
Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono. (Matteo 26, 48-50)
Giovedì santo. Gesù prende posto a tavola e dice: «Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22, 14). Una scena di amici che attorno al tavolo mangiano e bevono “il frutto della vite”, niente di più semplice, niente di più alto nella vasta e varia gamma dell’esperienza umana. Lo dice esplicitamente Gesù: «Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma io vi ho chiamato amici» (Gv 15, 15). È il passaggio dalla diffidenza alla confidenza, dalla paura all’amicizia. Tra questi amici c’è Giuda, il traditore, che ha scelto come segno identificativo, il bacio. Il segno dell’amicizia. Ma questa è l’ora della notte, l’ora buia, «è l’impero delle tenebre» (Lc 22, 53). Tutto è rovesciato, tutto è il contrario di quello che dovrebbe essere: un bacio segna non l’amicizia ma la condanna a morte. Gesù resiste a questo ribaltamento, a questa tenebra e dice una parola di luce: amico. Giuda è diventato suo nemico ma Gesù lo ama, come chiede di fare a noi: «amate i vostri nemici» (Mt 5, 43). L’amicizia, come l’amore, è per sempre, è fino alla fine.
A.M.