La Via Crucis del Circolo

«La Croce ci rende fratelli» e questo messaggio va testimoniato con le opere nella società perché «tanti, anche nella nostra epoca, non conoscono Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso; tanti sono alla ricerca di un amore e di una libertà che escluda Dio; tanti credono di non aver bisogno di Dio». Lo ha detto monsignor Franco Camaldo, assistente ecclesiastico del Circolo San Pietro, dopo aver guidato le meditazioni della tradizionale Via Crucis dell’antico sodalizio romano all’interno del Colosseo, nella serata di ieri, venerdì 11 aprile.
«Abbiamo visto — ha detto il celebrante —, attraverso queste “stazioni” di dolore e di consolazione che, come non finisce la sofferenza, anche le consolazioni non finiscono. Attraverso il cammino doloroso della croce, gli uomini di ogni epoca, riconciliati e redenti dal sangue di Cristo, sono diventati amici di Dio, figli del Padre celeste. “Amico!”, così Gesù chiama Giuda e gli rivolge l’ultimo drammatico appello alla conversione. “Amico” chiama oggi ciascuno di noi perché Lui è amico vero di tutti».
Alla Via Crucis in questo anno giubilare hanno partecipato il presidente Niccolò Sacchetti, numerosi soci con le loro famiglie, benefattori e amici del Circolo San Pietro, poi riuniti come da tradizione per la messa nella chiesa di Santa Maria della Pietà, la cappellina ricavata sotto un fornice dell’Anfiteatro Flavio e affidata al sodalizio dal 1936.
All’omelia monsignor Camaldo ha fatto riferimento proprio alla tradizione e alla bellezza di un rito che, ogni anno, per il Venerdì di passione, Circolo San Pietro ripete con devozione, rinnovando il proprio carisma. «“Crux Lux”. Così il Papa san Paolo vi — che fu socio del sodalizio — definì la Croce nella sua memorabile omelia quando presiedette per la prima volta la Via Crucis, proprio qui al Colosseo, all’indomani dell’elezione al Pontificato, ripristinando un’antica tradizione, il 7 marzo 1964: “Abbiamo contemplato la Passione del Signore nel Signore. Vogliamo credere che tutti voi ne avrete intuito la profondità e la ricchezza. Ora dovremo dare uno sguardo alla irradiazione di questa Passione, unica e tipica, posta al centro dei destini umani, sull’umanità stessa. Essa è il faro che rischiara il mondo: Crux Lux. La visione, da abbagliante, si fa illuminante e panoramica”».
Il rito nell’Anfiteatro Flavio risale al 1750 quando Benedetto xiv, per l’anno giubilare, volle in quel luogo “di martirio” — su richiesta di san Leonardo da Porto Maurizio — ripercorrere le tappe della Passione di Gesù Cristo.
Nel 1870, tuttavia, con la fine dello Stato Pontificio, la commemorazione della passione fu sospesa e furono rimosse le quattordici edicole e la croce volute dal Papa. Grazie all’iniziativa del Circolo San Pietro, il 26 marzo 1920, la pia pratica fu ripresa sotto la presidenza di Paolo Croci e la guida spirituale dell’assistente ecclesiastico monsignor Camillo Raffaele Caccia Dominioni. (marco chiani)