· Città del Vaticano ·

Giornata della consapevolezza sull’autismo

Il diritto a una vita indipendente

 Il diritto  a una vita  indipendente  QUO-075
02 aprile 2025

di Gianmarco Murroni

Il futuro delle persone con disabilità non è scritto nei manuali clinici, ma nella possibilità concreta di progettare, insieme a loro, una vita vera, autonoma e soprattutto libera. Questo futuro sta iniziando a prendere forma ad Assisi: «Una vita indipendente è un diritto, non una possibilità». Lo afferma Francesca Di Maolo, presidente dell’Istituto Serafico di Assisi, ente ecclesiastico che promuove attività riabilitativa, psicoeducativa e assistenza socio-sanitaria per bambini e giovani adulti con disabilità fisiche, psichiche e sensoriali.

Il Progetto di vita indipendente rappresenta una strada che ripercorre il solco lasciato dalle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità per i disturbi dello spettro autistico e dalla legge 227/21 — la cosiddetta Legge delega sulla disabilità culminata nella legge 62/2024 — che hanno aperto una via chiara: costruire intorno alla persona, non intorno alla patologia. «Si tratta — prosegue Di Maolo — di una rivoluzione culturale. L’obiettivo è quello di mettere al centro la persona, non come oggetto, ma come soggetto che deve essere aiutato nel realizzare quello che è il suo progetto di vita». I maggiori problemi, per il presidente dell’Istituto Serafico, sono proprio culturali: «Abbiamo bisogno di partire dalla consapevolezza e da una opinione pubblica che conosca e accetti pienamente tutte le persone. Dobbiamo progettare in modo universale una società e un mondo in cui tutti possano realmente esprimere se stessi ed esercitare i propri diritti». Ma quando parliamo di indipendenza, non dobbiamo pensare a una persona che vive in solitudine, ma a un soggetto «capace di autodeterminarsi. La prima cosa è stabilire un codice di comunicazione, trovare un linguaggio alternativo e dentro quel linguaggio ascoltare la persona e le sue aspirazioni».

I problemi culturali innescano, poi, situazioni di disagio a livello relazionale e sociale. È quanto sostiene Benedetta Demartis, vicepresidente dell’Associazione nazionale genitori perSone con autismo: «Le maggiori difficoltà di inclusione si registrano in tutti i contesti della vita, ma la parte più difficile arriva alla fine della scuola, quando per questi ragazzi non c’è nulla e le famiglie si ritrovano con un figlio giovane, pieno di energia, ma che non ha amici. È nel passaggio al mondo degli adulti che avviene la parte più complicata, per le persone autistiche e per le loro famiglie».

L’associazione ha raggiunto tanti traguardi, a partire dalle linee guida e di indirizzo che le regioni italiane hanno recepito, ma l’applicazione di queste normative non sempre è attuata. «I servizi — spiega Demartis — sono presenti a macchia di leopardo. Per le famiglie è veramente una corsa a ostacoli capire quali siano gli uffici e i referenti a cui rivolgersi. L’applicazione della normativa è la sfida più difficile».

E riguardo la Giornata mondiale della consapevolezza sull’autismo, che ricorre ogni anno il 2 aprile, la vicepresidente dell’Angsa sottolinea come sia «importante accendere un faro su questo problema, ma è ancora più importante che non si perda l’interesse negli altri giorni dell’anno. I supporti dovrebbero essere calibrati a seconda della gravità di questa condizione, ma ognuna di queste persone avrebbe bisogno di un progetto individuale. Questo è difficile da ottenere perché manca una formazione specifica nel mondo della scuola, nel mondo della sanità, nel mondo del sociale».