
27 marzo 2025
di Gabriele Nicolò
La critica letteraria dovrebbe scaturire da un debito di amore. In modi evidenti, e tuttavia misteriosi, una poesia, un romanzo, un dramma afferrano la nostra immaginazione. Nel momento in cui deponiamo il libro «non siamo più quelli che eravamo prima di leggerlo». Scandisce, con solennità, questa piccola grande verità l’illustre critico letterario francese, George Steiner, nell’ambito del saggio Tolstoj o Dostoevskij (1995). La sua è una riflessione profonda, a tratti dall’accento accorato, sulla missione cui è chiamato il critico. E a quell’accento accorato si lega anche una vibrazione polemica e malinconica nel constatare il cambiamento (non in meglio) intervenuto riguardo al modo di leggere e di interpretare un testo.
«Le grandi opere d’arte — scrive — ci ...
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