
Un periodo di convalescenza di almeno due mesi, il prosieguo parziale della terapia farmacologica «ancora per molto tempo e per via orale» e quello a tempo pieno delle fisioterapie motoria e respiratoria (le stesse a cui si è sottoposto nei giorni di ricovero al Gemelli), la raccomandazione di evitare incontri, singoli e di gruppo, un’assistenza 24 ore su 24 per provvedere ai «fabbisogni», a cominciare dall’ossigeno, ed intervenire in caso di eventuali emergenze. Proseguirà così la vita di Papa Francesco ora che è tornato «a casa», nella Domus Sanctae Marthae, dopo 38 giorni di degenza al Policlinico Gemelli a causa della polmonite bilaterale polimicrobica che lo ha colpito. Sono stati i medici Sergio Alfieri e Luigi Carbone ad illustrare nel dettaglio la fase post-ricovero del Pontefice in una affollata conferenza stampa — la seconda dopo quella del 21 febbraio — che si è svolta nel pomeriggio di sabato 22 marzo nell’atrio dell’ospedale romano.
Conferenza iniziata con «la buona notizia attesa da tutto il mondo» della dimissione del Papa dal Policlinico domenica 23 marzo. A riferirla lo stesso Alfieri, direttore del Dipartimento di Scienze mediche e chirurgiche del Gemelli e direttore dell’équipe che ha avuto in cura il Papa: «Il Santo Padre domani torna a casa», ha affermato tra i commenti stupiti dei giornalisti presenti. Sempre il medico che per due volte ha operato il Pontefice nel 2021 e nel 2023 ha poi tracciato un «doveroso» riassunto di cosa è avvenuto dal 14 febbraio, giorno in cui il Papa si è presentato al Gemelli «con un’insufficienza respiratoria acuta dovuta ad un’infezione polimicrobica». Quindi «virus, batteri e miceti che hanno determinato una polmonite bilaterale severa» e richiesto «un trattamento farmacologico combinato durante il ricovero».
Due episodi «molto critici» si sono registrati in queste sei settimane e Francesco «è stato in pericolo di vita». Poi «le terapie farmacologiche, la somministrazione di ossigeno ad alti flussi e la ventilazione meccanica non invasiva hanno fatto registrare un lento e progressivo miglioramento, facendo uscire il Santo Padre dagli episodi più critici». In ogni caso il Pontefice «non è mai stato intubato», non ha avuto il Covid e non ha il diabete, è sempre rimasto «vigile, orientato e presente». Le dimissioni sono avvenute «in condizioni cliniche stabili da almeno due settimane», ha specificato Alfieri, che ha anche chiarito il fatto che «le infezioni più gravi si sono risolte». «Se la domanda è ha ancora la polmonite bilaterale? La risposta è no. Se è completamente guarito da tutte le specie polimicrobiche: ci vorrà del tempo».
Sono perciò dimissioni «protette» quelle di Francesco, ha sottolineato Carbone, vice direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano e medico referente del Papa, spiegando che a Santa Marta non sono stati approntati particolari presidi o stanze ma sono state valutate tutte «le necessità del Santo Padre».
Tutti — tra cui importanti infettivologi e diabetologi — hanno ritenuto che questo «fosse il momento giusto per non far stare il Santo Padre di più in ospedale», gli ha fatto eco Alfieri, anche perché «gli ulteriori progressi sono a casa propria. L’ospedale, anche se può sembrare strano dirlo, è il posto peggiore dove fare la convalescenza, perché è dove si prendono più infezioni».
Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, i due specialisti si sono soffermati sulla questione del recupero della voce da parte del Papa, dopo le notizie circolate su una difficoltà a parlare. «I polmoni sono stati danneggiati e anche i muscoli respiratori sono stati in difficoltà», ha spiegato sempre Alfieri. «Una delle prime cose che accadono è che si perde un po’ la voce» e come per tutti i pazienti giovani e anziani, ma soprattutto anziani, «ci vorrà del tempo affinché torni quella di prima». Già rispetto a dieci giorni fa, tuttavia, sono stati registrati «importanti miglioramenti» anche da questo punto di vista.
Quanto alla ripresa dell’attività lavorativa, entrambi i medici hanno spiegato che già durante il ricovero il Pontefice «ha sempre continuato a lavorare e lo continuerà a fare». Ora, però, «non potrà riprendere l’attività lavorativa immediatamente»; la raccomandazione è infatti di «prendersi l’adeguato periodo di riposo» ed evitare di incontrare gruppi e singoli o assolvere a importanti impegni. Lo farà, Francesco, ma «una volta che avrà terminato la convalescenza prescritta e si potranno registrare i miglioramenti clinici attesi».
La speranza è che Jorge Mario Bergoglio sia «un paziente esemplare» come lo è stato nel tempo di ricovero: «Ha saputo ascoltare i suggerimenti di tutti» e, anche se nei momenti di crisi era calato, non ha mai perso del tutto il «buon umore». «È evidente che quando stava molto male era difficile che avesse il buon umore», ha detto Alfieri. «Una mattina, come tutte le mattine in cui andavamo ad auscultare i suoi polmoni, dopo un brutto periodo, abbiamo detto: “Santo Padre, come sta?”. Quando lui ci ha risposto “ancora vivo”, abbiamo capito che stava bene, aveva ripreso anche il buon umore». (salvatore cernuzio)