
di Igor Traboni
Le contrade sono «una bellissima espressione di comunità, un luogo di accoglienza e condivisione, ma anche un luogo in cui si rivelano i nostri limiti e i nostri egoismi. Ma la comunità può diventare un luogo di vita e di crescita, perché solo al suo interno possiamo imparare ad accettare le nostre ferite e il nostro percorso personale. Le contrade sono la testimonianza di una città fatta di 17 comunità, custodi di antiche tradizioni cristiane. Pensiamo all’esperienza del Covid: abbiamo vissuto insieme momenti difficili, ma la solidarietà e l’unità non sono mai venute meno».
Così il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino, si è espresso in uno dei passaggi centrali dell’omelia che ha tenuto nella messa per il Giubileo delle contrade di Siena, nel tardo pomeriggio di venerdì 21 marzo, rimarcando per l’appunto l’afflato anche religioso di quello che è un po’ il “marchio di fabbrica” della città toscana e che subito viene identificato con il caratteristico Palio, la corsa dei cavalli che si tiene due volte l’anno e che vede per l’appunto sfidarsi le 17 contrade di Siena. Ma questi sodalizi, le cui prime testimonianze risalgono al xiii secolo, svolgono anche attività solidali, sociali, caritative. Inoltre, ogni contrada elegge, con il nominativo poi ratificato dall’autorità religiosa, un “correttore”, ovvero un sacerdote che ha il compito di custodire la chiesa contradaiola, di officiare le cerimonie religiose (molto sentita è anche la festa di santa Lucia, a dicembre), di benedire cavallo e fantini prima del Palio. E i 17 “correttori” hanno per l’appunto concelebrato con il cardinale Lojudice la messa per questo Giubileo senese, che ha visto il corteo di contradaioli e fedeli partire proprio da piazza del Campo, la location del Palio, per dirigersi verso la cattedrale. Molto significativo anche il prologo del Giubileo, con diverse celebrazioni tenute nelle chiese delle singole contrade, in particolare per accostarsi al sacramento della riconciliazione, richiesto non soltanto ai fini spirituali della messa giubilare, ma anche come “segno concreto di pacificazione e di messaggio di speranza a partire dalle contrade”, secondo le indicazioni fornite proprio dalla diocesi.
Tornando all’omelia, il cardinale Lojudice ha tenuto a sottolineare il fatto che «il Giubileo non è un calendario di eventi ma il percorso interiore dell’anima. Non è una sequenza di appuntamenti, ma un percorso di riscoperta di sé stessi, delle motivazioni della propria vita, del senso e dell’orientamento del proprio cammino. Pensare all’Anno Santo come a un calendario di eventi significherebbe snaturare il suo significato profondo e storico. La Chiesa non ha il compito di organizzare eventi o stilare programmi, ma di offrire uno spazio per l’interiorità e la fede».
L’arcidiocesi di Siena, come ricordato dal suo pastore, ha uno sguardo proiettato ovviamente anche sul Giubileo della Chiesa universale e, con particolare riferimento a quello che in estate vedrà convergere a Roma ragazzi da tutto il mondo, ha dato «la disponibilità per l’accoglienza dei giovani che desiderano trascorrere nel nostro territorio gli ultimi giorni di luglio. Abbiamo presentato un’iniziativa per il volontariato dell’accoglienza, perché ospitare anche solo alcune migliaia di giovani non è affatto semplice. Chi ha partecipato a precedenti Giornate mondiali della gioventù sa che l’accoglienza spesso significa dormire a terra con un sacco a pelo, avere un bagno e una doccia a disposizione. Organizzare l’accoglienza non è un’impresa facile, richiede molte mani e tante teste pronte a collaborare», preannunciando che il 14 aprile verrà presentato il progetto giubilare dal titolo “Siena e le Terre dell’Anima”, con l’obiettivo di creare, ha anticipato Lojudice, «un percorso unitario che colleghi alcune delle principali chiese e sedi museali, offrendo ai pellegrini un itinerario di fede forte e significativo». E anche in questa occasione, come è facile prevedere, il ruolo delle contrade sarà quanto mai prezioso.