
di Violante Sergi
Dopo una vita trascorsa in clausura, da ormai sette anni suor Francesca Battiloro vive in una casa di riposo. La porta della mia stanza è sempre aperta, dice la suorina ultranovantenne, ma non entra mai nessuno. E Dio? le domando, neanche Lui entra? Dio non ha bisogno di porte per entrare, Lui è sempre qui, dice la piccola consacrata dell’ordine della Visitazione battendo la mano sul grosso crocifisso che porta sul petto.
Il Signore è entrato nella sua vita quand’era piccola. Tutti i giorni salivamo con mamma i gradini che separavano casa nostra dalla clausura. Mamma, le dicevo, che vuol dire clausura? Vuol dire che chi sta dentro non può uscire. Io la interrompo: Un po’ come in prigione? La piccola visitandina mi guarda coi suoi occhi ciechi, ed è come se mi vedesse: Non è una prigione, è la casa di Dio. E come si vive in quella casa? Seduta sulla sua poltrona la piccola monaca mi racconta la sua storia.
A sette anni ho varcato la soglia della clausura. È stata un’eccezione, precisa, il cardinale disse a mia madre: “Se la bambina si trova male basta che apra la porta e scenda le scale, in fondo, sono solo pochi gradini”. A separare quella bambina dal mondo non erano pochi gradini.
Sin da piccola io ho sentito il desiderio. Il desiderio di cosa? Il desiderio di Dio, dice suor Francesca, poi mi guarda coi suoi occhi ciechi: la clausura non è una prigione, è una chiave per Dio. Sarà, ma a me le porte chiuse non piacciono, ne ho viste troppe: porte sbattute in faccia, porte che per quanto bussi, ti prego, apri, ti prego, fammi entrare, ti prego, rimangono sempre chiuse. Io sono cresciuta così. Forse per spronarmi la piccola visitandina cita il solito passo del Vangelo: Bussate e vi sarà aperto. Sì, suor Francesca, ma quando? Quando è il momento. E quand’è il momento? Questo solo Dio lo sa. Il solito mistero, la solita Provvidenza. Ma se quando la porta si apre tu sei troppo vecchia o troppo stanca per varcarla?
Suor Francesca, le dico, io adesso devo andare, la piccola visitandina mi afferra la mano: prima possiamo chiamare quel signore, volevo sapere quella cosa, sul Giubileo. Le passo il cellulare. Mi scusi se la disturbo, dice la suorina chinandosi sul telefono come fosse un libro di preghiere, sa, io mi muovo con difficoltà, però, e qui la piccola visitandina ha un momento di incertezza, però, avrei il desiderio di varcare la Porta Santa. Ai malati, dice la voce al telefono, ai malati che non possono muoversi basta seguire la messa in televisione. La piccola consacrata mi guarda smarrita, in televisione non è la stessa cosa, dice con la fronte adesso schiacciata sul telefono come fosse un breviario, io desidero soltanto passare la Porta Santa.
Come se non fosse più un libro di preghiere, ma una scatola vuota, la monaca mi porge il telefono, poi si lascia cadere sulla poltrona dove trascorre tutte le sue giornate, ci deve essere un modo, mormora. Un modo c’è sempre, dovrebbe trovare qualcuno che la accompagna. Nel Vangelo quel qualcuno sono quattro persone che si caricano in spalla l’amico malato con tanto di lettuccio, poi, visto che davanti alla casa dove sta Gesù c’è troppa gente, i quattro che fanno? Bucano il tetto e l’amico loro lo calano dritto dritto in braccio a Gesù.
Detta così la storia è molto bella, ma dove le trovo altre tre, quattro, cinque persone che danno una mano? Suor Francesca, ora ci penso, le dico, e penso a Gesù Cristo che ha detto ama il prossimo tuo. A noi dal prossimo non ci separano pochi o tanti gradini, a noi ci separa il desiderio, la follia dell’amore, che pure che vedi nell’altro un muro, una porta chiusa, tu non passi oltre, non dici: peccato, no, tu ti metti lì di fronte a quella porta come quando rimani chiusa fuori a casa e te le inventi tutte per entrare, spille, pinzette, carte di credito, basta che entro, basta che questo mistero che è l’altro per una volta lo vedo, allora, sicuro, non lo lascio.
Suor Francesca, io vado, le dico varcando la soglia della sua stanza, che faccio, le chiudo la porta? La piccola visitandina mi guarda, lasciala aperta, dice, lasciala sempre aperta.