· Città del Vaticano ·

Venti anni fa l’elezione di Benedetto XVI

L’eredità della vita
e delle opere
del Papa teologo

 L’eredità della vita e delle opere del Papa teologo  QUO-090
19 aprile 2025

Esattamente venti anni fa, il 19 aprile 2005, i 115 porporati riuniti in conclave eleggevano al pontificato il cardinale settantottenne Joseph Ratzinger. Benedetto xvi: questo il nome con cui, affacciandosi dalla Loggia della Benedizione della basilica Vaticana dopo la fumata bianca dal comignolo della Cappella Sistina, il prefetto dell’allora congregazione per la Dottrina della Fede e decano del Collegio cardinalizio si presentò al mondo. Per una significativa coincidenza l’odierno ventesimo anniversario dell’elezione del successore di san Giovanni Paolo ii e predecessore di Papa Francesco cade nel Sabato santo, proprio come lo era stato il 16 aprile 1927 quando il terzogenito dei coniugi Ratzinger nacque e venne battezzato a Marktl am Inn. «Personalmente sono sempre stato grato per il fatto che, in questo modo, la mia vita — ha lasciato scritto nella propria autobiografia — sia stata sin dall’inizio immersa nel mistero pasquale, dal momento che non poteva che essere un segno di benedizione». Nell’odierna ricorrenza anniversaria proponiamo stralci dal nono capitolo del libro Benedetto xvi L’eredità dalla vita e dalle opere (San Paolo Edizioni 2025, pp. 256, euro 20), curato dallo storico e teologo Elio Guerriero, cui il Pontefice bavarese aveva affidato la curatela della propria ultima opera Che cos’è il cristianesimo pubblicata post-mortem.

Nelle giornate convulse dell’aggravarsi della malattia di Giovanni Paolo ii, che nella quaresima del 2005 fu più volte costretto al ricovero in ospedale, [al cardinale Ratzinger] venne chiesto di scrivere le intenzioni per la Via Crucis del Venerdì santo trasmessa in mondovisione. Gli spettatori di tutto il mondo poterono allora ascoltare alla nona stazione, che ricorda la terza caduta di Gesù sotto il peso della croce, una preghiera quanto meno sorprendente: «Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero completamente appartenere a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!».

Una preghiera sorprendente


All’indomani diversi commentatori scrissero che Ratzinger aveva così rinunciato alle chance di succedere a Giovanni Paolo ii. Papa Francesco dirà, invece: «Tredici giorni prima che morisse Wojtyła, Ratzinger ha parlato della sporcizia nella Chiesa», e poi lo ha rifatto nella Missa pro eligendo romano Pontifìce. «Noi lo abbiamo eletto per questa sua libertà di dire le cose».

Una conferma indiretta che il decano del sacro collegio era decisamente intenzionato a procedere alle necessarie riforme nella curia romana e nell’intera Chiesa.

Un’elezione molto rapida


Il 2 aprile del 2005 moriva Giovanni Paolo ii. Nei giorni successivi ci fu a Roma un pellegrinaggio impressionante di fedeli accorsi per rendere l’ultimo saluto all’amato Pontefice. L’8 vennero celebrate le esequie cui assistettero circa due milioni di pellegrini giunti da ogni parte del mondo. Tra la folla: numerosi erano gli striscioni che chiedevano “santo subito”. Anche la presenza di capi di stato, primi ministri e altre autorità civili e religiose fu imponente. Intanto nella capitale italiana arrivavano anche i cardinali chiamati ad eleggere il successore del Papa polacco. Sotto la presidenza del decano, il cardinale Ratzinger, dovevano partecipare alle congregazioni generali, nelle quali si tenevano le consultazioni previe in vista dell’elezione del successore. In tutte le occasioni il cardinale tedesco dimostrò grande autorevolezza e padronanza della situazione. Quando infine i cardinali si riunirono il 17 aprile del 2005 per eleggere il successore di Giovanni Paolo ii, Ratzinger era chiaramente in testa ai sondaggi. Anche le prime votazioni di domenica sera e di lunedì confermarono i sondaggi. Al quarto scrutinio, martedì pomeriggio 19 aprile del 2005, Ratzinger veniva eletto Papa. Un’elezione molto rapida alla quale contribuirono l’indiscussa autorevolezza intellettuale e morale del personaggio, la continuità con il pontificato di Giovanni Paolo ii, la garanzia, considerata l’età, di un pontificato meno lungo di quello del predecessore.

Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore


Secondo l’annuncio del cardinale protodiacono, il cileno Jorge Medina, il nuovo Papa prese il nome di Benedetto xvi. Voleva ricordare Benedetto xv, il Papa che aveva definito la prima guerra mondiale l’«inutile strage», soprattutto aveva in mente il padre dei monaci, san Benedetto, a sottolineare un accostamento crescente all’ideale monastico di preghiera e lavoro. Dopo le sorprendenti prestazioni dei giorni precedenti, alla prima comparsa in pubblico il nuovo Papa appariva affaticato, quasi soggiogato dal grande peso che gli era stato imposto sulle fragili spalle. Le sue prime parole sembrarono confermare questa impressione: dopo il grande Pontefice Giovanni Paolo ii, i cardinali hanno eletto «un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore». La definizione incontrò subito il plauso della gente. Ma non era una definizione del momento. Rispondeva alla determinazione del nuovo Papa che voleva purificare il linguaggio papale, eliminare gli ultimi residui di richiamo al potere temporale. Di conseguenza la prima messa del pontificato non si chiamava più di intronizzazione o di inizio del pontificato, bensì d’inizio del ministero petrino, del servizio del successore di san Pietro. Nella visione di Benedetto, infatti, il papato è un servizio, una testimonianza che può diventare anche cruenta come era successo a Giovanni Paolo ii nel 1981. Testimonianza in greco si dice martirio, un servizio che passa attraverso la via della spoliazione e della croce. Era evidente, dunque, che il papa teologo voleva dare un’impronta cristologica al suo pontificato.

Egli spiegò così i due simboli del ministero petrino: il pallio e l’anello del pescatore. Il pallio è fatto con lana di agnello. Questo particolare richiama alla memoria la parabola della pecorella smarrita nella quale è raffigurato il mistero del rapporto di Cristo con la Chiesa. L’umanità intera è la pecorella smarrita. Gesù, il buon pastore, vedendola sofferente se la carica sulle spalle e la riporta alla casa di Dio. A sua imitazione anche il Papa e i vescovi sono chiamati a farsi carico dell’umanità per condurla a salvezza. L’altro segno è l’anello del pescatore che viene spiegato da Benedetto con il riferimento al brano del Vangelo di Giovanni che parla di una pesca miracolosa avvenuta dopo la resurrezione di Gesù. Confidando nel Signore, Pietro e gli altri apostoli gettano le reti e tirano su dall’acqua un numero esagerato di pesci. Il racconto evangelico continua poi con il triplice invito all’amore rivolto a Pietro da parte di Gesù. L’anello del pescatore è segno di questo amore che guida Pietro sulla strada del martirio, della croce a imitazione di Gesù. Del resto, questa visione del Papa era in linea con la situazione dei fedeli nel mondo. Come i cattolici in molte parti del mondo venivano discriminati e perseguitati, così il Papa era chiamato al servizio, alla testimonianza che conduce alla croce. La morte, tuttavia, per il cristiano non è l’ultima parola. Seguono la gioia di Pasqua e la gioia del pastore per aver aperto agli uomini la porta dell’amicizia con Dio.