· Città del Vaticano ·

L’omelia preparata dal Pontefice per la Veglia di Pasqua in basilica Vaticana

Fare spazio alla luce
del Risorto per diventare costruttori di speranza
per il mondo

 Fare spazio alla luce del Risorto  per diventare costruttori di speranza per il mondo  QUO-091
21 aprile 2025

«Non perdiamoci d’animo quando sentiamo
il peso della morte dentro il cuore» 


Pubblichiamo di seguito l’omelia preparata da Papa Francesco per la Veglia di Pasqua, pronunciata dal cardinale Re nella basilica Vaticana la sera del Sabato santo, 19 aprile.

È notte quando il cero pasquale avanza lentamente fino all’altare. È notte quando il canto dell’Inno apre i nostri cuori all’esultanza, perché la terrà è «inondata di così grande splendore: la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo» (Preconio pasquale). Sul finire della notte avvengono i fatti narrati nel Vangelo appena proclamato (cfr. Lc 24, 1-12): la luce divina della Risurrezione si accende e la Pasqua del Signore accade quando il sole sta ancora per spuntare; ai primi chiarori dell’alba si vede che la grande pietra, posta sul sepolcro di Gesù, è stata ribaltata e alcune donne arrivano in quel luogo portando il velo del lutto. Il buio avvolge lo sconcerto e la paura dei discepoli. Tutto succede nella notte.

Così, la Veglia pasquale ci ricorda che la luce della Risurrezione rischiara il cammino passo dopo passo, irrompe nelle tenebre della storia senza clamore, rifulge nel nostro cuore in modo discreto. E ad essa corrisponde una fede umile, priva di ogni trionfalismo. La Pasqua del Signore non è un evento spettacolare con cui Dio afferma sé stesso e obbliga a credere in Lui; non è una mèta che Gesù raggiunge per una via facile, aggirando il Calvario; e nemmeno noi possiamo viverla in modo disinvolto e senza esitazione interiore. Al contrario, la Risurrezione è simile a piccoli germogli di luce che si fanno strada a poco a poco, senza fare rumore, talvolta ancora minacciati dalla notte e dall’incredulità.

Questo “stile” di Dio ci libera da una religiosità astratta, illusa dal pensare che la risurrezione del Signore risolva tutto in maniera magica. Tutt’altro: non possiamo celebrare la Pasqua senza continuare a fare i conti con le notti che portiamo nel cuore e con le ombre di morte che spesso si addensano sul mondo. Cristo ha vinto il peccato e ha distrutto la morte ma, nella nostra storia terrena, la potenza della sua Risurrezione si sta ancora compiendo. E questo compimento, come un piccolo germoglio di luce, è affidato a noi, perché lo custodiamo e lo facciamo crescere.

Fratelli e sorelle, questa è la chiamata che, soprattutto nell’anno giubilare, dobbiamo sentire forte dentro di noi: facciamo germogliare la speranza della Pasqua nella nostra vita e nel mondo!

Quando sentiamo ancora il peso della morte dentro il nostro cuore, quando vediamo le ombre del male continuare la loro marcia rumorosa sul mondo, quando sentiamo bruciare nella nostra carne e nella nostra società le ferite dell’egoismo o della violenza, non perdiamoci d’animo, ritorniamo all’annuncio di questa notte: la luce lentamente risplende anche se siamo nelle tenebre; la speranza di una vita nuova e di un mondo finalmente liberato ci attende; un nuovo inizio può sorprenderci benché a volte ci sembri impossibile, perché Cristo ha vinto la morte.

Questo annuncio, che allarga il cuore, ci riempie di speranza. In Gesù Risorto abbiamo infatti la certezza che la nostra storia personale e il cammino dell’umanità, pur immersi ancora in una notte dove le luci appaiono fioche, sono nelle mani di Dio; e Lui, nel suo grande amore, non ci lascerà vacillare e non permetterà che il male abbia l’ultima parola. Allo stesso tempo, questa speranza, già compiuta in Cristo, per noi rimane anche una mèta da raggiungere: a noi è stata affidata perché ne diventiamo testimoni credibili e perché il Regno di Dio si faccia strada nel cuore delle donne e degli uomini di oggi.

Come ci ricorda Sant’Agostino, «la resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo segna la nuova vita di quanti credono in Lui; e questo mistero della sua morte e resurrezione voi dovete conoscerlo in profondità e riprodurlo nella vostra vita» (Discorso 231, 2). Riprodurre la Pasqua nella nostra vita e diventare messaggeri di speranza, costruttori di speranza mentre tanti venti di morte soffiano ancora su di noi.

Possiamo farlo con le nostre parole, con i nostri piccoli gesti quotidiani, con le nostre scelte ispirate al Vangelo. Tutta la nostra vita può essere presenza di speranza. Vogliamo esserlo per coloro ai quali manca la fede nel Signore, per chi ha smarrito la strada, per quelli che si sono arresi o hanno la schiena curva sotto i pesi della vita; per chi è solo o si è chiuso nel proprio dolore; per tutti i poveri e gli oppressi della Terra; per le donne umiliate e uccise; per i bambini mai nati e per quelli maltrattati; per le vittime della guerra. A ciascuno e a tutti portiamo la speranza della Pasqua!

Mi piace ricordare una mistica del duecento, Hadewijch di Anversa, che ispirandosi al Cantico dei Cantici e descrivendo la sofferenza per la mancanza dell’amato, invoca il ritorno dell’amore perché — dice — «ci sia alla mia tenebra una svolta» (Hadewijch, Poesie Visioni Lettere, Genova 2000, 23).

Il Cristo risorto è la svolta definitiva della storia umana. Lui è la speranza che non tramonta. Lui è l’amore che ci accompagna e ci sostiene. Lui è il futuro della storia, la destinazione ultima verso cui camminiamo, per essere accolti in quella nuova vita in cui il Signore stesso asciugherà ogni nostra lacrima «e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Ap 21, 4). E questa speranza della Pasqua, questa “svolta nelle tenebre”, dobbiamo annunciarla a tutti.

Sorelle, fratelli, il tempo di Pasqua è stagione di speranza. «C’è ancora paura, ancora c’è una dolorosa coscienza di peccato, ma c’è anche una luce che irrompe. […] Pasqua porta la buona notizia che, sebbene le cose sembrino andare peggio nel mondo, il male è già stato vinto. Pasqua ci permette di affermare che, sebbene Dio sembri molto lontano e noi rimaniamo assorbiti da tante piccole realtà, il nostro Signore cammina sulla strada con noi. […] Vi sono molti raggi di speranza che gettano luce sul cammino della nostra vita» (H. Nouwen, Preghiere dal silenzio. Il sentiero della speranza, Brescia 2000, 55-56).

Facciamo spazio alla luce del Risorto! E diventeremo costruttori di speranza per il mondo.


Quella visita a sorpresa


Sabato 19 aprile, un paio d’ore prima della Veglia Pasquale nella Notte Santa, Papa Francesco si era recato nella basilica Vaticana per un tempo di preghiera e per essere vicino ai fedeli che vi avrebbero partecipato.  A presiedere il rito, nel medesimo luogo, il Pontefice aveva delegato il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio. Hanno concelebrato 34 porporati — tra i quali Leonardo Sandri, vicedecano e Francis Arinze, dell’ordine dei vescovi, saliti all’altare al momento della preghiera eucaristica —, 24 vescovi e 260 sacerdoti. La Veglia, partecipata da cinquemila persone comprese quelle presenti in piazza, si è aperta con il rito del “Lucernario”, cominciato nell’atrio della basilica con la benedizione del fuoco, che ha preparato la processione verso l’altare della Confessione, il canto in latino dell’Esultanza, il canto del preconio. Il cero pasquale sul quale sono state incise una croce, l’Alfa e l’Omega, le cifre dell’anno giubilare 2025 e su cui sono stati infilati cinque grani di incenso, ha contagiato di chiarore l’intero spazio sacro. Immersi in una solennità silenziosa, dapprima nel buio totale, ciascun fedele ha attinto una fiammella attraverso le candele dei vicini. Così lo sguardo si è ampliato, mentre progressivamente è avanzata la luce che tutto adorna. La Liturgia della Parola ha ripercorso la storia della salvezza, dall’evangelista Luca (24, 1-12) si è rivissuta la scena della pietra rimossa dal sepolcro. Tre catecumeni, due italiani e una donna albanese, hanno ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Tra le intenzioni della preghiera universale, il pensiero ai governanti perché siano ispirati nella «ricerca della vera pace» e alle vittime della guerra, perché siano ricolmate di speranza. Coordinata da monsignor Ľubomír Welnitz, cerimoniere pontificio, e animata dal coro della Cappella Sistina, diretto dal maestro Marcos Pavan, la Veglia Pasquale si è svolta in una basilica  finemente addobbata con il contributo dei professori di floristica del centro di biotecnologie di Naklo in Slovenia, con la collaborazione dei giardinieri vaticani. (antonella palermo)