Il caos di Haiti

di Valerio Palombaro
Il caos e la miseria in cui versa oggi Haiti possono essere meglio compresi attraverso la lente d’ingrandimento della storia. Esattamente 200 anni fa, il 17 aprile 1825, la Francia riconobbe l’indipendenza del Paese caraibico in cambio di un maxi indennizzo da 150 milioni di franchi d’oro. Un peso esorbitante per la neonata nazione, tanto ricca di risorse naturali quanto fragile, che ha contribuito all’attuale disastro economico che vede Haiti essere di gran lunga il Paese più povero del continente americano con due terzi dei 12 milioni di abitanti sotto la soglia di povertà.
Parigi costrinse l’ex colonia, che si era affrancata nel 1804 decimando le armate napoleoniche, ad entrare in una spirale di indebitamento sotto la minaccia di una nuova invasione. La storiografia definisce il meccanismo finanziario a cui è stata sottoposta Haiti come “doppio debito”: per fare fronte alle ingenti somme pattuite, oltre a sottrarre risorse a servizi essenziali come sanità e istruzione, le autorità haitiane furono poi costrette a contrarre enormi prestiti da banche, soprattutto statunitensi e francesi, a tassi di interesse elevatissimi. Una situazione che ha creato una dipendenza economica sistematica, protrattasi ben oltre il 1952 quando Haiti riuscì a ripagare il debito.
Oggi i tempi sono cambiati. Ma il tema delle riparazioni — seppure Haiti si trovi alle prese con una crisi, sintetizzata nel dato dell’Onu secondo cui l’85% della capitale Port-au-Prince è sotto controllo delle bande criminali che seminano il terrore attraverso omicidi, stupri, rapimenti e saccheggi — è ancora eluso dai principali attori internazionali. Oggi il presidente francese Emmanuel Macron, secondo quanto riferisce l’agenzia Afp citando una fonte dell’Eliseo, dovrebbe riconoscere «la forza ingiusta della storia che ha colpito Haiti fin dalla sua nascita» come Stato. Si tratta di avviare un «lavoro storico approfondito» per valutare l’impatto di questo debito sullo sviluppo: «Il presidente sarà pronto a trarre tutte le conclusioni una volta completato questo progetto». «Il lavoro di riconoscimento e non di pentimento», secondo la presidenza francese, dovrebbe ispirarsi a quanto già fatto da Macron in merito alla guerra d’Algeria, al genocidio in Rwanda e alla colonizzazione in Camerun.
Timidi passi avanti rispetto ai primi anni Duemila, quando l’allora presidente haitiano Jean Bertrand Aristide rivendicò una riparazione di 21 miliardi di dollari bollata da Parigi come «un’esagerazione demagogica». Ma ancora troppo poco, mentre Haiti sprofonda nell’indifferenza della comunità internazionale in un caos in cui regnano povertà e violenza.
Il peso del passato, in ogni caso, non può assolvere gli stessi leader haitiani. L’attuale scenario di dominio della gang è stato favorito da decenni di cronica instabilità, segnati da corruzione e rapporti poco trasparenti tra politica e gruppi criminali: una situazione precipitata dopo l’assassinio nel 2021 dell’ex presidente Jovenel Moise, ancora senza responsabilità accertate.
Nei giorni scorsi il Consiglio di transizione di Haiti ha varato una “finanziaria di guerra” da 242 milioni di euro per contrastare le bande criminali. Uno sforzo che appare però insufficiente se non supportato da un sussulto di coscienza della comunità internazionale per salvare la metà occidentale dell’isola di Hispaniola.