Il 10 aprile 1955 Pierre Teilhard de Chardin moriva a New York

di Roberto Cetera
La vita di Pierre Teilhard de Chardin ha un carattere di avventura, spirituale e non solo, che ben si adatta ad una rappresentazione filmica. L’intuizione è stata raccolta negli Stati Uniti dal filmmaker americano Frank Frost che ha realizzato — in collaborazione con sua moglie Mary — il docufilm Teilhard: uno scienziato visionario, uscito lo scorso anno e ora raggiungibile su una piattaforma streaming. «L’Osservatore Romano» ha raggiunto Frost nella sua casa di Washington DC.
Mr Frost perché un film su Teilhard de Chardin? Cosa la ha ispirato?
Sono stato sempre ammirato dalla figura di Teilhard, tanto dal punto di vista spirituale che come scienziato. Credo che abbia rappresentato una figura centrale del pensiero del secolo passato, ma la cui notorietà non è andata oltre i confini degli addetti ai lavori. Per cui ho pensato di realizzare un film che lo facesse conoscere al grande pubblico, non solo quello religioso.
Cosa la ha affascinato di Teilhard?
Penso che ci abbia lasciato una robusta eredità di conoscenza del creato insieme a una spiritualità ricca di speranza per il futuro. Il suo approccio evoluzionista non solo ha innovato in profondità il pensiero teologico, ma soprattutto ha aperto la strada a una comprensione non più timorosa dei cambiamenti antropologici, in una diversa prospettiva cristologica. E poi alcuni dei suoi temi essenziali, mi lasci dire, si combinano perfettamente a una rappresentazione cinematografica; penso ad esempio al suo gusto dell’avventura, alla ricerca di significato esistenziale, all’irrisolto conflitto con l’autorità, al primato dello spirito e all’infinito potere dell’amore. E così anche la sua biografia: dalla passione per le scienze geologiche e paleontologiche che assume nelle passeggiate in montagna col padre da bambino, alla trasmissione di una fede profonda e spirituale trasmessagli dalla madre.
Cosa dice Teilhard all’uomo di oggi, anche attraverso il suo film?
Moltissimo. A cominciare da una necessaria e rinnovata consapevolezza del destino dell’uomo: i suoi studi e le sue riflessioni costringono l’uomo a fare i conti con la sua provenienza e la sua destinazione. Come specie e come singolo. E poi c’è lo stringente riferimento a temi che sono oggi divenuti di stringente attualità, come l’applicazione dell’intelligenza artificiale e il “transumanesimo”.
Che accoglienza ha avuto il film?
Il film è stato presentato la prima volta nel maggio scorso sulla rete pubblica del Maryland e ora è accessibile attraverso la app della piattaforma Pbs. Stiamo lavorando proprio in queste settimane a una edizione in lingua italiana, sempre attraverso la nostra casa di produzione Llc. Un lavoro che dall’ideazione al completamento ha richiesto ben 13 anni, comprende 35 interviste che — insieme al reperimento del materiale documentario — ha riguardato 25 locations in quattro Paesi di tre continenti. I riscontri di pubblico e di critica che abbiamo fin qui raccolto sono stati estremamente positivi, e premiano la dedizione con cui abbiamo affrontato negli anni questo importante lavoro. Teilhard è stato molto importante per la nostra generazione: vorremmo che attraverso questo film possa essere conosciuto anche da un pubblico più giovane.
(Per chi ha una buona dimestichezza con la lingua inglese, nell’attesa dell’edizione italiana il film può essere visto gratuitamente al link: https://www.pbs.org/video/teilhard-visionary-scientist-pt9dc1).