossimo futuro, porteranno risultati e frutti». I vescovi di Ungheria hanno richiamato l’«esempio di amore, soprattutto verso i poveri, gli oppressi e i bisognosi» da parte del Papa, così come pure hanno fatto le Chiese di Austria, Malta, Lituania, Monaco.

Monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece), ha voluto ricordare come il Santo Padre abbia «guidato instancabilmente la Chiesa con coraggio e forza in anni segnati da molteplici crisi in tutto il mondo». Papa Francesco «è stato davvero uno dei grandi testimoni del nostro tempo, amato e rispettato anche dai non credenti, e la cui prima preoccupazione è sempre stata rivolta ai membri più fragili della Creazione di Dio». Il presule ha ringraziato Francesco anche per il suo essere stato sempre «al fianco delle vittime di abusi sessuali all’interno della Chiesa», oltre che per l’impegno a favore dell’ecologia, della sostenibilità, della fratellanza. Dal suo esempio un invito ad «avvicinarci gli uni agli altri», abbandonando «la guerra come mezzo per risolvere i conflitti» e abbracciando «l’ascolto, il dialogo e la diplomazia». Dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), attraverso il presidente, l’arcivescovo Gintaras Grušas, è arrivata un’immagine di un Papa «venuto dalla fine del mondo» e al contempo «europeo», di cui si è sentita «la profonda vicinanza durante i suoi viaggi in Europa e anche nei suoi numerosi appelli per la fine della guerra che è scoppiata nel cuore» del continente, in Ucraina.

Le Americhe


Dalla «sua» Argentina, la locale Conferenza episcopale ha voluto mettere in luce di Papa Bergoglio la capacità di «guidare la Chiesa universale con umiltà, fermezza evangelica e amore incondizionato per i poveri, gli scartati e i sofferenti». Il cardinale Luis Gerardo Cabrera Herrera, arcivescovo di Guayaquil e presidente della Conferenza episcopale dell’Ecuador, ha voluto rimarcare l’impegno di Francesco ad annunciare il Signore «senza alcun risparmio», definendolo poi in un messaggio a nome dei vescovi il Papa «della speranza» come pure «della pastorale dell’incontro».

Sulla stessa linea il messaggio dei vescovi del Messico, che del papato hanno colto un «richiamo alla fraternità, alla cura del creato e alla costruzione di una Chiesa in uscita, vicina alla sofferenza umana e fiduciosa nell’amore divino». La Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile ha messo in risalto la capacità del Papa di mostrare «che la vera grandezza della Chiesa sta nella sua capacità di incontrare le ferite dell’umanità». I vescovi colombiani hanno condiviso l’eredità di un Francesco «profeta della speranza», rivivendo la crucialità della visita apostolica del settembre 2017 e gli appelli alla pace e alla riconciliazione.

I presuli cileni non dimenticano come Francesco abbia insegnato «che la misericordia non è un’idea astratta, ma il volto concreto del Vangelo». La Conferenza episcopale peruviana ha messo in luce la preoccupazione del Pontefice «per i più umili, innocenti e vulnerabili», mentre i presuli della Bolivia del Papa hanno ricordato il messaggio di misericordia, «che ha toccato il cuore» in profondità.

La Conferenza dei vescovi cattolici di Cuba ha voluto contraddistinguere l’eredità dei 12 anni di pontificato in «misericordia, dialogo e speranza» che continueranno a «ispirare le generazioni presenti e future». Da Haiti, sulla cui crisi d’insicurezza il Papa si è soffermato più volte nel corso del tempo pregando sentitamente per la pace, i presuli hanno ricordato un impegno che ha «rinnovato profondamente l’annuncio del Vangelo». I vescovi dominicani hanno fatto sapere di trarre dall’esempio di Francesco una spinta a «continuare a lavorare per una Chiesa in uscita».

Bergoglio sarà ricordato per l’attenzione «verso i più emarginati della Chiesa e della società»: se ne è detto convinto anche monsignor Timothy Broglio, presidente della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. In un messaggio, ha sottolineato come il Pontefice abbia «rinnovato la missione di portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra e offrire a tutti la misericordia divina», difendendo la dignità della persona umana «dal concepimento alla morte naturale» e sostenendo i vescovi statunitensi in particolare «nella risposta al volto di Cristo nel migrante, nel povero e nel bambino non nato».

La sollecitazione di Francesco a essere «missionari della fede, della speranza e dell’amore» è tornata pure nel ricordo di monsignor William Terrence McGrattan, vescovo di Calgary e presidente della Conferenza episcopale canadese.

L’Asia


«È stato un pastore che ha camminato con il popolo, scegliendo spesso la strada polverosa verso le periferie piuttosto che la comodità del centro», ha scritto in una nota il cardinale Pablo Virgilio David, vescovo di Kalookan e presidente della Conferenza episcopale filippina. In un messaggio del suo presidente, il vescovo di Suwon, monsignor Matthias Ri Iong-hoon, la Conferenza episcopale della Corea ha riportato alla mente il viaggio apostolico del 2014 nella Repubblica di Corea. Francesco sottolineò «che la Chiesa cattolica coreana ha la responsabilità di svolgere il ruolo di custode della speranza e della pace nella penisola coreana, divisa tra il Nord e il Sud», come pure nel mondo.

L’Oceania


«Semplice, umile e compassionevole»: è l’immagine di Francesco evocata da monsignor Timothy John Costelloe, arcivescovo di Perth e presidente della Conferenza episcopale australiana. La sua visione della Chiesa come «un ospedale da campo» ha rappresentato, ha proseguito Costelloe, «un invito alla riforma pastorale e al ritorno a Cristo come centro dell’annuncio e della vita ecclesiale».

L’Africa


Le esortazioni di Francesco a fermare il fragore delle armi, a perseguire sulla via della pace e a infondere speranza, ribadite anche poco prima della morte, sono quelle che il Simposio delle Conferenze episcopali di Africa e Madagascar ha voluto porre in risalto in queste ore. La sua presenza nel Continente, ha scritto, ha portato «speranza e amore a innumerevoli persone», riaffermando «l’impegno della Chiesa ad essere una famiglia». Il presidente dell’organismo, il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa, ha sollecitato a percorrere la strada indicata dal Papa «nel nome del Vangelo e dell’amore reciproco, affinché tutti gli africani possano vivere con dignità». Da parte loro, i vescovi della Nigeria in modo speciale hanno riconosciuto l’impegno del Papa come «difensore dei migranti e dei rifugiati» e promotore della «comprensione reciproca tra persone di fedi diverse».