La fede che supera

di Rosario Capomasi
Dal Giappone alla Nigeria, passando per la “martoriata” Ucraina: sono tante le Nazioni rappresentate dal flusso inarrestabile di pellegrini che continuano a giungere a Roma per il Giubileo. Chi viene per sciogliere un voto, chi per festeggiare un anniversario, chi per inginocchiarsi per la prima volta davanti al sepolcro di San Pietro. Ma anche chi ha trovato la forza di rinascere dalla tragedia della guerra. «Siamo scappati da una città ormai in macerie, come il nostro cuore di profughi che l’Italia ha accolto con tanto amore. Nel varcare la Porta Santa ho sentito la presenza di Gesù, un amico che non ti abbandona mai soprattutto quando stai per cedere». Oksana, 42 anni, di Lviv, tiene stretta per mano sua figlia adolescente Yuliya mentre lungo via della Conciliazione, croce al petto, racconta la fuga dal suo Paese natale bombardato pesantemente dall’aviazione russa. Giunta nell’Urbe tre anni fa insieme ad alcuni connazionali grazie alla Comunità di Sant’Egidio, la donna offre la propria testimonianza di speranza, ricordando l’accoglienza ricevuta in quei drammatici giorni. «Ho riconosciuto il volto di Cristo in tutti quelli che si sono prodigati per darci una mano quando siamo arrivati qui. Oltre a tanta umanità, ho trovato un lavoro e rafforzato la fede pensando al Calvario affrontato dal Salvatore. In Lui trovo la forza per cominciare a sorridere al futuro».
Quel futuro che ha tutto davanti a sé José Rafael, 17 anni, arrivato dal Guatemala con i suoi amici per la prima volta a Roma per «respirare la piena fede nel centro della cristianità. Nella mia terra ci sono molti problemi, ma ho il dono di credere in Dio che ha tracciato per tutti una strada personale. Oggi sono davanti alla basilica dove è sepolto san Pietro che ci invita sempre, soprattutto nell’imminenza della Settimana santa, a riflettere su quanto possiamo fare per impedire al male di diffondersi», spiega il ragazzo centramericano.
Sotto un cappellino bianco con il logo del Giubileo spunta radioso il sorriso di Kaori che da Nagasaki, in Giappone, ha voluto raggiungere la Città Eterna insieme al marito italiano Paolo. No, non è la prima volta che visita le basiliche papali, ci tiene a precisare: «Ci sono già stata in altre occasioni e ogni volta che entro in questi templi maestosi è come compiere un piccolo, personale giubileo», dice portando nel cuore il dolore di tanti suoi concittadini. Il ricordo spazia infatti dalla devastazione materiale e spirituale loro arrecata dai bombardamenti atomici nel 1945, ai kakure kirishitan (i “cristiani nascosti”) della regione di Nagasaki, che per sfuggire alle persecuzioni trasmisero segretamente la loro fede per generazioni, dal xvii al xix secolo.
Dall’Estremo Oriente all’Africa il passo è breve. Perché ascoltando Kaori parlare si sono fatti avanti Rose e Nwankwo, coniugi nigeriani che si sono regalati il “secondo viaggio della vita” per i 50 anni di matrimonio. Si autodefiniscono “coppia giubilare” spiegando subito il motivo: convolati a nozze nel 1975, l’anno del Giubileo indetto da san Paolo vi, divenuti poi genitori di 5 figli, sono stati a Roma per la prima volta nel 2000 per il Grande Giubileo con san Giovanni Paolo ii, che è coinciso con le nozze d’argento, dando appuntamento a «San Pietro per questo terzo evento religioso che ha segnato la nostra vita e ci vede festeggiare il mezzo secolo di unione».
Nel segno della famiglia anche il pellegrinaggio di Mariana che da Wrocław, in Polonia, ha raggiunto l’Urbe dopo un lungo viaggio in pullman insieme con marito, tre figli e l’arzilla mamma ultraottantenne. «Roma è un po’ la mia città d’adozione visto che ci vengo spesso e ogni volta è immancabile la tappa in San Pietro per una preghiera davanti alla tomba di Papa Wojtyła, che ha dato tanto non solo al mio Paese ma anche al mondo intero. E negli occhi del nostro Pontefice Francesco vedo riflesso lo stesso ardente desiderio di pace che aveva l’indimenticato Papa polacco».
Esausti ma soddisfatti del loro “cammino di speranza” Franz, la moglie Inge e la piccola Dorothea, tedeschi di Lippstadt, che hanno riempito le loro due giornate romane visitando le quattro basiliche con la Porta Santa per sciogliere un voto. «Cinque anni fa ho avuto un brutto male che con cure appropriate sono riuscito a sconfiggere. Ma sento che più di tutto ha fatto la preghiera e con mia moglie ci eravamo ripromessi che se fosse andato tutto bene saremmo venuti per il Giubileo a ringraziare l’Onnipotente».