· Città del Vaticano ·

Da oltre tre secoli
l’«alma mater»
dei diplomatici pontifici

 Da oltre tre secoli l’«alma mater» dei diplomatici pontifici   QUO-086
15 aprile 2025

di Salvatore Pennacchio*

Da più di tre secoli la Pontificia Accademia Ecclesiastica (PAE) svolge la missione di preparare sacerdoti per il Servizio Diplomatico della Santa Sede, forma concreta attraverso cui il Successore di Pietro esprime la personale sollecitudine per tutte le Chiese realizzando altresì quel necessario dialogo con le Autorità civili dei diversi Paesi e con le Istituzioni internazionali.

Nel corso della sua storia la PAE ha sperimentato quel semper reformanda seguendo le vicende della Sede Apostolica, anche nei momenti più tormentati, adeguando e modificando la sua proposta di formazione secondo i “segni dei tempi”.

In questo cammino, fatto di continuità e aggiornamento, la formazione della PAE si è posta non solo come espressione di alto profilo accademico, ma soprattutto uno strumento al servizio dell’opera evangelizzatrice e della testimonianza davanti agli uomini «di ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 5, 9), in ogni parte del mondo. Non stupisce quindi che numerosi Papi — tra cui diversi ex-Alunni dell’Accademia — abbiano avuto a cuore che questa Istituzione potesse sempre continuare a svolgere la propria missione nella maniera più adeguata alle esigenze della realtà ecclesiale e di una Chiesa chiamata ad operare nel mondo, con le sue vicende e la sua storia.

In tempi più recenti, il Santo Padre Francesco non ha mancato di mostrare viva sollecitudine per l’alma mater dei diplomatici pontifici. Visitandola a più riprese e mettendosi in ascolto delle sfide e delle problematiche poste dai Formatori, dagli Alunni e da chi già è impegnato nel servizio diplomatico, Papa Francesco ha voluto rilanciarne la missione, alla luce anche delle indicazioni della Costituzione Apostolica Veritatis gaudium del 2018 che ha riformato le realtà accademiche ecclesiastiche. In quell’anno, infatti, Egli chiese esplicitamente all’allora Presidente, S.E. Mons. Giampiero Gloder, di procedere con una riforma della nostra Istituzione, già in fase di studio dai tempi di S.E. Mons. Karl-Josef Rauber, S.E. Mons. Justo Mullor García, fino a S.E. Mons. Beniamino Stella. Al successivo Presidente, S.E. Mons. Joseph Marino, Sua Santità indicò di introdurre alcuni cambiamenti nel piano di studio e di implementare l’esperienza di un “anno missionario” che precede l’entrata in servizio diplomatico dei sacerdoti alunni. Rimaneva però da affrontare il problema strutturale di integrare la necessaria formazione in diritto canonico con il settore disciplinare di specializzazione nelle scienze diplomatiche in cui confluisce il diritto diplomatico, la storia delle relazioni internazionali, lo stile diplomatico, la prassi internazionale e, non ultimo, lo studio delle lingue moderne. Nonostante gli sforzi reciproci messi in campo dalla nostra Istituzione e dalle Università Pontificie coinvolte nella formazione degli Alunni per fornire sempre una preparazione di alto profilo accademico, appariva evidente l’esigenza di un percorso di studi appositamente predisposto, per non rischiare di “mortificare” nessuna delle dimensioni essenziali nelle quali il futuro Rappresentante Pontificio deve avere quella competenza e slancio necessari per raccogliere le attese delle Chiese locali e del popolo di Dio nelle diverse Nazioni, le esigenze del dialogo ecumenico e di quello interreligioso, come pure per avviare e mantenere nel tempo quel dialogo con i Governi e gli ambiti intergovernativi, dove sottolineare le esigenze del bene comune di ogni essere umano e dell’intera famiglia umana.

Con la riforma da Lui promossa e oggi resa operativa, Papa Francesco non vuole solo dotare la nostra Istituzione di una configurazione più idonea al compimento della specifica missione educativa, ma ci consegna anche una visione peculiare e il suo paterno insegnamento riguardo ai tratti essenziali della figura del diplomatico della Santa Sede secondo il cuore di Cristo. Egli deve essere — come e “più” di ieri — prima di tutto un uomo di Dio e strumento della comunione ecclesiale mandato ad accompagnare il cammino degli Episcopati locali e di tutti i battezzati. Il diplomatico del Papa è immagine di quella dimensione sinodale capace di annunciare al mondo il mistero di salvezza e il dono della misericordia, nell’unità al Successore di Pietro. Ma è anche l’artefice del negoziato che, nel consesso delle Nazioni, vive, testimonia e propone alla realtà complessa delle relazioni internazionali, dove sembrano non poter più trovare spazio l’ascolto attento, l’approccio fraterno ed il dialogo che scaturiscono solo da chi sa porsi al servizio con umiltà e mitezza. Vengono in mente le parole dell’allora Sostituto della Segreteria di Stato, Mons. Giovanni Battista Montini, futuro Paolo vi, che oggi la Chiesa indica come esempio di santità. Lui che dell’Accademia era stato alunno e professore diceva: «Se ha un difetto, un’attrattiva, un incantesimo di dubbio valore, la diplomazia, è quello di presentarsi come facile carriera che nel giro di pochi anni fa percorrere un “cursus honorum”, che porta uno da piccoli e bassi gradi al vertice di grandi funzioni rappresentative di governo. Tutto questo è presentato, sì, all’alunno dell’Accademia; ma è presentato come una scala di responsabilità: a mano a mano che salirai, tanto più servirai; e ricordati che salire vuol dire avere il peso di nuove responsabilità; e sappi che vuol dire rappresentare: vuol dire dare, esporre se stesso per un Altro: oportet me mimi, illum autem crescere, a mano a mano che salirai, tremerai della tua missione, e dovrai confondere nella preghiera e nell’umiltà l’esercizio delle funzioni, che ti saranno demandate» (Discorso in occasione del 250° della Pontificia Accademia Ecclesiastica, 25 aprile 1951).

Da oggi, per volere del Santo Padre, la PAE è un Istituto ad instar Facultatis per lo studio e la ricerca nelle Scienze Diplomatiche che vengono così accolte a pieno titolo nel novero degli studi ecclesiastici che la Veritatis gaudium prevede (cf. Norme Applicative, Art. 70). Ma con tale decisione la PAE fa tesoro della sua tradizione e si presenta con rinnovato slancio tra le analoghe istituzioni, conservando il suo spirito e la sua natura.

L’Accademia potrà così offrire ai sacerdoti, che saranno scelti nelle diverse Diocesi del mondo, i gradi accademici del Secondo e Terzo Ciclo in un settore disciplinare, le scienze diplomatiche, che coniuga la formazione nell’ambito del diritto canonico con altre discipline giuridiche, storiche, politologiche, economiche e con lo studio delle lingue in uso nelle relazioni internazionali.

La didattica, la ricerca e le esperienze di tirocinio presso le Rappresentanze diplomatiche pontificie e la Segreteria di Stato (di cui l’Accademia è confermata parte integrante, secondo la Cost. Ap. Praedicate Evangelium, Art. 52 § 2) avranno a cuore di garantire ai sacerdoti alunni non solo l’acquisizione di un bagaglio di conoscenze sempre più rispondenti alle necessità dei nostri tempi, ma soprattutto la possibilità di acquisire e sviluppare le competenze da spendere al servizio delle Chiese e delle comunità presso cui sono inviati, insieme a quanti li coadiuvano nella loro missione.

In questo modo confidiamo che si renderà ancora più evidente quanto sia importante e determinante – in tempi come i nostri – che con lo spirito sacerdotale che li contraddistingue, i diplomatici del Papa possano continuare ad essere «l’occhio vigile e lucido del Successore di Pietro sulla Chiesa e sul mondo» (Francesco, Discorso ai Partecipanti all’Incontro dei Rappresentanti Pontifici, 17 settembre 2016).

*Arcivescovo presidente della Pontificia Accademia Ecclesiastica