· Città del Vaticano ·

La prossima plenaria della Cei sarà a novembre

La seconda Assemblea sinodale delle Chiese in Italia scrive a Francesco

Bishops attends the Eucharistic Celebration for the closing of Second Synodal Assembly, Saint ...
03 aprile 2025

di Salvatore Cernuzio

«Una palestra di sinodalità, che ci ha insegnato uno stile da mantenere anche in futuro». Mentre viene rimandata a ottobre la pubblicazione del documento finale, atteso per l’Assemblea generale di maggio (rinviata, a sua volta, a novembre), tanti sono stati gli emendamenti e le modifiche proposte, i 1.008 partecipanti alla seconda Assemblea sinodale della Cei scrivono a Papa Francesco esprimendo, in qualche modo, la soddisfazione per i lavori svoltisi in Vaticano dal 31 marzo a oggi.

«Una palestra di sinodalità», la definiscono nel messaggio inviato al Pontefice i 168 vescovi (sette cardinali), 252 sacerdoti, 34 religiosi, 17 diaconi e ben 530 laici (di cui 253 uomini e 277 donne) riuniti in questi giorni per vivere momenti di testimonianza e il pellegrinaggio giubilare, ma soprattutto per discutere e confrontarsi sulle 50 Proposizioni. Ovvero le proposte emerse dalle diocesi italiane lungo l’itinerario di questi ultimi quattro anni sugli ambiti di missione, formazione, corresponsabilità nella Chiesa.

«Abbiamo vissuto giorni di discussione aperta e di studio approfondito delle Proposizioni, elaborate nel corso degli ultimi mesi», scrivono i delegati Cei al Papa, convalescente a Casa Santa Marta, del quale — affermano — hanno sentito «vicinanza» e «sostegno». «La Chiesa — sottolineano, citando il Pontefice stesso — non è un Parlamento, ma una comunità di fratelli riuniti nell’unica fede nel Signore, crocifisso e risorto: ciascuno ha portato e ha proposto quindi il suo bagaglio di fede, speranza e carità».

Più concretamente la seconda parte di questo itinerario sinodale, dopo la prima svoltasi nel 2024, ha visto ampie consultazioni e dibattiti in Aula Paolo vi, con circa 150 richieste di intervento sui diversi aspetti del documento. Due, in particolare, i punti al vaglio: l’integrazione delle persone che soffrono a causa di relazioni affettive, orientamento sessuale o identità di genere, e la responsabilità ecclesiale delle donne. Questioni da affrontare, secondo molti dei partecipanti, in modo più approfondito. Accanto a questi, i temi di trasparenza economica, bilanci, accountability, lavoro, migranti, ecologia, pace. Un cenno anche al dramma degli abusi sessuali, anch’esso da scandagliare ulteriormente.

I 28 gruppi in assemblea hanno presentato «moltissime proposte di emendamento», facendo emergere la necessità di «un ripensamento globale» del documento finale. Oltre a questo, anche «l’aggiustamento di alcune sue parti», come ha evidenziato oggi in Aula Paolo vi, durante la sessione conclusiva, l’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale. Tutto, quindi, slitta al 25 ottobre, data della prossima Assemblea sinodale. «I gruppi, in queste due mezze giornate, hanno lavorato molto bene, intensamente e creativamente» e «hanno integrato e corretto il testo; che tuttavia non si presenta ancora maturo», ha spiegato il vescovo. Pertanto «verranno restituiti i lavori svolti nei gruppi e poi verrà avanzata una mozione da votare, per impostare il seguito del Cammino sinodale». Ciò che si chiede è «un passo avanti» per andare verso un documento che, «pur mirando alla sintesi e orientandosi a decisioni votabili (prima o poi occorre pure decidere), sia più discorsivo del presente testo delle Proposizioni, anche emendato con i lavori di questi giorni, e più ricco e profondo».

Di questi giorni resta il lavoro per l’unità, bene da amare e difendere «ad ogni costo», «dall’Oriente all’Occidente», come ha affermato il cardinale Matteo Maria Zuppi nell’omelia della messa conclusiva di stamane nella basilica di San Pietro. «La comunione è pensarsi insieme, quel cuor solo e un’anima sola che non annullano le differenze ma annullano la divisione, che non umiliano l’io ma l’orgoglio che lo deforma, che ci rendono felici perché in questa casa di amore tutto ciò che è suo è nostro e viceversa», ha detto l’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ribadendo che l’unità «è sempre la premessa per la pace».

E quanto c’è bisogno di pace in questo mondo segnato da conflitti e tensioni. «Oggi c’è tanta discordia, tanta divisione. Quante guerre e quanta logica di guerra, è preoccupante… Sembra incredibile il male che l’uomo può compiere!», ha sottolineato il porporato. «Sentiamo in un mondo di divisioni, di violenza e paura, nella Babele che sembra impadronirsi delle relazioni tra le persone e i popoli, la necessità vitale di uscire, il bisogno di annunciare, di non restare chiusi in noi stessi: di non essere un gregge che rafforza il recinto, ma un pascolo aperto perché tutti possano nutrirsi della bellezza di Dio». L’invito alla Chiesa italiana da parte del suo presidente è ad essere «casa accogliente senza mura divisorie». E «per prima cosa» accogliente verso i più piccoli: «Forse — ha concluso — troppo poco abbiamo parlato dei poveri!».