· Città del Vaticano ·

Pellegrinaggi giubilari a Roma
Dalla diocesi di Asti

Animati da un’incrollabile speranza

 Animati  da un’incrollabile speranza  QUO-088
17 aprile 2025

di Gianpiero Poncino

«Accompagnata da mia figlia e mia sorella, non avevo occhi per guardare ciò che finora avevo solo potuto immaginare. Quando sono arrivata alla Porta Santa, in San Pietro, non ci credevo. L’ho accarezzata, baciata e ho ringraziato il Signore per questo dono!». Un’emozione giunta tardi ma indimenticabile quella provata da Rosa Diamante, 92 anni, che non era mai stata a Roma.

Dalla diocesi di Asti, in cui affondano le radici della famiglia di Papa Francesco (terra che lui stesso visitò in un «incontro tanto atteso» il 19 e 20 novembre 2022, in un grande abbraccio di popolo), l’anziana donna ha raggiunto nei giorni scorsi Roma insieme a 130 pellegrini — tra cui sette preti, due suore e un diacono —, a cui si è unito il vescovo Marco Prastaro.

Il primo momento di grande emozione è stato l’ingresso nella basilica di San Paolo fuori le mura, con la visita alla tomba dell’apostolo delle Genti e la messa, in cui il Vangelo del giorno è risuonato come invito alla fede, garanzia di vittoria sulla morte: «Chi ascolta la mia parola e crede a Colui che mi ha mandato, ha la vita eterna» (Gv 5, 24-25). Il celebrante, don Maurizio Giaretti, che durante il pellegrinaggio ha svolto la funzione di guida, ha collegato il passo evangelico con il testamento spirituale di san Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede» (2 Tm 4, 6-7). È stato un primo richiamo alla fiducia che viene dalla speranza alimentata dalla fede. «Anche per noi l’obiettivo è condurre la buona battaglia nelle vicissitudini della vita — ha rimarcato — e conservare la fede al termine dell’esistenza terrena: essa è sì dono gratuito, ma va difeso e proposto a tutti i fratelli che incontriamo sulla nostra strada, come fece san Paolo».

Coinvolgente, in particolare, il pellegrinaggio alla Porta Santa della basilica Vaticana. «Inseriti nella lunga fila di gruppi in processione da tutto il mondo — ha raccontato Maria Rosa Poggio, referente sinodale diocesana — ci siamo sentiti davvero “popolo di Dio in cammino”. Noi siamo gente laboriosa del nord ovest d’Italia», animata da un’incrollabile fede e il cui impegno «ha risvolti nelle relazioni tra le persone e le comunità ecclesiali».

Camminare insieme, pellegrini di speranza: sono temi giubilari e sinodali che vanno di pari passo e più volte sottolineati dalle parole dei fedeli che hanno vissuto intensamente il pellegrinaggio. «Il Sinodo — ha aggiunto Poggio — è un cammino, una strada percorsa insieme a varie velocità, attendendo tutti, sia chi ha certezze, sia chi è alla ricerca. Si parte, da punti diversi dell’ecumene, da soli, insieme; si prega, ci si prepara, ci si forma, si raggiungono le grandi basiliche della cristianità, si sta con gente proveniente da ogni parte». «Tutti uniti dalla comune fede in Cristo, si è pellegrini — ha affermato ancora la referente —, come lo siamo stati in questi anni di lavori sinodali: pellegrini nel dialogo e nell’ascolto». Una migrazione spirituale che può dare una spinta significativa a tutta la Chiesa italiana, ha puntualizzato infine Poggio, in particolare nel «nostro Nord-Ovest: così problematico, a tratti scettico, profondo e spesso schivo, esso acquisirà forza morale e carattere per scelte e propositi di fede ad ampio respiro. Siamo tutti pellegrini, di speranza, in ricerca, nel dialogo, nell’ascolto, nell’aiuto reciproco a rialzarci e riprendere il cammino», ha concluso la referente sinodale.

Particolarmente sentita anche la celebrazione penitenziale presieduta nella basilica di Sant’Andrea della Valle dal vescovo, il quale ha invitato ad avere fiducia nella misericordia di Dio, la quale, ha detto «viene dispensata anche quando siamo noi stessi a non credere più nelle nostre possibilità».