In preghiera per la pace

Gli appelli per la riconciliazione in Sudan, in Sud Sudan e nel Myanmar devastato anche dal sisma
Da Casa Santa Marta al resto del mondo: lo sguardo di Papa Francesco — convalescente dal 23 marzo nella Domus Vaticana, dopo il lungo ricovero al Policlinico Gemelli — non cessa di volgersi ai tanti Paesi del pianeta piagati da guerre, violenze e crisi umanitarie, per invocare il dono della pace.
Una costante del suo Pontificato, questa, che non è mai venuta meno, neppure durante le fasi più complesse della broncopolmonite bilaterale dalla quale si sta attualmente riprendendo.
Ancora una volta, dunque, nel testo dell’Angelus diffuso a mezzogiorno, anche ieri, domenica 30 marzo, il vescovo di Roma ha invitato i fedeli a «pregare per la pace: nella martoriata Ucraina, in Palestina, Israele, Libano, Repubblica Democratica del Congo e Myanmar, che soffre tanto anche per il terremoto» del 28 marzo.
Il Papa ha rivolto poi un particolare pensiero al Sudan e al Sud Sudan, dove a pagare le conseguenze della guerra e delle tensioni sono le popolazioni civili, vittime non solo di violenze, ma anche di una «spaventosa catastrofe umanitaria».
Eppure non mancano i segnali di speranza, come in Asia centrale: e in proposito il Pontefice ha menzionato «un ottimo risultato diplomatico», ovvero la ratifica dell’accordo sulla delimitazione del confine tra il Tajikistan e il Kyrgyzstan.
In precedenza, commentando il Vangelo della Domenica Laetare, quarta di Quaresima, il Papa aveva esortato a vivere la preparazione alla Pasqua «come tempo di guarigione». «Anch’io la sto sperimentando così, nell’animo e nel corpo», aveva aggiunto, ringraziando «di cuore» quanti «a immagine del Salvatore, sono per il prossimo strumenti di guarigione con la loro parola e con la loro scienza, con l’affetto e con la preghiera».