
Etiopia, Sudan, Libia, Italia, Francia e infine Regno Unito, dall’Africa all’Europa. È un viaggio comune a migliaia di migranti quello scritto nei fogli corrosi dalla sabbia e dal mare ritrovati dal belga Aäron Fabrice de Kisangani sulla spiaggia di Gravelines, vicino Calais, nel nord della Francia, ad un braccio di mare dalle coste inglesi.
Aäron da vent’anni raccoglie oggetti in quel tratto di spiaggia. «Ho iniziato a pensare: se non li prendo, andranno persi», racconta all’agenzia Afp. Con grande cautela il giovane estrae i fogli dalla sabbia e li dispiega. A volte sono ancora bagnati dall’acqua salmastra o danneggiati da piccoli crostacei che rosicchiano gli oggetti abbandonati sulle spiagge: scarpe, vestiti, borse, giubbotti di salvataggio danneggiati, documenti, appunti. Ogni volta che un’imbarcazione carica di migranti si avventura verso la Gran Bretagna, chi sale a bordo è costretto a lasciare a terra ciò che aveva portato con sé, per fretta o per necessità di alleggerirsi. I fogli trovati a Gravelines sono l’itinerario di uno di quei drammatici viaggi della speranza lungo la Manica contrassegnati, soltanto nel 2024, da 78 vittime: tutti migranti che cercavano di attraversare il Canale su piccole imbarcazioni di fortuna. Dall’inizio del 2025 sono stati registrati già 9 morti: l’ultima è stata una donna, eritrea, il cui corpo è stato rinvenuto nei giorni scorsi su una spiaggia di Marck, sempre vicino Calais.
I fogli ritrovati da Aäron sembrano essere appartenuti invece ad una etiope di nome Rose, a giudicare dal nome scritto in calce. Si vedono, collegati da frecce, i nomi abbozzati delle città, i tempi di durata del viaggio, i mezzi di trasporto. Il percorso parte da «A.A.», Addis Abeba. Ottocentocinquanta chilometri e diciassette ore di macchina dopo, la donna annota la località di Metemma, al confine con il Sudan. «Dieci minuti a piedi», indica una delle annotazioni, dovrebbero essere sufficienti per raggiungere Gallabat, dall’altra parte della frontiera. Dopo Khartoum, capitale del Sudan, peraltro insanguinata da due anni di guerra civile, una parola evoca quel luogo dove i limiti — alla pericolosità, alla fame, alla sete, alle temperature — sembrano non esistere, il «deserto». Ancora migliaia di chilometri attraverso il Sahara fino a Tripoli, in Libia, a cui seguono una traversata in barca che porta in Italia e poi un viaggio in treno che conduce in Francia. Infine, l’ultima freccia riporta l’obiettivo finale: «UK».
Nessuno sa se la storia di Rose si sia davvero conclusa, per poi ricominciare, nel Regno Unito. Ma come la sua, su quella spiaggia della Francia settentrionale, se ne ricostruiscono tante, raccontate da un documento di espulsione o da un biglietto dei trasporti. Frammenti di vite diverse e di volti sconosciuti, ma di sogni comuni che poi si chiamano semplicemente futuro. (giada aquilino)