· Città del Vaticano ·

Celebrata dall’arcivescovo Fisichella la messa per la conclusione del Giubileo dei Missionari della misericordia

Il perdono cambia la vita

 Il perdono cambia la vita  QUO-073
31 marzo 2025

di Alessandro Di Bussolo

La parabola del figlio che ritorna a casa «è stata rivelata da Gesù per permettere a ognuno di noi di scoprire quanto è immenso l’amore di Dio», quanto è differente dal nostro e quanto «abbiamo bisogno di accoglierlo in noi per entrare nella profondità del suo mistero quando intende offrire la grazia del ritorno e della riconciliazione». Lo ha sottolineato l’arcivescovo Rino Fisichella, pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, nella messa conclusiva del Giubileo dei Missionari della misericordia, celebrata ieri mattina, 30 marzo, quarta domenica di Quaresima, nella basilica romana di Sant’Andrea della Valle.

Nel racconto del Vangelo di Luca, ha spiegato il presule all’omelia, «Gesù non poteva parlare di Dio in termini umani con tratti più significativi», per dare voce «all’amore e misericordia del Padre». E ha invitato a trovare tratti comuni a noi sia nel primo che nel secondo fratello. Come il primo figlio, «tutti presto o tardi chiediamo l’eredità», per «essere liberi, autonomi, prenderci la nostra esistenza», con la conseguenza del fallimento. Perché «lontano da Dio e dalla sua casa, la Chiesa», si finisce per seguire «la strada che ci porta a compiere cose inutili, a utilizzare pensieri futili e toccare con mano la distanza dalla sorgente dell’amore».

L'altro figlio, «molto simile a tutti noi», ha ricordato Fisichella, vive il ritorno del fratello «con rabbia e rancore». Come lui, per i nostri anni di servizio fedele chiediamo «un capretto per far festa con i miei amici», di avere in cambio qualcosa, al punto «da confondere la gratuità del servizio e farlo diventare un’arma di ribellione contro Dio». Dalla risposta del Padre — «Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo» — emerge il peccato degli uomini, che non comprendono «il valore della vicinanza con Dio».

Rivolto ai sacerdoti, il celebrante ha rimarcato che «quando ci abituiamo al nostro ministero, tutto diventa ovvio, ripetitivo» e non si assapora «il senso della comunione con lui». Se si fosse invece «consapevoli della grazia che ci viene fatta per essere ogni giorno sempre con lui», l’esistenza di tutti i sacerdoti in generale, e in particolare dei Missionari della misericordia, sarebbe espressione trasparente dell’amore del Padre. Per questo «siamo chiamati a perseverare con Dio per condividere tutto con lui», ha commentato il pro prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione. Che ha quindi invitato a «fare nostri i sentimenti di paternità» del Padre della parabola, al fine di «saper guardare lontano per cogliere subito la presenza di quanti sono lontani e si stanno avvicinando».

Dobbiamo, ha spiegato Fisichella, «lasciare subito la miopia» di pensieri e comportamenti «per allargare il cuore e la mente a entrare in profondità verso chi si avvicina a noi». Inoltre, come il Padre «corre incontro al figlio», il sacerdote non sta seduto nel confessionale, «ma sa andare incontro al figlio quando è ancora lontano perché ha riconosciuto il suo ritorno a casa». E nell’abbraccio al figlio che ha sbagliato, fa comprendere «quanto l’amore dimentica il peccato, e il perdono obbliga a guardare direttamente al futuro» da vivere degnamente. Il Padre poi esprime la sua pazienza per il secondo figlio, «reticente e arrabbiato», non rimproverandolo, ma chiedendogli qualcosa di molto più impegnativo: «Riconoscere che l’amore cambia la vita; che il perdono restituisce una vita nuova; che la condivisione è frutto della generosità che ci è stata donata».

Infine, ha concluso l’arcivescovo celebrante, «i due figli devono riconoscere di essere fratelli» e rientrare insieme nella casa del Padre, perché solo insieme «si riesce a far emergere la grandezza dell’amore del Padre». Nessuno può rimanere «fuori dalla casa del Padre», pena il «non senso della vita»: con la riconciliazione piena e totale, ognuno dei fratelli può riscoprire di essere figlio.

Ai Missionari della misericordia, «strumento speciale di riconciliazione», il compito di ricordare a tutti, come fa Gesù con questa parabola, «quanto è immenso l’amore di Dio» ed è differente da quello degli uomini. E che l’Eucaristia «è fonte e sorgente del perdono», il banchetto di festa richiesto dal Padre, nel quale si compie la vera e piena riconciliazione perché qui il sacrificio di Cristo ha la sua espressione più alta. Il ministero della riconciliazione, infatti, ha concluso Fisichella, richiede che essa sia «eucaristica per essere pienamente espressiva del mistero della nostra fede».

Nel pomeriggio, i Missionari della misericordia hanno assistito nella chiesa dei Santi Ambrogio e Carlo al Corso al quinto dei concerti dell’Anno Santo per la rassegna “Il Giubileo è cultura”: il maestro Gabriele Bonolis ha diretto il concerto sinfonico “Missa Papae Francisci” in memoria di Ennio Morricone, eseguito dall’Orchestra Roma Sinfonietta, insieme al Nuovo Coro Lirico Sinfonico Romano e il Coro “Claudio Casini” dell’Università degli studi di Roma Tor Vergata.