
di Fabrizio Peloni
Lacrime che rigano i volti: è l’immagine più ricorrente tra le migliaia di malati che stamane hanno attraversato la Porta Santa della basilica Vaticana, in occasione del Giubileo ad essi dedicato, settimo dei grandi eventi giubilari.
In programma fino a domani, il pellegrinaggio giubilare degli ammalati e del mondo della sanità coinvolge donne e uomini giunti da oltre novanta Paesi del mondo.
Sono però lacrime di chi sta vivendo un momento di grazia, nonostante tutto. Molti tra i sofferenti, e molti anche tra gli accompagnatori, non piangono della propria condizione, non provano vergogna. Sono le lacrime di gioia di chi ha compiuto anche viaggi lunghissimi pur di vivere un’esperienza indimenticabile.
Al loro fianco, una persona cara, di famiglia. Oppure molto spesso gli accompagnatori sono volontari che dedicano la vita a quanti sono segnati dal dolore, con un’attenzione e un amore “fuori portata”. E se non c’è una persona c’è una sedia a rotelle, o una stampella, o un deambulatore; o, nel caso dei non vedenti, un cane.
Mamma Alice e papà Angelo hanno accompagnato la figlia Asia di 26 anni, che per una malattia neurodegenerativa è costretta in carrozzella, e insieme hanno toccato la Porta Santa. «Per la prima volta siamo venuti a Roma, e non poteva esserci occasione migliore. Abbiamo preferito farlo insieme con tante altre persone che come noi vivono la speranza, ma non quella della guarigione, quella per cui tutto ha un senso, anche il dolore». Questa speranza è arrivata però col tempo e ha preso il sopravvento sulla rabbia, raccontano ancora i due.
«Sembra una componente doppia che prende forma ogni giorno, così come questo Giubileo lega a doppia mandata la carità alla sofferenza, il servizio e la solidarietà alla fragilità», ha spiegato il vescovo Renato Marangoni, che ha accompagnato un gruppo della diocesi di Belluno-Feltre, sottolineando come «la grande lezione di fede e di speranza, nel riconoscere Cristo nella persona che soffre, testimoniata insieme stamane da pazienti, operatori sanitari, e volontari». Il presule nel guidare i pellegrini verso la Porta Santa li ha invitati a «lasciarsi amare dal Signore, nostra speranza». Il gruppo, unito a quello della vicina diocesi di Vittorio Veneto, nel percorrere via della Conciliazione ha sostato davanti alla chiesa di Santa Maria in Traspontina. «L’accettazione della sofferenza e il prendersi cura del malato sono due fattori cha aiutano le persone sane a comprendere come tutti gli uomini possono, purtroppo, vivere esperienze di dolore in determinate fasi della loro vita, anche con il rischio di sentirsi un peso nella società attuale molto utilitaristica», ha affermato don Walter, assistente dell’Unitalsi di Vittorio Veneto, aggiungendo che «così comprendiamo che nessuno di noi è un’isola bastevole a se stessa».
In piazza Pia, ad attendere malati che hanno bisogno di essere accompagnati con le carrozzine anche alcuni volontari della protezione civile. Tra loro Maurizio e Giancarlo, arrivati all’alba dalla Puglia, «per metterci al servizio di chi, purtroppo vive una quotidianità che nella pratica è assai complicata. Noi proviamo, per quanto possibile ad alleviare, anche col semplice buonumore i loro dolori e le loro sofferenze. Ma in realtà, alla fine della giornata, siamo anche noi che abbiamo acquisito tanta forza».