· Città del Vaticano ·

Il cardinale Parolin alla “Cattedra dell’accoglienza”

In Ucraina
pace giusta e duratura

Vatican’s Secretary of State Cardinal Pietro Parolin, on the occasion of the third day of the 2025 ...
28 marzo 2025

Hamas e Israele trovino soluzioni senza armi


di Salvatore Cernuzio

Negoziati «senza precondizioni» per una pace giusta e duratura in Ucraina, un «senso di moderazione» da parte di Hamas e Israele, e soluzioni «senza il ricorso alle armi» per Gaza. Poi, parole «disarmate», che aiutino a dialogare, a incontrarsi e non dividersi e, laddove non riescano in que penitente, sto intento, «fare il più silenzio possibile». Il cardinale Pietro Parolin guarda con apprensione alle guerre che dilaniano il mondo, quelle combattute in Europa e Medio Oriente, ma anche alle guerre verbali che vanno ad aggravare un’epoca di tensioni.

Il segretario di Stato è intervenuto ieri pomeriggio alla terza e penultima giornata della Cattedra dell’accoglienza, iniziativa che si conclude oggi, 28 marzo, alla Fraterna Domus di Sacrofano, vicino Roma, ideata per promuovere la cultura della solidarietà e l’arte dell’incontro e del dialogo.

Il porporato ha partecipato a un dibattito sull’attualità con Vincenzo Buonomo, delegato pontificio presso la Pontificia Università Urbaniana, ma prima si è fermato con i giornalisti per rispondere ad alcune domande a margine dell’avvenimento, a cominciare da quelle sulla salute del Papa, convalescente a Casa Santa Marta.

Auspicando che Francesco possa «riprendersi un po’ alla volta», il cardinale Parolin ha ricordato la Statio Orbis di cinque anni fa in una piazza San Pietro isolata, nel pieno della pandemia di Covid-19, e ha sottolineato che — ora come allora — il Pontefice «è ben collegato con tutta la Chiesa e con tutti i fedeli». «Lo hanno dimostrato tutte le manifestazioni di affetto e soprattutto di preghiera con cui è stato accompagnato durante i giorni della sua malattia e che continuano» ancora oggi, ha aggiunto.

Lo sguardo del cardinale si è allargato poi al mondo per arrivare fino agli Stati Uniti d’America, da dove giungono le recenti dichiarazioni «forti» del presidente Donald Trump contro gli europei definiti «parassiti». In proposito il porporato ha invitato a «disarmare le parole», riprendendo la bella espressione messa da Papa Francesco nero su bianco il 18 marzo scorso nella lettera al direttore del «Corriere della Sera», Luciano Fontana. «Disarmare le parole per evitare che poi diventino conflitti e diventi guerra guerreggiata», ha rilanciato il segretario di Stato. «Questo vale per tutti. E soprattutto oggi, quando c’è una situazione così tesa in tutti gli ambiti è bene usare poche parole, fare silenzio il più possibile e se si usano parole, parole sagge, parole che possano aiutare a dialogare, ad incontrarsi e non a dividersi».

Sull’Ucraina, mentre sono in corso i negoziati per una tregua, il porporato ha espresso la speranza che «davvero» si arrivi a «conclusioni positive: credo che l’importante è che si negozi senza precondizioni — ha detto —, in modo tale che si trovi un punto di accordo e si possa arrivare alla fine a una tregua prima e poi a un negoziato vero e proprio per arrivare a quella pace giusta e duratura che tutti auspichiamo e che penso anche le parti stesse desiderano ottenere».

Il cardinale Parolin ha invocato pure soluzioni per Gaza, non nascondendo la speranza che la tregua temporanea possa diventare «una tregua permanente», così da «avviare un discorso di pacificazione e di ricostruzione».

«Credo — ha rimarcato — che dalle due parti bisogna avere un grande senso di moderazione, forse che non è stato esercitato sia da parte di Hamas, sia da parte degli israeliani. Cercare di trovare una via per risolvere il problema che c’è, senza bisogno di ricorrere alle armi».

Di pace il porporato ha parlato anche nel successivo dibattito con Buonomo, evidenziando che «tutti pensavano che questa pace sarebbe continuata e avevamo messo le premesse per farla continuare. È bastato poco per far sì che questa illusione svanisse». Il problema, secondo il cardinale Parolin, è la «visione sempre più individualista dell’uomo», come pure la mancanza di fiducia reciproca. «Tutto questo si ripercuote a livello internazionale», ha commentato. «Nessuno si fida più di nessuno. E questo deriva dal non saper coltivare le relazioni e porta al riarmo, ad attaccare prima di essere attaccati e si crea questa situazione di conflitto permanente».

Per il segretario di Stato «è immorale il possesso delle armi nucleari per le conseguenze che possono provocare». E in riferimento al vertice della «coalizione dei volenterosi» a Parigi, ha ribadito che «tutta la vita internazionale si gioca sulla volontà degli Stati di osservare le regole che si sono dati. Se non c’è questa volontà politica, non c’è possibilità di una vita internazionale pacifica e costruttiva», ha chiosato Parolin, ricordando come gli organismi internazionali siano nati in un contesto di Guerra Fredda e dopo i grandi conflitti che hanno insanguinato l’Europa nel secolo scorso.

«Oggi il mondo è profondamente cambiato, ci sono tanti centri di potere e forse non c’è stato a sufficienza un impegno da parte degli organismi internazionali di adattarsi a queste nuove realtà del mondo». Forse, a detta del porporato, «si è perduta la speranza di cambiare questo sistema che è un sistema di blocco reciproco che non permette di affrontare i reali problemi della società». Bisogna perciò «adeguare gli organismi internazionali alla realtà che si è prodotta negli ultimi decenni». Il problema è se ci sia «interesse a riformarli affinché funzionino adeguatamente» o «si preferisce ispirarsi ad altri principi».

Da qui, una riflessione anche sulla comunicazione e sulla funzione dei media come amplificatori dei temi di pace e dialogo. In particolare «come cristiani — ha affermato il segretario di Stato —, abbiamo il dovere e l’impegno di tornare su questi argomenti che tendono a essere dimenticati per ragioni nazionali o perché i media non vi dedicano grande attenzione».

Nel dialogo, spazio anche alla questione migratoria con il cardinale Parolin che ha rilevato un «atteggiamento negativo» sul fenomeno, «pur riconoscendo che l’Europa ha un estremo bisogno dei migranti. Il tentativo che si sta facendo è diminuire i flussi irregolari, ha spiegato, e in riferimento ai sentimenti della gente «che poi i politici ascoltano», ha aggiunto: «C’è tanta paura diffusa nella nostra Europa di una invasione, bisognerebbe riuscire a smontare questa visione e avere un approccio più positivo verso questi nostri fratelli e sorelle che fuggono da situazioni di estrema miseria o conflitto. Offrire spazi di accoglienza ai migranti penso sia fondamentale».

Quanto alla fuga dei cristiani dal Medio Oriente si assiste a un impoverimento, secondo il porporato, ed «è una grande tragedia dal punto di vista religioso, perché questi sono i luoghi in cui è nato il cristianesimo»; ma è una tragedia «anche per le comunità stesse» perché esse «sono una presenza di moderazione in tante situazioni e possono contribuire ad attenuare le tensioni».

«Una società senza cristiani — ha concluso il segretario di Stato — rischia di diventare radicalizzata, estremista».