
di Fabrizio Peloni
«Un grande desiderio di mettersi in cammino come comunità, e un grande desiderio di misericordia nel cercare il volto di Dio». Questo lo spirito, secondo l’arcivescovo Giorgio Ferretti, che ha animato lo scorso 29 marzo il pellegrinaggio giubilare a Roma di 2.500 fedeli di Foggia-Bovino.
Il viaggio dalla Puglia era iniziato a notte fonda a bordo di pullman e alle prime luci dell’alba, mentre i primi raggi del sole accarezzavano la cupola della basilica Vaticana, da piazza Pia si era snodata la processione che, passando per via della Conciliazione, ha condotto il gruppo verso la Porta Santa. A guidare il cammino con la croce giubilare proprio l’arcivescovo Ferretti che poi all’interno della basilica ha presieduto la messa all’altare della Confessione.
«È bello ritrovarci qui in tanti. Rappresentiamo una Chiesa con le sue fatiche e le sue speranze; e oggi questa casa antica, come una madre buona, ci accoglie», ha detto il presule all’omelia, sottolineando che «siamo entrati chiedendo perdono e pregando per le nostre famiglie, per tutti gli uomini e donne della terra di Capitanata».
Ferretti ha iniziato la messa con un augurio di pronta guarigione a Papa Francesco, convalescente a Santa Marta dopo il lungo ricovero ospedaliero. «Qui ha sede il successore di Pietro. Preghiamo per lui e per la sua salute», ha esortato il presule.
Poi, commentando la parabola del fariseo e del pubblicano, monsignor Ferretti si è domandato: «Come siamo entrati per la Porta Santa? Con che spirito? Abbiamo compreso che siamo poca cosa al cospetto di Dio o ci riteniamo giusti, migliori degli altri?». Ma, ha aggiunto, «non vogliamo vivere così. Noi torniamo a Dio con un cuore contrito. Lui ha imbandito una tavola ricca per accoglierci. C’è una festa per noi, figli non più perduti».
Infine l’arcivescovo ha concluso invocando la protezione della «Madre di Dio, nostra patrona».
Terminato il rito, in tanti si sono fermati in preghiera sulla Tomba di San Pietro, e molti fedeli, in occasione della “24 Ore per il Signore” si sono accostati al sacramento della confessione. «Non si è trattato tanto di attraversare fisicamente una porta, quanto un ritornare in noi stessi per fare spazio al Signore Gesù», ha affermato don Giovanni Frisenna, delegato diocesano per il Giubileo, evidenziando come, una volta concluso il pellegrinaggio, «sia necessario redigere bilanci, siamo certi che nel cuore di tutti i pellegrini il Padrone della messe ha riversato il buon seme che porterà molti frutti».