
Kabul, 9. Sono più di 8.000 i cittadini afghani che sono stati espulsi dal Pakistan la scorsa settimana nell’ambito di una nuova campagna di rimpatrio forzato. Lo riferisce l’Agenzia della Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), che ha rilevato i dati a partire dal 1° aprile, nel primo giorno dopo la scadenza del termine per i rimpatri volontari dei migranti irregolari afgani presenti nelle città di Islamabad e Rawalpindi. Si tratta della seconda fase di un processo avviato nel 2023 per rimpatriare tutti gli stranieri irregolari, ma che riguarda soprattutto gli afgani.
Il Pakistan afferma di voler accelerare il rimpatrio dei circa quattro milioni di afghani che hanno attraversato il confine durante 40 anni di conflitto armato nel loro Paese d’origine e dopo la presa del potere da parte dei talebani nel 2021. L’intenzione sarebbe quella di migliorare la situazione della sicurezza, visto che Islamabad ha più volte attribuito l’aumento degli attacchi terroristici nel Paese a gruppi che operano nel territorio afghano. Accuse ripetutamente respinte da Kabul. Dal settembre del 2023 al febbraio di quest’anno, secondo dati di Amnesty International, sono stati rimpatriati 844.499 afghani. Mentre nella prima fase sono stati espulsi tutti coloro che erano privi di documenti, il provvedimento ora coinvolge i titolari di carte di cittadinanza rilasciate congiuntamente dai governi di Pakistan e Afghanistan nel 2017, che da aprile sono state revocate. Tra le persone colpite rientrano anche i rifugiati distribuiti in tutto il Paese sotto il mandato dell’Unhcr, essendo il Pakistan firmatario della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati (Convenzione di Ginevra del 1951), benché non l’abbia ratificata.
Le autorità affermano di aver allestito centri temporanei in diverse città per ospitare i cittadini afghani prima di trasportarli al valico di frontiera di Torkham, nel Pakistan nord-occidentale. «Non c’è dubbio che la deportazione forzata dei migranti afghani e questa azione unilaterale siano contrarie a tutti i principi internazionali, islamici e di buon vicinato — ha dichiarato martedì Abdul Motalib Haqqani, portavoce del Ministero afghano per le migrazioni e il rimpatrio —. Poiché questa questione riguarda due Paesi, è essenziale elaborare un meccanismo concordato per garantire il ritorno dignitoso degli afghani in patria».
Anche l’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha rilevato un aumento delle persone che hanno oltrepassato il confine: in media 4.000 afghani tra domenica e lunedì, «molti di più rispetto a marzo, quando la media era di sole 77 persone» al giorno.
Altre associazioni per i diritti umani hanno espresso, inoltre, preoccupazione per i rimpatrio forzati: «Il Pakistan sta abbandonando il suo impegno internazionale a non rimandare le persone dove i loro diritti sono a rischio — ha detto Fereshta Abbasi di Afghanistan Human Rights Watch —. Tutti i paesi che ospitano rifugiati afghani dovrebbero mantenere la posizione secondo cui l’Afghanistan non è un luogo sicuro per i rimpatri».