· Città del Vaticano ·

La riflessione di una madre sulla guerra

Quale futuro vogliamo lasciare ai nostri figli

Palestinian children react as they inspect the rubble and debris at the site of Israeli strikes the ...
26 marzo 2025

La mamma del piccolo Nadir — 5 anni, doppia cittadinanza, italiana e palestinese — vive a Gerusalemme, dove insegna violoncello nella scuola musicale della Custodia di Terra Santa. Da lei riceviamo questa accorata lettera.

di Lucia D’Anna

Un moto di sentimenti torbidi e accartocciati continua a cercare di districarsi da quando è ricominciata la guerra. Rabbia, paura, inadeguatezza, mancanza di visione verso un futuro… tutti indistinti in una palla, che come le palle di pelo dei gatti andrebbe sputata fuori ma ormai non si può fare neanche questo.

Da giorni in questo stato di perdizione e disperazione silente mi sto chiedendo cosa si ricorderà mio figlio? Come ci giudicherà? Lui almeno è più o meno al sicuro, a Gerusalemme sentiamo le sirene ma non ci cascano in testa bombe su bombe. Come si sentirà lui, bimbo di doppia nazionalità, una volta cresciuto riguardo i suoi stessi simili solo palestinesi? Ci guarderà con pietà o ci odierà? Come guarderà la sua mamma occidentale quando scoprirà che molti del cosiddetto Occidente non hanno mosso un dito verso i suoi simili? Mi allontanerà? Sarà sufficiente dirgli che la sua mamma ha provato a scrivere per quel che poteva su quello che stava succedendo, che i suoi genitori hanno cercato per quanto possibile di raccogliere piccole donazioni e aiutare altre persone più sfortunate. Ma sarà stato abbastanza? O siamo tutti degli ipocriti?

Noi adulti stiamo perdendo il tempo a cercare un’etichetta a questa tragedia immane che è la guerra di Gaza, ci sarà un prima e dopo Gaza, perché è troppo orribile tutto quello che è accaduto dal 7 ottobre in poi. Ma perdiamo tempo a decidere quale sia il termine adatto mentre la gente muore, i bambini vengono massacrati.

Questo conflitto ci cambierà tutti, sta entrando nelle viscere di chi ancora ha una coscienza per non uscirne più. Cambieremo nel bene e nel male. Dovremo fare i conti con le nostre coscienze.

Bambini di 4-5 anni come mio figlio sono consapevoli di quello che succede, qui i piccoli non hanno vite normali, nascono e diventano adulti come i fiori che sbocciano in un giorno.

Da madre e da insegnante mi trovo davanti questi piccoli saggi che dicono frasi stupende, che noi adulti stolti non riusciamo a pensare. Loro pensano sempre ai loro piccoli simili, ricordandoli in preghiere o giornate speciali come la giornata della mamma. Noi invece siamo occupati a pensare a noi stessi, non riusciamo neanche a vedere se il vicino di casa sta bene.

Chiediamoci davvero, con l’aiuto di Dio per chi crede o per chi non crede con l’aiuto della morale se esiste ancora, che futuro vogliamo lasciare ai nostri bimbi.

Prima di pensare a come chiamare le cose o riarmarsi, cerchiamo di vedere con occhi onesti che cosa realmente provocano le guerre.

Nel frattempo spero ed auguro a mio figlio che possa vedere una Terra Santa non più dilaniata dalla violenza ma che possa essere un posto di coesistenza tra due popolazioni finalmente in pace.