Il ventennale della morte di san Giovanni Paolo II
Ha cercato l’unità

di Donatella Coalova
«Ho cercato l’unità con tutte le mie forze e continuerò a prodigarmi fino alla fine affinché essa sia fra le preoccupazioni principali delle Chiese». Con queste parole, pronunciate a Bucarest l’8 maggio 1999, durante il discorso al Patriarca Teoctist e agli altri membri del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa romena, san Giovanni Paolo ii sintetizzò una delle più salienti caratteristiche del suo pontificato: la passione per l’ecumenismo.
Una passione che, già prima di diventare pontefice, Karol Wojtyła sentiva intensamente, nella fedeltà al testamento di Cristo (cfr. Giovanni 17, 11) e al Concilio Vaticano ii. È nota, fra l’altro, la sua amicizia con frère Roger Schutz: da vescovo si recò in visita alla comunità di Taizé nel settembre 1965 e nell’ottobre 1968, contribuendo a una vasta diffusione della spiritualità di Taizé in Polonia. Divenuto Pontefice, diede ampio spazio all’ecumenismo sia nel suo magistero sia nella testimonianza, con molteplici pronunciamenti ed incontri.
Non è facile sintetizzare tanta ricchezza. Basti ricordare che già nella prima enciclica del 4 marzo 1979, Redemptor hominis, egli dedicò tutto il sesto capitolo al tema: «Via all’unione dei cristiani», con l’intento di dissipare dubbi e diffidenze. L’enciclica Slavorum apostoli, datata 2 giugno 1985, è oggi più attuale che mai. Afferma che non può esserci alcuno scontro di civiltà fra cultura slava e cultura occidentale, poiché entrambe nascono da una comune radice. Nel capitolo 27, infatti, Giovanni Paolo ii sottolineava: «Cirillo e Metodio sono come un ponte spirituale tra la tradizione orientale e la tradizione occidentale che confluiscono entrambe nell’unica grande Tradizione della Chiesa universale. Essi sono per noi i campioni ed insieme i patroni nello sforzo ecumenico delle Chiese sorelle d’Oriente e d’Occidente [...]. Essere cristiani nel nostro tempo significa essere artefici di comunione nella Chiesa e nella società».
Il 25 maggio 1995 fu pubblicata Ut unum sint, la prima enciclica dedicata interamente all’ecumenismo da un Pontefice. Un testo di straordinaria ricchezza, che anche oggi stimola e interpella i cristiani.
Il 24 maggio 2020, in occasione del 25° dell’enciclica, Papa Francesco ha scritto una lettera al cardinale Kurt Koch, prefetto dell’allora Pontificio Consiglio (oggi Dicastero) per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. Fra i vari temi toccati dalla Ut unum sint, c’era anche l’invito ai leader ecclesiastici e ai teologi a discernere insieme come il ministero petrino potesse essere esercitato in un modo accettabile per tutti i cristiani.
Nel 2020, il dicastero vaticano per l’ecumenismo ha commemorato il 25° anniversario dell’enciclica, rinnovando la discussione sul tema. Questo percorso ha portato nel 2024 alla pubblicazione del documento di studio «Il vescovo di Roma e l’unità dei cristiani». Proprio su questo argomento, lo scorso 18 marzo, Il Consiglio Ecumenico delle Chiese e il Dpuc hanno organizzato un webinar ecumenico.
Davvero, i semi lanciati da san Giovanni Paolo ii nella Ut unum sint continuano a germogliare. Allo stesso modo, sono state feconde le direttive ecumeniche contenute nella Lettera apostolica del 10 novembre 1994, Tertio millennio adveniente, e nella Lettera apostolica del 6 gennaio 2001, Novo millennio ineunte, così come le innumerevoli sollecitazioni racchiuse nelle meditazioni durante la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, nei discorsi ai rappresentanti delle altre Chiese durante i viaggi apostolici e in varie occasioni.
Di fatto, le iniziative di carattere ecumenico hanno costellato l’intero pontificato di Wojtyła. Fra i tanti incontri, basti ricordare quello del 30 novembre 1979 a San Giorgio al Fanar (Istanbul) con il Patriarca Dimitrios i; quello del 9 maggio 1980 ad Accra col Primate della Chiesa anglicana, Robert Runcie; quello del 17 novembre 1980 a Magonza con il Consiglio della Chiesa Evangelica; quello dell’11 dicembre 1983 con la Comunità evangelico-luterana di Roma.
Si aprirono delle strade. Fra le Dichiarazioni comuni sottoscritte da Giovanni Paolo ii, ci fu il testo del 23 giugno 1984, firmato insieme al Patriarca siro d’Antiochia, Moran Mar Ignatius Zakka i Iwas; la dichiarazione del 7 dicembre 1987, firmata insieme a Dimitrios i, nell’anno in cui si celebrava il 12° centenario del secondo Concilio di Nicea (787); la dichiarazione dell’8 maggio 1999 e quella del 12 ottobre 2002, entrambe firmate insieme a Teoctist, Patriarca della Chiesa ortodossa romena. Per il Venerdì santo, Giovanni Paolo ii affidò la scrittura dei testi della Via crucis nel 1994 al Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo i, nel 1995 a sorella Minke de Vries, della comunità protestante di Grandchamp, nel 1997 al Catholikos di tutti gli armeni, Karekin i, nel 1998 a un laico della Chiesa ortodossa, Olivier Clément.
Indimenticabili le manifestazioni ecumeniche volute dal Papa durante il Giubileo del 2000. Anche se la passione ecumenica di san Giovanni Paolo ii non sempre fu compresa da tutti, anche se non mancarono le difficoltà, egli continuò la sua dedizione generosa alla causa dell’unità, fino alla fine, insegnando e testimoniando che l’ecumenismo è dimensione essenziale del nostro essere cristiani.