· Città del Vaticano ·

Summit sulla longevità patrocinato dalla Pontificia Accademia per la vita

Sfidare l’orologio del tempo

 Sfidare l’orologio  del tempo  QUO-067
24 marzo 2025

di Eugenio Murrali

La sfida proposta oggi dal primo Vatican Longevity Summit è di creare un modello di longevità umana integrale, consonante con la visione di Papa Francesco, che considera la vecchiaia una grazia. Il summit è stato presentato questa mattina nella Sala stampa della Santa Sede e si apre oggi pomeriggio presso il Centro Congressi Augustinianum di Roma, alla presenza del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin.

L’iniziativa è patrocinata dalla Pontificia Accademia per la Vita, il cui presidente, l’arcivescovo Vincenzo Paglia, ha dichiarato: «Noi viviamo nel cuore di una gigantesca contraddizione, perché l’intera cultura ordinaria ritiene la vecchiaia un naufragio». Una società che invecchia ma in cui molti non sentono l’urgenza su un tema che Papa Francesco ha invece messo al centro. L’arcivescovo offre l’immagine di un palazzo di quattro piani, le quattro età, dove, però, mancano scale e ascensori, cioè la comunicazione intergenerazionale. Il Santo Padre, che ha fornito una vera «spiritualità della vecchiaia», ha ricordato Paglia, ha favorito il dialogo tra le età, per esempio, con l’istituzione di una festa dedicata ai nonni.

Premi Nobel, scienziati di fama internazionale, rappresentanti delle istituzioni contribuiscono quest’oggi alla riflessione per arricchire in dignità e qualità l’ultima fase della vita, un bene comune che va onorato integrando scienza, etica e spiritualità.

Alla presentazione è intervenuto il principale promotore del convegno, padre Alberto Carrara, presidente dell’Istituto Internazionale di Neurobioetica, Iinbe, che ha menzionato anche il ruolo rivestito nella nascita del summit da Viviana Kasam, presidente del BrainCircle Italia, recentemente scomparsa. «La tecnologia deve essere al servizio dello sviluppo integrale della persona umana», ha insistito Carrara, ponendo anche il tema dell’equità e della democratizzazione degli strumenti a favore della buona longevità. Questo punto è stato ripreso dal premio Nobel per la Chimica, professor Venki Ramakrishnan, che ha richiamato l’attenzione sul rischio di «una società squilibrata», non solo per la diminuzione dei giovani rispetto agli anziani, ma anche per un problema sociale: «Se si fanno studi sulla longevità chi ne beneficerà?» E ha messo in guardia: «Si può immaginare che ci sia una società a due velocità, in cui le persone ricche saranno ancora più ricche, avranno ancora più potere», perché potranno godere dei mezzi di una vecchiaia sana.

Uno sguardo alla sacralità dell’anziano nell’intervento del professor Maira, fondatore e presidente della fondazione Atena, che ha dichiarato: «L’anziano è l’espressione massima di quello che la società può fare per l’uomo». Lo scienziato ha speso parole importanti sul tema della prevenzione e dell’educazione — soprattutto per i giovani — a una vita sana, lontana da eccessi, anche per permettere alla longevità di essere sostenibile. «Cento anni fa l’età media nei paesi industrializzati era di circa 40-45 anni, oggi è quasi il doppio», ha asserito il professor Juan Carlos Ipsizua Belmonte del Salk Institute for Biological Studies in California, il quale ha correlato la vecchiaia di oggi con lo sviluppo del concetto di cura, che è passato soprattutto attraverso l’igiene, gli antibiotici e i vaccini: «Non bisogna aumentare la durata della vita come un fine in sé, ma migliorarne la qualità».

Nel pomeriggio contribuisce alla riflessione anche il professor Shyn’ya Yamanaka, premio Nobel per la Medicina 2012.