«La speranza è la fonte

di Svitlana Dukhovych
Fede e forza d’animo, resilienza e speranza in Cristo che ha vinto la morte, anche quella che strazia il cuore dopo l’ennesima strage di civili: Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore di Kyiv-Halyč, racconta ai media vaticani di una nuova Settimana Santa in tempo di guerra, cominciata con l’attacco russo sulla città di Sumy nella Domenica delle Palme, che ha ucciso 34 persone e ferite circa 120, tra cui una quindicina di bambini. Un altro colpo crudele che però, dice, non ha intaccato né il senso di umanità né le convinzioni più profonde dell’anima.
Siamo nell’Anno Santo che ha per tema “Pellegrini di speranza”. Anche la solennità della risurrezione ci porta a pensare alla speranza. Come è cambiata la speranza della gente in Ucraina, e in particolare dei fedeli cattolici, in questi anni di guerra?
Per noi oggi la speranza è davvero la fonte della nostra sopravvivenza, della capacità di resistere, andare avanti. Penso che la speranza in quanto tale non sia cambiata, perché sempre la nostra speranza è il Signore Gesù Cristo. Ci affidiamo non a qualcosa ma a qualcuno. E questa relazione con Gesù che ha sofferto per noi, che è morto e risorto, è la fonte della nostra speranza. Forse quello che cambia è il modo di percepire questa speranza e capire quanto sia importante non soltanto avere sentimenti di speranza — così come di solito si dice: «Speriamo che andrà tutto bene» — ma avere la speranza come virtù. Cioè come una forza infusa dallo Spirito Santo, una forza del Risorto che vive e pulsa dentro di noi. E devo dire che quanto aumenta il dolore, tanto aumenta anche questa percezione che la forza di Cristo risorto non è soltanto con noi, ma è in noi. La speranza è veramente una realtà che viviamo. Per questo siamo veramente molto grati a Papa Francesco che ha aperto le porte della speranza. Devo dire che molta gente viene in pellegrinaggio, soprattutto in questo periodo della Quaresima, alle nostre cattedrali, ai nostri santuari, proprio per far accrescere questa speranza. I pellegrini partecipano ai sacramenti della confessione e dell’eucaristia, pregano per il Papa e per la sua salute e ricevono queste grazie che l’Anno Santo ci offre e il Santo Padre ci fa sperimentare non soltanto a Roma, ma anche qui da noi.
In Ucraina molte persone soffrono per lutti, per traumi che colpiscono nel corpo e nell’anima. C’è il rischio che tutta questa sofferenza offuschi il senso della risurrezione?
Questa Settimana Santa, la Settimana della Passione del Signore, è purtroppo cominciata con una grande tragedia. A Sumy, mentre la gente stava pregando nelle chiese per la Domenica delle Palme, nella cattedrale ortodossa del patriarcato di Mosca sono caduti durante l’omelia due missili che hanno causato 34 morti, tra cui due bambini, e 119 feriti, inclusi 15 bambini. Anche qui nella città di Kyiv ogni notte viviamo sotto i bombardamenti. Ciò non accadeva con questa intensità nei mesi precedenti. Si vede un’escalation, un accanimento molto molto forte. E tuttavia dalla nostra gente questa sofferenza non è avvertita come un qualcosa di insormontabile, ma come un cammino. Sappiamo che siamo sulla via Crucis. Anche il dinamismo della via Crucis non è stare fermi, ma camminare, un cammino che dalla sofferenza va verso la risurrezione. E stiamo camminando insieme. Ho parlato con il nostro sacerdote che svolge il suo servizio a Sumy, padre Olexandr Dyadya, che è anche il direttore della nostra Caritas locale. Mi ha raccontato delle cose straordinarie: dopo gli attacchi la gente non è scappata dalla città, ma collabora per soccorrere, per pulire le strade, anche per prepararsi alla Pasqua. Dopo l’attacco la gente non è impaurita, anzi è più motivata a restare, resistere e aiutare a sistemare le conseguenze dell’attacco. È straordinario perché umanamente verrebbe da dire: «Fuggi da questo posto dove sembra regni solo la morte». Invece, no. Questo dimostra che la gente ha un diverso approccio a questa tragedia, l’approccio non degli impauriti ma di chi riesce a vincere la paura grazie alla fede in Dio. Mi ha raccontato il nostro sacerdote che questi due missili sono caduti proprio a 200 metri dalla sede della Caritas, dove lavorano 50 persone. Il giorno seguente tutti erano lì, a lavorare, aiutare coloro che hanno perso la casa, che sono negli ospedali, che hanno grande necessità di sostegno. Quello che ci preoccupa di più sono i bambini. Colgo l’occasione per ringraziare la Caritas italiana, che si è offerta di prendere venti bambini dalla città di Sumy e offrire loro la possibilità di partecipare ai campi estivi in Italia. In ogni caso, come mi ha detto il sacerdote, sono centinaia i bambini che avrebbero bisogno di vivere due-tre settimane in parti del mondo più tranquille, un periodo che li aiuti a livello psicologico e spirituale. Dunque, anche dopo questa tragedia la gente non è disperata: sta manifestando la propria umanità, la fede cristiana, la solidarietà, quella che vince la paura.
In queste circostanze così dure, come riesce la Chiesa ucraina a celebrare l’Anno Santo assieme alla Chiesa universale?
In questo anno giubilare riscopriamo quello che sempre abbiamo sempre professato nella fede, la comunione dei santi. È proprio questa comunione dei santi, dello stare insieme come Chiesa, lo spazio dove il Risorto è presente, Lui che è la fonte della nostra speranza e la forza per vivere il pellegrinaggio terreno, ma anche lo spazio dello scambio dei doni fra il cielo e la terra. Questo ci rende sempre più resilienti, ci aiuta a resistere. Camminando insieme impariamo veramente a essere empatici, quindi non a interessarci solo del nostro percorso, ma a entrare un po’ anche nella situazione dell'altro. Sentiamo molto questa solidarietà della Chiesa cattolica, che adesso per noi in Ucraina è fonte della nostra capacità di poter servire. Ognuno condivide tutto quello che ha: l’Ucraina condivide con il mondo la sua speranza, il suo spirito, anche in un contesto di guerra. E vediamo come questo risuona nei cuori dei milioni di cattolici in tutto il mondo. E allora vi ringraziamo di questo camminare assieme a noi.