· Città del Vaticano ·

Si celebra la 33ª Giornata dei missionari martiri

Un invito all’incontro con Dio

 Un invito all’incontro con Dio  QUO-067
24 marzo 2025

di Donatella Coalova

Dag Hammarskjöld, premio Nobel per la Pace nel 1961, quasi presagendo la sua tragica fine, aveva scritto nel suo diario: «Se colgono nel segno e uccidono, che c’è da piangere? Altri ti hanno preceduto, altri seguiranno…». C’è una scia di sangue nella storia della Chiesa. Sgorga dalla croce di Cristo ed attraversa i secoli. Ma «sanguis martyrum semen christianorum», come notava Tertulliano. E sant’Óscar Arnulfo Romero y Galdámez (1917-1980), sentendosi minacciato, diceva: «Un obispo morirá, pero la Iglesia de Dios, que es el pueblo, no perecerá jamás» («Un vescovo morirà, ma la Chiesa di Dio, che è il popolo, non perirà mai»). Il 24 marzo 1980, mentre celebrava la santa messa, fu assassinato da un tiratore scelto. I mandanti dell’omicidio pensavano di avergli tappato definitivamente la bocca. Invece, la testimonianza di “San Romero delle Americhe”, più incisiva che mai, è come una rosa rossa, fremente d’amore, protesa al cielo, per sempre. Proprio il 24 marzo, nell’anniversario della sua uccisione, si celebra la Giornata dei missionari martiri, che oggi vede la sua trentatreesima edizione. L’iniziativa, infatti, nacque nel 1992, su proposta del Movimento giovanile delle Pontificie opere missionarie, ora Missio giovani. Il tema di quest’anno, Andate e invitate (cfr. Matteo, 22,9), è lo stesso proposto da Papa Francesco per la xcviii Giornata missionaria mondiale 2024, Andate e invitate al banchetto tutti. Gli organizzatori fanno esplicito riferimento alle parole del Santo Padre, nel Messaggio dello scorso 20 ottobre: «la missione è un andare instancabile verso tutta l’umanità per invitarla all’incontro e alla comunione con Dio. Instancabile! Dio, grande nell’amore e ricco di misericordia, è sempre in uscita verso ogni uomo per chiamarlo alla felicità del suo Regno, malgrado l’indifferenza o il rifiuto». Il logo scelto per il manifesto della Giornata dei missionari martiri, una fotografia scattata da padre Dario Dozio in un villaggio della Costa d’Avorio, rappresenta appunto la gioia della condivisione, nella semplicità e nell’amore: la frutta e la verdura portate all’altare durante l’offertorio costituiscono l’essenziale per poter continuare il cammino di ogni giorno. Ogni fedele, pur nella sua povertà, ha dato volentieri il suo contributo, proprio come i missionari scelgono di donare la loro vita spezzando la Parola e la quotidianità insieme a chi è dimenticato, oppresso, emarginato. Anche coloro che partecipano alla Giornata, ormai ampiamente radicata nelle diocesi italiane, sono invitati ad offrire un contributo concreto, frutto del digiuno di questa quaresima, per sostenere progetti di assistenza e sviluppo. In particolare, si chiede di aiutare il progetto di solidarietà “Giovani missionari, seminatori di speranza”, che mira a «rivitalizzare la vita comunitaria della diocesi di Matanzas, nell’isola di Cuba, risvegliare nei giovani lo spirito missionario, celebrare la fede nell’anno giubilare».

Secondo il rapporto pubblicato dall’Agenzia Fides, organo di informazione delle Pontificie opere missionarie dal 1927, nel corso del 2024 sono stati uccisi 13 missionari cattolici, di cui 8 sacerdoti e 5 laici. Dal 2000 al 2024 il totale dei missionari e operatori pastorali uccisi è di 608. Nel 2024 il numero più alto di missionari e operatori pastori uccisi continua ad essere in Africa e in America. Per ciò che riguarda l’Africa, 2 operatori pastorali sono stati assassinati in Burkina Faso; 2 sacerdoti sono periti a colpi di arma da fuoco in Sudafrica; un giornalista cattolico, coordinatore di «Radio Maria-Goma», è stato assassinato nella Repubblica Democratica del Congo e un sacerdote nel Camerun. Per ciò che riguarda l’America, sono stati uccisi 3 sacerdoti (uno in Colombia, uno in Ecuador, uno in Messico) e 2 operatori pastorali (uno in Honduras e uno in Brasile). In Europa, hanno perso la vita per morte violenta un padre francescano spagnolo e un sacerdote polacco.


Un testimone del Vangelo

Juan Antonio López 


Il 22 settembre 2024, dopo l’Angelus, Papa Francesco esclama: «Ho appreso con dolore che in Honduras è stato ucciso Juan Antonio López, delegato della Parola di Dio, coordinatore della pastorale sociale della diocesi di Trujillo e membro fondatore della pastorale dell’ecologia integrale in Honduras. Mi unisco al lutto di quella Chiesa e alla condanna di ogni forma di violenza. Sono vicino a quanti vedono calpestati i propri diritti elementari e a quelli che si impegnano per il bene comune in risposta al grido dei poveri e della terra».

 Juan Antonio López è stato un limpido testimone del Vangelo, animato da una profonda fede, fin dagli anni giovanili. Colpito dalla testimonianza di sant’Óscar Arnulfo Romero, volle seguirne le orme. Amava la vita, lottava per la vita, senza cedere a comodi silenzi. Coraggioso, determinato, è stato un appassionato difensore dei diritti umani e ambientali. Ben consapevole dei rischi che correva, non si è   fatto bloccare da nessuna minaccia. La moglie, Telma Peña Oliva, lo descrive come «uno sposo esemplare, un padre di famiglia molto amorevole, un uomo dedicato alle cose di Dio, alla Parola di Dio». Lo assassinano a colpi di pistola nella sera del 14 settembre scorso. Aveva appena finito di partecipare alla celebrazione eucaristica. Muore all’istante, a soli 46 anni. Lascia la moglie e due figlie. Di recente aveva denunciato la contaminazione dei fiumi Guapinol e San Pedro, minacciati da progetti minerari illegali che mettono a rischio le risorse idriche da cui dipendono le comunità locali. Subito dopo l’omicidio, il vescovo di Trujillo, monsignor Jenry Orlando Ruiz Mora, in una commovente lettera aperta, scrive: «Sapevi bene che il sistema estrattivo e minerario è un sistema che uccide e distrugge tutti, insieme alla corruzione dei falsi politici e dei narcogoverni. […]. Hai capito con Papa Francesco che la crisi ecologica e quella sociale sono una cosa sola. Caro Juan López, che il tuo sangue faccia fiorire i semi del Regno e che possiamo avere frutti di giustizia, dove un nuovo Honduras è possibile».