
di Stefano Leszczynski
«Felicità», «opportunità di cura» e ancora «equità, accoglienza e ospitalità»: sono solo alcune delle parole chiave che medici, pazienti e mediatori culturali associano al progetto “San Bartolomeo” per promuovere una salute equa e accessibile per tutti, soprattutto i più vulnerabili. In occasione delle celebrazioni per il Giubileo degli ammalati e del mondo della sanità l’iniziativa lanciata a Roma da Ospedale Isola Tiberina-Gemelli Isola, Comunità di Sant’Egidio e Fondazione Deloitte si ispira alle parole scritte da Papa Francesco nel messaggio per la xxxiii Giornata mondiale del malato su quanto avviene nei luoghi di cura: «È importante annotare, saper cogliere, la bellezza e la portata di questi incontri di grazia e imparare ad annotarseli nell’anima per non dimenticarli: conservare nel cuore il sorriso gentile di un operatore sanitario, lo sguardo grato e fiducioso di un paziente, il volto comprensivo e premuroso di un dottore o di un volontario, quello pieno di attesa e di trepidazione di un coniuge, di un figlio, di un nipote, o di un amico caro».
In un contesto di crescenti disparità nell’accesso all’assistenza, alla prevenzione e alla cura, l’obiettivo del progetto “San Bartolomeo” è quello di offrire sostegno alle persone più fragili sia da un punto di vista economico che sociale attraverso competenze cliniche, organizzative, sociali e di mediazione culturale e professionale. Tre gli ambiti principali di erogazione dei servizi clinico-assistenziali: ginecologia/ostetricia, senologia e odontoiatria.
Garantire l’accesso alle cure per chi vive ai margini della società significa tutelare la loro dignità umana. «Se per chiunque è importante poter accedere alla sanità — sottolinea Marco Di Dio, responsabile del reparto di odontoiatria dell’Ospedale Isola Tiberina — per le persone che rientrano nel progetto “San Bartolomeo” significa poter tornare a sorridere, mangiare normalmente, parlare». Azioni che dovrebbero essere scontate e che invece per alcuni non lo sono affatto.
Il progetto “San Bartolomeo” ha raggiunto a oggi più di 780 pazienti, di cui oltre il 70 per cento donne, provenienti da settantuno paesi nel mondo, e oltre cento minori, bisognosi soprattutto di cure odontoiatriche urgenti. Allo stesso tempo il progetto è teso a promuove l’educazione sanitaria e la consapevolezza sull’importanza della prevenzione, con l’obiettivo di diventare un modello di riferimento, replicabile e capace di massimizzare l’accesso alle cure.
Iniziative come questa — dice la dottoressa Patrizia Frittelli, responsabile della Brest Unit dell’Ospedale Isola Tiberina — hanno un valore incalcolabile per quanto riguarda il diritto alla cura. Basti pensare alle tantissime donne in condizioni di fragilità, magari perché straniere, e che non hanno mai fatto prevenzione. Ma anche per tutte quelle donne che grazie al progetto “San Bartolomeo” hanno avuto accesso a cure adeguate sia di tipo chirurgico che post-operatorio. Tra gli ostacoli che questa iniziativa si prefissa di abbattere, c’è quello particolarmente insidioso delle barriere burocratiche e linguistiche. «Una delle cose che mi colpisce sempre è la felicità negli occhi dei bambini che accompagno dal dentista», dice Ahmed, rifugiato siriano arrivato in Italia con i corridoi umanitari: «Potersi liberare dal dolore fisico e condurre una vita normale è una gioia indescrivibile».