· Città del Vaticano ·

Pellegrinaggi giubilari a Roma
Le diocesi di Faenza-Modigliana, Forlì-Bertinoro Imola e San Marino - Montefeltro

Gesù unica vera speranza

 Gesù unica vera speranza  QUO-073
31 marzo 2025

di Fabrizio Peloni

Solo Gesù è «l’unica vera speranza che supera ogni umana attesa» e «per una profonda rinascita spirituale, morale, culturale del popolo di Dio, che rappresentiamo qui a San Pietro, è fondamentale che la nostra Romagna non chiuda le porte a Cristo». Questa l’esortazione rivolta dal vescovo Mario Toso, ai fedeli della sua diocesi di Faenza-Modigliana e di quelle di Forlì-Bertinoro, Imola e San Marino - Montefeltro che mercoledì scorso, 26 marzo, dopo aver attraversato la Porta Santa della basilica Vaticana, hanno partecipato alla messa all’altare della Cattedra.

All’omelia il pensiero del presule è andato ai giovani, invitando i pastori a «essere solleciti ad accogliere, discernere e accompagnare il cammino vocazionale delle nuove generazioni» e le comunità ecclesiali, le associazioni, le aggregazioni e le organizzazioni ad «assecondare, con la loro opera missionaria ed educativa, l’incontro con Cristo». Per fare ciò, monsignor Toso ha indicato alcune figure di grandi santi del passato protagonisti in terra romagnola: «C’è bisogno di missionari dal cuore ardente, animati da una viva speranza», come Apollinare, Cassiano, Pier Damiani, Mercuriale e Marino. «Mi piace ricordare anche Antonio di Padova che visse a Montepaolo di Forlì per un solo anno, ma che lasciò con i suoi confratelli una grande tradizione di fede e di carità, affascinando i fedeli con la sua prima predica pubblica a Forlì nel 1222», ha ricordato ancora il vescovo che da 10 anni guida la Chiesa di Faenza-Modigliana.

Il presule ha concluso l’omelia con un «pensiero affettuoso al Santo Padre Francesco. Il Signore vicino al suo gregge è anche vicino al Pastore che, tornato finalmente dall’ospedale, vive un ministero più intenso».

Erano circa in 1.500 i pellegrini giunti dalle quattro diocesi romagnole, che intorno alle 9 di mattina hanno invaso piazza Pia, per poi intraprendere, accompagnati dai rispettivi vescovi, il “percorso” giubilare che da via della Conciliazione arriva alla Porta Santa.

Ad aprire l’ultimo tratto del pellegrinaggio per giungere in San Pietro è stata la diocesi di Forlì-Bertinoro guidata dal vescovo Livio Corazza. «Alla vigilia della seconda assemblea sinodale delle chiese in Italia, il nostro camminare insieme verso la Porta Santa vuole essere un segno di speranza», ha affermato il presule, riferendosi alla condivisione del pellegrinaggio con le altre diocesi romagnole.

Tra i fedeli forlivesi anche un gruppo dell’Unitalsi, guidato dalla presidente e da don Filippo Foietta, che ha accompagnato alcune persone disabili, e il dirigente scolastico Giovanni Maria Ghidetti, che ha sentito forte «lo spirito del pellegrinaggio medievale quando i fedeli prima di arrivare in San Pietro si fermavano alla chiesa del Pellegrino, come per espiare i peccati più grandi e purificarsi; così questa sosta in piazza Pia, con la basilica all’orizzonte, ha costituito un momento di forte riflessione personale».

È stato poi il turno del gruppo più folto, quello di Faenza-Modigliana. Qui monsignor Toso aveva in qualche modo introdotto l’omelia confidando la necessità «in un momento di carenza di vocazioni al matrimonio, così come alla vita religiosa, di rimanere aggrappati alla speranza che i giovani si innamorino ancora di Cristo».

Subito dopo è stato il vescovo Giovanni Mosciatti, di Imola, a imbracciare la “croce del pellegrino”. Nell’accompagnare il suo gruppo verso San Pietro ha ricordato quanto «Papa Francesco ci stia dando una grandissima testimonianza e aiuto a vivere la sofferenza e la fragilità che ognuno di noi, sotto vari aspetti, porta con sé».

«Speriamo di essere giovani portatori di speranza». Con questo intento i cugini Anna e Agostino, 15 e 20 anni, sono venuti a Roma con i loro genitori. Il ragazzo si è detto consapevole della valenza della sua frase — pronunciata un attimo prima di intraprendere il percorso finale che da piazza Pia arriva alla basilica Vaticana — osservando gli sguardi colmi di orgoglio di papà Filippo, di zia Federica e di suor Ilaria che con grandi sorrisi testimoniava la gioia vissuta. I tre adulti avevano appena ricordato il Giubileo del 2000, in cui avevano partecipato alla Gmg, sottolineando come l’Anno santo costituisca «l’occasione per alzare lo sguardo e vedere il futuro con fiducia, soprattutto verso i giovani». E subito dopo si sono incamminati verso la Porta Santa, quella porta che «mi manda verso qualcosa, la cosa più grande e la cosa più bella», ha concluso Agostino, cui ha fatto eco Anna che ha preso come un dono quello di «partecipare a un evento così atteso e grande insieme a tante persone unite dalla speranza nel perdono».

Infine è stata la volta della diocesi di San Marino – Montefeltro. Il vescovo Domenico Beneventi — aveva al suo fianco il suo predecessore Andrea Turazzi — ha sottolineato l’importanza dell’universalità della Chiesa che non ha confini, dimostrata da questo «pellegrinaggio sinodale delle diocesi che insieme hanno vissuto il Giubileo, un grande momento di grazia».

L’impatto visivo di una via della Conciliazione “romagnola” con oltre 1500 fedeli con indosso foulard gialli ha colpito l’attenzione di don Tiziano Zoli, che da presidente dell’Opera pellegrinaggi della regione, aveva il non facile compito di coordinare l’afflusso delle varie diocesi. «Abbiamo vissuto queste giornate con spirito di fede e come occasione preziosa per incontrare Gesù Cristo: nelle persone che hanno condiviso il pellegrinaggio, nelle parole dei nostri pastori che ci hanno accompagnato e nell’aver accolto, magari con un sorriso, anche quei piccoli disagi che ogni pellegrinaggio porta con sé».