· Città del Vaticano ·

La messa del cardinale vicario Reina nella cattedrale di San Giovanni in Laterano

«Il nostro vescovo un dono e un segno luminoso del Vangelo»

 «Il nostro vescovo un dono  e un segno luminoso del Vangelo»  QUO-092
22 aprile 2025

di Beatrice Guarrera

«In questa Santa Eucaristia, in cui celebriamo la vittoria di Cristo sulla morte, ricordiamo con commozione e gratitudine il nostro vescovo, il Papa Francesco. Rendiamo grazie a Dio per avercelo donato come segno luminoso del Vangelo». Con queste parole, il cardinale vicario Baldassare Reina, dalla basilica di San Giovanni in Laterano ha introdotto la celebrazione eucaristica in suffragio di Francesco, presieduta ieri sera, 21 aprile, nella cattedrale di Roma gremita di numerosissimi fedeli.

«Il suo amore per la Chiesa, la sua attenzione agli ultimi, il suo coraggio profetico e il suo instancabile annuncio della tenerezza di Dio — ha detto Reina con voce commossa — rimangano impressi nel cuore del popolo cristiano. Affidiamo la sua anima alla misericordia del Padre perché lo accolga nella pace e nella gioia del Regno eterno».

La preghiera per l’anima del compianto Pontefice si è levata forte e potente. Una preghiera fatta di volti, mani e voci dei romani di nascita e di adozione, dei sacerdoti e delle religiose provenienti da tutto il mondo per motivi di studio nelle diverse università pontificie o per il servizio nelle parrocchie o nelle tante istituzioni di carità del territorio. Presenti anche le autorità civili, tra cui il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri.

«La nostra diocesi questa sera versa le lacrime di Maria di Magdala — ha detto il porporato nell’omelia —. L’amica di Gesù che era uscita quando era ancora buio per andare alla tomba di Gesù, cercando lì, in quell’ultimo contatto col suo corpo morto, il conforto della perdita. Tanto amore, lacrime e buio. Sì, la fede pasquale è così: entra nel buio, mentre è ancora buio, raccoglie le lacrime, comprende amando».

Allo stesso modo la domanda posta alla donna viene rivolta alla diocesi di Roma: perché piangi? «Piangiamo il nostro vescovo — ha continuato Reina —, il testimone del Vangelo, l’apostolo della misericordia, il profeta di pace, l’amico dei poveri. Ci sentiamo sospesi, come pecore senza pastore».

Il dolore è tanto che le persone si sentono come Maria di Magdala: «Siamo smarriti senza il suo corpo, la sua voce, i suoi gesti. Siamo stati il suo popolo, la sua diocesi».

In questo tempo di sofferenza occorre però tenere bene a mente il messaggio lasciato dal Pontefice e la sua chiamata a seguire il Signore nella fedeltà al Vangelo. «Ci ha dato l’esempio sconvolgendo linguaggio e stile», ha spiegato il porporato. Papa Francesco è stato un modello anche nelle sue richieste di farsi prossimi ai lontani: «Ci ha chiesto di uscire, di non aspettare la gente, ma di andare a cercarla — ha continuato Reina — soprattutto coloro che non si attendono di essere considerati, desiderati, cercati, e di andare nelle periferie geografiche ed esistenziali. Ci ha fatto capire che la Parola chiede la nostra carne, e che la missione si fa impastando cuore e Vangelo».

La sua richiesta è stata quella di «trasformare la Chiesa in ospedale da campo». «Ho nel cuore — ha aggiunto il porporato — la forza della sua insistenza nel ripetere “sempre, sempre, sempre”… per indicare che il perdono è un dono che sconfina».

«È stato un Papa che non ha cambiato strada quando si trattava di sporcarsi di fango», ha osservato ancora Reina, ricordando che «poveri e migranti sono stati per lui il sacramento di Gesù nel mondo governato dalla globalizzazione dell’indifferenza».

«Il mondo avverte il silenzio della sua voce proprio mentre la sua parola era rimasta l’unica capace di non arrendersi al fallimento della ricerca di pace». Pace è invece «la parola del Risorto», che vince la morte di ogni speranza. «Così anche noi nel giardino della sepoltura di Gesù, vedendo la pietra rimossa, chiediamo di alleggerire il peso che grava sul nostro cuore», ha detto il cardinale.

«Abbiamo appena celebrato la Pasqua — ha proseguito — e siamo stati raggiunti dalla morte del nostro vescovo, Papa Francesco. A noi viene chiesto di non trattenerlo, come a Maria di Magdala. Di non rimanere dentro la sua morte, ma di lasciarlo andare nel suo ritorno al Padre. La promessa di essere resi partecipi della Resurrezione di Cristo ci sostiene nella fede, ci permette di sperare, ci consola nel dolore».

La basilica tutta, tra commozione e lacrime, ha innalzato una supplica speciale, durante le preghiere dei fedeli: «Dio Padre di misericordia, accogli nella Gerusalemme del cielo il tuo servo e nostro Papa Francesco: concedigli di contemplare in eterno il mistero che ha fedelmente servito sulla terra». Una preghiera che tutti i presenti hanno fatto propria.

«Ci dispiace molto per la morte del Papa, non è stata improvvisa. Si conosceva la sua situazione, ma abbiamo sperato che avrebbe potuto andare un po’ più avanti», hanno detto due coniugi romani. Anche una giovane studentessa del conservatorio, proveniente dal Giappone, ha espresso il proprio rammarico: «Sono rimasta molto sorpresa, ho pregato molto per lui». Paola, una signora romana, ha raccontato di aver percorso a piedi la strada dal quartiere di Casal Bertone fino a San Giovanni per partecipare alla messa: «La notizia della sua morte mi ha sconvolto. Gli volevo tanto bene. È stato un grande Papa, una persona profonda che era per i poveri».

Tra i presenti anche alcuni pellegrini che erano a Roma in occasione del Giubileo, come un gruppo di suore indiane raccolte in preghiera. «Se ne è andato il nostro Papa — ha concluso un giovane romano —. Lui ci lascia, ma i suoi insegnamenti continuano a restare tra noi».